Cosa torna utile del libro di Bisignani sulla vita pubblica da Andreotti a Renzi

“E’ un libro ambientato al futuro”. Eccolo, il nostro domani, la danza dei volti senza rughe di ieri si sovrappone alle maschere del tempo di oggi

di Mario Sechi | 27 Settembre 2015 ore 06:27

La vita è un’alba e un tramonto che non si ripetono. Sorge il sole, vivi. Tramonta, e muori. E’ così per la gran parte degli uomini. Poi ci sono sagome che entrano nel bosco, esseri lunari, si muovono nel buio, avvolti nella notte, destinati all’oblio ben prima del tramonto. Ma quando la fine sembra averli rapiti, catturano di nuovo il sole e trovano nuova luce. E’ quello che è successo a Luigi Bisignani: sommerso dalla vita, salvato dalla scrittura. Un tempo fu “faccendiere” per i nemici e “Bisi” per i conoscenti. Mezza Roma lo conosceva, l’altra mezza voleva conoscerlo. Sussurrava ai potenti. O forse i potenti sussurravano a lui. Il passato è un macigno di ricordi. Oggi penso che “Bisi” si senta semplicemente, inesorabilmente, quello che era nei primi anni rutilanti della sua vita: Luigi Bisignani, nato a Milano nel 1953, italiano, scrittore. E’ tornato sui passi dell’infanzia, all’immaginazione, quelli dei dieci anni trascorsi da bambino in Argentina, terra del fantastico letterario e del tango, “il pensiero triste che si balla”. Quando tutto sembrava perduto, quando il presente s’era illuso di averlo tritato e scartato come un foglio di appunti presi di nascosto, lui è ricomparso dove aveva cominciato: è tornato a scrivere, Luigi. Da un paio d’anni i suoi libri sono l’utile e il dilettevole: un baedeker per orientarsi nel labirinto escheriano della politica italiana. Se volete sapere le ragioni e le follie, le relazioni e le azioni, i sapori e i dissapori del Palazzo, bisogna leggere Bisignani. Ne “L’uomo che sussurra ai potenti” ha raccontato trent’anni di potere in Italia, con “Il Direttore” s’è tolto più di un sassolino dalla scarpa e ora con “I potenti al tempo di Renzi” apre il cancello di una “nuova èra” che in realtà è un sequel della rocambolesca vita pubblica italiana visto dal cannocchiale di Bisignani. Chiare Lettere pubblica e ringrazia, Paolo Madron sfodera la sua sensibilità di librettista d’opera nella parte di compagno di ventura e scrittura. Il risultato è un dialogo ad armi pari in sei capitoli, un’anticipazione e non banali ringraziamenti (“grazie anche a coloro che non ci hanno potuto sussurrare, perché gentilmente diffidati”) che compongono un affresco non del presente, ma di quello che verrà. Perché “il tempo di Renzi” è appena iniziato e l’opera in fieri è là, davanti ai nostri occhi.

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 Chi è Renzi? Uno con molti “se” davanti “che durerà molto a lungo”. Chi è Mattarella? Un flash lo scolpisce netto nella sua mite durezza sicula: “L’unico che si è battuto per la rielezione di Oscar Luigi Scalfaro”. Chi è Papa Francesco? L’uomo venuto dalla fine del mondo che ha aperto “una disputa teologica che sembra intenzionata a rivisitare tutto”. Chi è Salvini? “Uno che si è convinto che lui e il partito siano la stessa cosa”. Il cerchio magico di Renzi? Tavolo da poker: “Boschi-Lotti-Manzione-Bonifazi”. Sono colpi di scalpello che si alternano al cesello, sulfurei ritratti che emergono dai ricordi, bengala che illuminano i bersagli nascosti nella giungla. Bisignani ha la memoria dell’elefante. Non dimentica. Mi sono sempre chiesto se curi l’archivio e le agende come faceva meticolosamente Giulio Andreotti. In fondo la scuola è quella e “andreottiano” è un marchio di fabbrica che non si esibisce, ma si esercita sul campo. Flashback. La sagoma del Divo Giulio compare al teatro Eliseo, è il 21 marzo del 1988, Andreotti è ministro degli Esteri del governo di Giovanni Goria. Al suo fianco ci sono Giuliano Ferrara e Enzo Siciliano. Presentano un libro intitolato “Il sigillo della porpora”, è una spy story italiana, l’editore è Rusconi, l’autore si chiama Luigi Bisignani, giornalista dell’Ansa e scrittore che s’inerpica su un genere letterario dove l’Everest si chiama Ian Fleming e lo sherpa che ti porta in vetta è Bond, James Bond. Enzo Siciliano fa un passaggio involontariamente profetico: “E’ un libro ambientato al futuro”. Eccolo, il nostro domani, la danza dei volti senza rughe di ieri si sovrappone alle maschere del tempo di oggi: un Gianni Letta affusolato e corvino, un Montezemolo più pettinato e stirato, gli splendidi occhi da cerbiatto di Edwige Fenech, Cesare Geronzi con la mascella da Cesare. Luigi fa lo scrittore, Giulio fa Andreotti. Scocca in sala la freccia dell’ironia: “Vorrei fare un piccolo rimprovero, perché sennò sembra che qui siamo una piccola compagnia e che ci siamo messi tutti d’accordo e non è vero… nell’economia di tutti questi vari ingredienti, l’ingrediente del sesso è un po’ eccessivo… a parte non capisco perché le spie trovino sempre delle donne bellissime…”. Gran sollazzo dei presenti.

Ieri Luigi immaginava il futuro del 1997 con il bipartismo; il Pci meno Pci di prima; Giovanni Valdieri, imprenditore, a capo della Dc (vi ricorda qualcosa?). Oggi con “i potenti al tempo di Renzi” risolve i passaggi del cubo di Rubik-Renzi e del renzismo, di “Matteo” e del Renzistan come sistema di potere local e social, consegna il ritratto al rallenty di un leader nascente e la pre-visione della longue durée del “figlio perfetto dell’èra postberlusconiana. Uno che ha capito che la politica è ritmo e comunicazione”, figura intorno al quale s’affolla un babelico teatro di soggetti vecchi e nuovi. Bisignani ha fatto trascorrere vent’anni prima di (ri)diventare l’uomo che è oggi. Vent’anni di luce e buio, poi la scoperta del tradimento della solitudine e un dolore lancinante che schiarisce l’orizzonte. Così è tornato per sempre tra noi, sul luogo del delitto: la scrittura.

Categoria Italia

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