Regionali 2015, il flusso dei voti: ecco quanti ne hanno persi davvero

Matteo Renzi e Pd Grillo e guadagnato Salvini

Prima ipotesi: una ecatombe. Se consideri solo il simbolo del suo Pd, Matteo Renzi ha lasciato per strada 2 milioni e 180mila voti rispetto a quelli che aveva preso esattamente un anno fa  alle europee nelle sette regioni dove si è votato domenica scorsa: Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Puglia. Dal 40 per cento circa delle europee quel simbolo è precipitato al 24-25% circa. Cioè saremmo tornati ai tempi di Pierluigi Bersani segretario e alla musata sbattuta contro il muro degli elettori con le politiche del 2013, il risultato più basso della loro storia nella seconda Repubblica. Davanti a una lettura così (che ha fatto anche l' istituto Cattaneo), gli esponenti del Pd protestano: il raffronto non vale, ci sono anche le liste civiche dei nostri candidati governatori. Da Michele Emiliano a Vincenzo De Luca, hanno sicuramente drenato voti che erano del Partito democratico. È possibile, e allora seguiamo questa strada.

Renzi non registra una ecatombe, ma un bagno di sangue sì. Tenendo conto dei voti delle liste civiche rispetto ai consensi presi dal Pd in quelle sette regioni alle europee del 2014 manca un milione e mezzo di voti. In tutte e sette le Regioni il partito di Renzi accompagnato dalle liste civiche ha perso consensi rispetto alle europee. Cifre da capogiro in Veneto, la terra della disfatta di Alessandra Moretti, dove in un anno hanno preso il volo 488mila voti. La Moretti con la sua lista civica ha comunque limitato un po' i danni, perché senza quella il Pd avrebbe visto andarsene quasi 600mila preziosissimi elettori del Nord Est. Terribile pure l'emorragia in Toscana, dove mancano all'appello la bellezza di 432mila ex sostenitori del Renzi-Achille Lauro, quello versione 80 euro promessi prima e versati dopo l' appuntamento elettorale.

Terzo posto nella classifica delle disfatte nazarene, la Campania: se ne sono andati via 175mila voti. E anche in questo caso i danni sono stati limitati proprio dall'impresentabile (così lo ha bollato Rosy Bindi) Vincenzo De Luca: senza le sue liste civiche se ne sarebbero andati via in 430mila anche da quelle parti. Quarto posto della sconfitta, ovviamente la Liguria di Raffaella Paita: via 160mila elettori, e in questo caso la sua lista civica è stata talmente debole da cambiare poco o nulla la situazione. Però Renzi ha perso elettori anche nelle Marche (via in 148mila), anche qui tamponato dalla lista civica del presidente (sarebbero stati 175mila), e nell'Umbria (-97mila). Solo in Puglia, regione in cui il premier ha sempre evitato di passare in campagna elettorale per non incontrare quel candidato - Michele Emiliano - così indigesto per lui, il Pd ha limitato un po' i danni. Ha perso voti - 15.915 -, ma non in modo clamoroso. Ed è stato esclusivo merito delle liste civiche con il nome di Emiliano presidente, altrimenti anche lì sarebbe corso il sangue con un Pd che arretrava di 240mila voti. Ecco la radiografia del bagno di sangue.

Da solo ecatombe, e ritorno ai tempi bui di Bersani. In compagnia delle liste civiche bagno di sangue e allineamento poco al di sotto dei risultati non proprio gloriosi raggiunti nel 2008 con Walter Veltroni (che diede le dimissioni da segretario Pd proprio per quello). Insomma in appena dodici mesi tutta la carica di energia del renzismo è evaporata, si è dissolta nel nulla, in parte provocando il rifiuto di votare di quegli elettori che alle europee avevano sperato nel loro Matteo, in parte travasando preferenze su altri schieramenti ritenuti più convincenti. La si veda come si voglia, ma il Pd è tornato all' anno zero, quello di sempre. La sola cosa diversa da quei tempi è la radiografia degli anti-Pd. Come allora insieme sono ancora la maggioranza assoluta del Paese.

Ma nemmeno con i cerotti possono unirsi.

Prima lettura da sfatare: quella di un successo del Movimento 5 stelle alle regionali. È vero che non ha perso tantissimo, e che è andato meglio di altre amministrative confermando un trend nazionale già evidenziato da molti sondaggi. Ma in tutte e sette le Regioni ha perso voti rispetto alle europee del 2014, che erano state la loro grande delusione (ricordate il sorpasso mancato sul Pd?). Complessivamente sono mancati 890 mila elettori che avevano scelto il movimento guidato da Beppe Grillo. Anche loro o sono stati a casa o si sono spostati su altre liste. Batosta in Veneto, dove mancano 284 mila voti, ma anche in Campania (-143 mila), in Puglia (-131 mila) e in Toscana (-115 mila). Brutti i dati delle Marche (-94 mila) e della Liguria (-81 mila), danni almeno limitati in Umbria (-39 mila).

Forza Italia un anno fa era giunta al suo minimo storico. Nelle regionali ha continuato quel lento declino, pur perdendo meno voti del Movimento 5 stelle: 629 mila nelle sette regioni. In Campania è riuscita a addirittura a migliorare di 16 mila voti, ma solo grazie alle liste personali di Stefano Caldoro che poi non ce l' ha fatta ad agguantare il bis da governatore. Danni contenuti in Umbria e in Liguria grazie alla buona performance dei due candidati governatori (Giovanni Toti ha pure vinto), ma cadute da brivido in Veneto, in Puglia (c' era la scissione di Raffaele Fitto) e in Toscana.

L' unico che può brindare e che ha preso più voti - tanti- in tutte le regioni, assorbendo elettori forzisti, renziani e grillini è Matteo Salvini, il solo vincitore delle regionali 2015. Si porta a casa 786 mila voti più di un anno fa, quando già era andato assai bene. In molti casi raddoppia o triplica. In Veneto trionfa grazie a Luca Zaia. Ma anche in Toscana con Claudio Borghi fa un colpaccio, guadagnando 165 mila voti. In Liguria aumenta di 65 mila, nelle Marche di 47 mila, in Umbria di 37 mila, perfino in Puglia di 29 mila.

E mancava in Campania.

di Franco Bechis, Libero 2.6.2015

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