Cari amici moralisti, non si scappa

Com’era brutta l’Italia disumana del comune senso del pudore e della polizia dei costumi, dice Rep. elogiando il Pasolini amante dei ragazzini. Storia di una riabilitazione involontaria di preti di mezzo mondo e libertini di Arcore. Ops

di Giuliano Ferrara | 30 Ottobre 2015 ore 17:16

Filippo Ceccarelli è un vecchio amico. Lavora con tutto il suo rango di narratore e commentatore di costume a Repubblica, giornale che compro da quando principiò ad uscire. Ieri leggendo il suo pezzo su Pasolini mi sono stropicciato gli occhi. Non ci credevo. Non credevo possibile che con tanta disinvoltura si potesse rigirare per Pier Paolo Pasolini la frittata cucinata in salsa velenosa, per anni, su quel giornale, e se ricordo bene anche dallo stesso Ceccarelli, frantumando al posto delle uova i preti e Berlusconi. Direte. Ma sei impazzito? Ma di che cosa parli?

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Esce un libro in cui è ricostruita l’espulsione per indegnità morale dal Pci, nel 1949, del giovane intellettuale e maestro di strada PPP. Il quale, costretto a fare le valigie con la madre e a trasferirsi a Roma nel disonore pubblico, replicò dicendo ai suoi compagni che restava comunista e che non capiva la loro disumanità. Che cosa era successo? Pier Paolo, disordinatamente e compulsivamente omosessuale, si era portato non so dove due allievi di 15 e 16 anni e ci aveva fatto l’amore (o sesso, se preferite). La cosa era uscita fuori, anche per beghe di provincia tra democristiani e Pepponi, e fu “scandolo”, come dicevano i rapporti dei carabinieri.

Ora, a quarant’anni dall’uccisione all’Idroscalo di Ostia del poeta friulano e vate nazionale e scrittore corsaro mirabile, torna lo “scandolo” a parti rovesciate. Com’era piccolo quel Pci! Com’era brutta l’Italia disumana del comune senso del pudore, della polizia dei costumi! Così scrive senza tentennamenti e su Repubblica, il mio amico Ceccarelli.

Mannaggia a li pescetti, come diceva Totò in Uccellaci e uccellini. Ma Ceccarelli e Ezio Mauro, suo direttore, si rendono conto di quello che si scrive su Repubblica e in quale contesto lo si scrive?

 

Hanno dato la baia a Berlusconi per il sospetto che sapesse l’età minorile della signora El Marough, si sono fatti portavoce di Ilda la Rossa nelle sue tirate contro la “furbizia orientale” della pulzella, sono entrati nel lettone di Putin, hanno fatto carne di porco del buon gusto informativo frantumandocele con la lap-dance di Arcore, hanno pubblicato qualunque intercettazione pelosa utile a scatenare l’Italia piccola del comune senso del pudore e della polizia dei costumi, e ancora continuano su questa strada resa difficoltosa dalle assoluzioni ma non definitivamente impercorribile sul piano dell’accanimento giudiziario (ora contro i testimoni a difesa). Hanno messo in croce la chiesa cattolica e il clero di tre continenti, in compagnia della stampa liberal internazionale, addossando ai preti la pedofilia come una mostruosità di uso comune e sistematico, contro tutte le verità statistiche in contrario, salvo dimenticarsi del dossier non appena salita al trono pontificio la strategia dell’incontro misericordioso con il dorato mondo del divorzio e dell’aborto e dell’eugenetica. Hanno sostenuto fior di esperti della mutua nelle crociate fondate su incerte deposizioni di bambini ispirati dai più grandicelli alla caccia demoniaca al pedofilo, sulla base di sospetti fragili e infamanti, finiti nel nulla giudiziario (vedi il caso di Rignano su cui il Foglio e Cerasa fecero inchieste memorabili). Hanno creato un clima culturale e civile impossibile, in cui personaggi come Salinger e Chaplin (Oona O’Neill era una minore quando cominciò ad amoreggiare con l’uno e con l’altro) o pittori come Balthus o scrittori come Nabokov devono essere censurati, deformati e negati con ipocrisia nella loro predilezione artistica per l’adolescenza, la quale è addirittura scomparsa dai radar della sua verità e rappresentazione nel mondo monitorato dai politicamente corretti e dalle loro polizie del costume.

E adesso celebrano la riabilitazione, che per libertini devoti e sposati a donne mature come noi non è un problema, di un giovane intellettuale comunista della provincia italiana che nel 1949 si faceva, per dir così, due pupi in età molto minorile, lui che andava per i trenta. Qui ne avevamo già accennato quando si trattò dello scandalo di don Gelmini, a questo paragone, ma non c’è niente di sofistico o di polemico: ormai, dopo il pezzo di Ceccarelli e la celebrazione del Pasolini che amava i ragazzini, chiediamo la riabilitazione piena dei preti di mezzo mondo e del libertino di Arcore oppure la riconsacrazione dell’espulsione di Pasolini per indegnità morale. Non si scappa, cari moralisti.

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