È il keynesismo de' noantri che ha messo ko la capitale d'Italia

Tanto debito pubblico in più caricato sulle spalle dei romani e degli italiani e quasi nessuna ricaduta sul pil e sull'occupazione.

 di Edoardo Narduzzi, Italia Oggi 13.10.2015

I lettori di ItaliaOggi sanno che, da diversi anni, scriviamo di quell'incredibile keynesismo de' noantri che è stato il cosiddetto Modello Roma. Tanto debito pubblico in più caricato sulle spalle dei romani e degli italiani e quasi nessuna ricaduta sul pil e sull'occupazione. Il Modello nacque nei primi anni novanta per mano dell'allora ras dei postcomunisti romani, quel Goffredo Bettini che fu anche il king maker della scelta di Ignazio Marino.

Le giunte Rutelli e Veltroni, quelle della sublimazione del Modello Roma, hanno registrato un record forse imbattibile: 1 milione e 309 mila euro di nuovo debito del comune di Roma «fabbricato» ogni giorno delle loro amministrazioni. Circa 3,5 miliardi di debito pubblico in più nei dodici anni di governo di centro sinistra senza che Roma si arricchisse di nuove linee metropolitane, di infrastrutture produttive o ne guadagnasse in competitività.

Del resto, il Modello Roma era la cosa più comunista sopravvissuta alla fine del Pci. Tutto ruotava intorno al primato della politica nel decidere cosa era meglio fare per la città e nel provare a contenere le forze del mercato. Erano importanti i costruttori di riferimento, le cooperative (quelle di Buzzi arrestato per Mafia Capitale ricevono i primi appalti comunali con la giunta Rutelli), le municipalizzate, i sindacati (per anni sono stati ai vertici di Acea).

Inevitabile che, iniziata la stagione di lady spread, tutto saltasse, perché tanta spesa pubblica improduttiva non era più sostenibile agli occhi dei mercati. Ignazio Marino è arrivato a governare questo mondo e a confrontarsi con questo sistema di potere. Ne ha capito subito i limiti e i pericoli e ha provato ad emanciparsi. Inevitabile, non avendo la statura di un Rudolph Giuliani, che finisse per pagare un prezzo politico elevatissimo.

Ma un merito gli va e gli andrà sempre riconosciuto: ha liberato Roma e la sua amministrazione dalla cappa della peggiore incrostazione comunista italiana e un autentico freno allo sviluppo e al progresso. Dopo Marino le carte nel Pd le darà Renzi che, sicuramente, eviterà ogni compromesso con ciò che resta del Modello Roma. Per il Premier, la partita di Roma è fondamentale. Perderla in favore del M5S potrebbe segnare un punto di non ritorno. Ecco perché Renzi calerà a Roma un pezzo da novanta del suo inner circle. La battaglia sarà durissima e senza esclusione di colpi, ma Marino gli consegna un Pd affrancato dai vizi e dalle debolezze del Modello Roma che ormai resiste solo in Regione Lazio dove il presidente Nicola Zingaretti appare ogni giorno di più come l'ultimo giapponese bettiniano. Marino ne avrà combinate di tutti i colori, ma se nel prossimo futuro i romani pagheranno meno tasse e gli italiani si potranno evitare di ripianare i debiti della capitale, il merito sarà stato soprattutto suo.

Categoria Italia

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