Alla sinistra mancano un Giap o un Ho Chi Minh. Sono pochi a ritenere che sia imminente

un Vietnam, come qualche oppositore minaccia. Però, qualche prezzo a sinistra dovrà presto pagarlo.

di Marco Bertoncini  Italia Oggi 6.5.2015

La guerra continua. Sconfitte a Montecitorio, le minoranze del Pd continuano la lotta contro Matteo Renzi. Le occasioni da sfruttare sono le più varie, perché il vero scopo non è correggere progetti di legge contestati, bensì sottoporre R. a un incessante logorio che lo costringa a dimettersi da segretario. Va bene la riforma della scuola. Va benissimo la riforma costituzionale. Vanno splendidamente soprattutto le proposte discusse a palazzo Madama, ove i numeri possono consentire audaci strappi alla ventina e più di senatori del Pd antirenziani.

Ovviamente a palazzo Chigi ci si rende perfettamente conto delle minacce in atto e si temono possibili incursioni, che potrebbero contare sia su svogliatezze nella maggioranza (assenze eccessive), sia su aiutini da qualche insoddisfatto senatore nei gruppi alleati, sia sulla corale presenza delle opposizioni. Ci si attende, conseguentemente, disponibilità all'ascolto da parte di Renzi. Si tratti della scuola, del senato elettivo, delle pensioni, delle unioni civili, i temi sui quali potrebbero arrivare concessioni dal presidente del consiglio non mancano. Occorre a R. disarmare gli avversari interni, i quali non avrebbero mai pensato di trovarsi di fronte a un presidente così coriaceo e deciso a far passare l'italicum, anche a costo di subire voti contrari, astensioni, abbandoni dell'aula da parte di decine di parlamentari democratici.

Sono pochi a ritenere che sia imminente un Vietnam, come qualche oppositore minaccia. Non si vedono all'orizzonte né Giap né Ho Chi Minh. Le tormentate vicissitudini patite dalle disunite minoranze durante la discussione sull'italicum sotto questo aspetto rendono meno preoccupato R. Però, qualche prezzo a sinistra dovrà presto pagarlo.

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