Lettere al Direttore Il Foglio 8.5.2015

Consigli sul preside. - Io non ho paura del preside. Mi sembra però utile considerare qualche aspetto “preparatorio” al preside dirigente a pieno titolo.  In che senso Renzi ha un problema nel Pd

1-Al direttore - Io non ho paura del preside. Mi sembra però utile considerare qualche aspetto “preparatorio” al preside dirigente a pieno titolo.

1. Occorre un periodo (3 anni?) di valutazione seria dei presidi che liberi la scuola da troppi burocrati gogoliani o sovietici, a seconda dei casi, dai quali io, docente professionista, mi rifiuterei di essere valutato: ma chi nella casta amministrativa del MPI può farlo? Forse una agenzia esterna o un organismo misto di esterni e interni alla scuola (anche con dati raccolti dall’interno della scuola, oltre che con indicatori di ordine generale). Ritengo questo un punto molto delicato e imprescindibile: tu amministrazione mi vuoi valutare, mi sta bene, ma prima devi dimostrare la tua serietà rivoluzionando la funzione dei dirigenti, selezionando quelli che valgono e licenziando quelli che vegetano o peggio intralciano il lavoro dei docenti.

2. Stipendio dei docenti. E’ ora che tanti giornalisti e politici si informino sugli stipendi dei docenti francesi o tedeschi… senza farsi confondere dai nostri sindacalisti. E’ veramente offensivo nella situazione attuale dire ai docenti, fossero pure quelli di nuova nomina: devi meritarti una parte dello stipendio già miserevole che ti diamo. Prima si stabilisca uno stipendio adeguato alla funzione professionale richiesta (includendo, come all’estero, le attività funzionali alla qualifica, che in Italia sono svolte gratuitamente), poi si valuti, si licenzi, si assuma.

3. Forse è ora di finirla con la rappresentazione solo negativa della scuola e della preparazione dei nostri studenti i quali, quando si confrontano con i loro coetanei stranieri, non sono tanto male, anzi (argomento da distinguere dalle possibilità di occupazione in Italia). E’ ora di finirla con i tanti esperti (interni ed esterni alla scuola, compresi quelli che elaborano le leggi sulla scuola) che diffondono (ben pagati) le loro rivoluzionarie soluzioni sulla scuola, ma forse non ci sono mai stati dentro da grandi e da professionisti per cominciare a conoscere che cosa succede veramente nelle scuole.

4. Ultimo, ma in realtà primo punto: in tutto il polverone attuale sarà ora di cominciare a chiedersi quale sia lo scopo della scuola nella realtà attuale, perché altrimenti tutte le attuali o future ipotesi di riforma apparirebbero come tappe (alcune fissate anche con molta intelligenza) di un percorso senza meta (più kafkiano della già troppo kafkiana situazione della scuola italiana). Questo, solo come antipasto sul quasi imponderabile mondo della scuola (ministeri, enti locali, dirigenti, valutazione, didattica, etc…).

Felice Ciccioli, insegnante

Grazie, punto di vista interessante. Purché ci si intenda su un punto, che poi è il suo primo punto. La paura del preside è paradigmatica di una paura generale che chi lavora nelle scuole deve imparare a superare: la paura di farsi giudicare. E senza questa riforma culturale non sarà mai possibile affrontare alcuna riforma della scuola.

2-Al direttore - Giuseppe Civati se ne va. Il suo domicilio politico non sarà più il Partito democratico. “Esco anche dal gruppo per coerenza”, ha detto il dissidente. Dopo l’ok all’Italicum, Civati ha tirato le somme e ha deciso di chiudere i conti con Matteo Renzi e compagni. A dirla tutta, è già da un bel pezzo che c’è ruggine tra i due. Poi intorno a Civati si è creato un gruppetto di dissenzienti. E sarà curioso vedere come andrà a finire. A questo punto il quadro politico è fatto: non c’è partito senza scissioni interne. E’ la democrazia, si dirà. Benissimo! Ma i continui strappi e lacerazioni dei singoli, impediscono proprio alla democrazia di beneficiare della sovranità popolare.

Fabio Sicari

Civati non riuscirà a combinare granché, né in Parlamento né con il suo partito prossimo, ma Renzi sbaglia a non prendere sul serio l’uscita di un politico che appena due anni fa si era candidato alle primarie del suo partito. Dal punto di vista parlamentare, Civati non conta nulla. Dal punto di vista simbolico, qualcosa conta. E non solo perché alle primarie Civati prese 400 mila voti. Ma perché senza far sentire a casa la sinistra del Pd, la big tent renziana avrà grandi numeri alla Camera ma potrebbe cominciare ad avere grossi problemi nel partito. E dire che Renzi oggi controlli bene il Pd è dire una mezza bugia.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata