La svolta della Bolognina. Oggi Leopolda senza svolta? E’ successo tanti anni fa. Occhetto segretario del Pci

• Achille Occhetto diventa segretario del Pci, a seguito di un malore di Alessandro Natta. Lunedì 13 febbraio 1989 .Napolitano: «Se il Pci cambia nome deve essere per fatti politici»

Da Cinquantamilagiorni, Giorgio Alatri, 9.12.2015

• Giorgio Napolitano, responsabile della commissione internazionale del Pci, afferma a Radioanch’io: «Se il partito comunista decidesse di cambiare nome, la scelta più opportuna sarebbe quella di Partito del lavoro o Partito dei lavoratori. Il Pci ha preso ufficialmente in considerazione due volte la possibilità di cambiare nome: la prima nel 1945, la seconda nel 1965, quando cioè si è parlato di possibile unificazione tra Psi e Pci (o, nel ’65, con una parte importante di esso) e allora la cosa sarebbe stata facilmente comprensibile. Io do grandissima importanza alla sostanza del nostro cambiamento: decidere di cambiare il nome del partito potrebbe dare l’impressione che vogliamo dimenticare la nostra storia. Noi non la dimentichiamo e credo che per essere credibili dobbiamo fare i conti, apertamente, con il nostro passato. In ogni caso non mi scandalizzerei di un cambiamento del nome, ma vorrei che fosse legato a dei fatti politici, nel senso di una ricomposizione della sinistra in Italia e in Europa, del superamento pieno delle divisioni e di tutto ciò che di storicamente vecchio e non più sostenibile c’è nella sinistra nel suo complesso». [Rep. 14/2/1989]

Domenica 19 febbraio 1989

Il sondaggio di Epoca

• Solo il 27,7 per cento dell’elettorato comunista è favorevole ad un’ipotesi di cambiamento del nome del Pci. È quanto emerge da un sondaggio di Epoca condotto su scala nazionale. Tra coloro che sono per il sì, il 40 per cento dice di preferire la denominazione Partito dei lavoratori, il 28,1 si schiera per quella di Partito della sinistra unita, l’8,7 per Partito popolare italiano, il 5,7 per Partito socialdemocratico europeo e l’1,3 per Partito laburista. La maggioranza di elettori del Pci si è detta contraria anche ad un eventuale modifica del simbolo. Per quanto riguarda invece l’ipotesi di unificazione con il Psi, il 59,1 per cento ha detto sì. Ma il 73,7 per cento di questi è decisamente contrario a una eventuale leadership di Craxi. Secondo l’elettorato comunista le maggiori resistenze all’unificazione verrebbero dal Pci (44,9) più che dal Psi (33,3). Infine, il 21,7 degli intervistati ritiene che Occhetto abbia cambiato abbastanza il partito, il 6,1 per cento molto, mentre il 40,9 per cento ha risposto poco. Tra coloro che hanno colto le novità del nuovo corso del segretario il Pci è cambiato in meglio per il 74,2 per cento, in peggio per il 10,4 per cento, mentre il 15,4 per cento ha risposto non saprei. [Rep. 19/2/1989]

marzo 1989

XVIII congresso provinciale del Pci senese

• Al XVIII congresso provinciale del Pci senese Fabrizio Vigni non nasconde una diagnosi allarmata: «Ormai da più di un decennio è in atto un calo del numero degli iscritti; l’età media è sempre più alta; particolarmente acuti sono i problemi di rapporto con le giovani generazioni e con nuove figure sociali».

Venerdì 24 marzo 1989

XVIII Congresso del Pci

• Occhetto conclude i lavori del XVIII Congresso del Pci, definendo la prospettiva del nuovo corso del Partito Comunista Italiano. Il segretario del Pci indica nella logica dell’interdipendenza il superamento della cultura e dell’azione politica del periodo della guerra fredda, «alla ricerca di uno sviluppo aperto all’interesse comune di tutta l’umanità. Si pone alla base di tutti i processi riformatori, ad Est come ad Ovest, il riconoscimento del valore universale della  democrazia, confermando che il processo di democratizzazione si può pienamente realizzare solo se sospinto in avanti da forti idealità socialiste, oltre l’individualismo capitalista e lo statalismo burocratico». Al riconoscimento del mercato come «misuratore di efficienza e fattore propulsivo del sistema economico» si aggiunge la considerazione che le «finalità sociali, ecologiche di uno sviluppo sostenibile non scaturiscono spontaneamente dagli automatismi di mercato». Occhetto individua la fine del consociativismo e sostiene la necessità della riforma dello Stato e del sistema politico, che miri a «realizzare una nuova saldatura tra domanda sociale e sistema politico»: sfida riformista collegata alla politica dell’alternativa, dell’unità a sinistra e delle forze riformatrici. [storiaxxisecolo.it] [Sull’argomento leggi l’articolo di Jacovello su Repubblica]

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