I vecchi Pd brontolano ma il passato non torna

Anche Silvio Berlusconi non può più attaccare il nemico di sempre, i comunisti, malamente usciti di scena.

 di Domenico Cacopardo  Italia Oggi, 10.12.2015

C'è qualcosa di incontestabile nell'Italia degli ultimi anni: è il vento del cambiamento che è cominciato già nel 2010, con la prima manifestazione voluta da Matteo Renzi Prossima fermata Italia. L'idea che la sinistra dovesse rinnovarsi, nelle idee e nella pratica politica, circolava già: era anzi una specie di rituale invocato in ogni circostanza pubblica. Tutti reclamavano il rinnovamento della politica e, soprattutto, dello strumento della sinistra democratica, che in Italia, unico Paese al mondo, non si volle chiamare socialdemocrazia per l'ostilità ideologica di ex democristiani ed ex comunisti: il richiamo alla parola socialismo, il cui campione era stato Bettino Craxi, provocava l'orticaria ai puri e duri. Ma nessuno lo faceva, nei termini sostanziali necessari.

C'è voluto Renzi, per avere il profondo mutamento antropologico del partito della sinistra italiana. Anche Silvio Berlusconi non può più attaccare il nemico di sempre, i comunisti, malamente usciti di scena. C'è dell'altro sotto il sole di Roma. E c'è dell'oltre, giacché il riformismo di cui disponiamo è reale e ha trovato sostanza in vari settori, con una geometria variabile che non si poteva evitare, per le differenziate capacità ed esperienze di una compagine ministeriale composta, in gran parte, di dilettanti allo sbaraglio e di apprendisti stregoni. A parte Renzi, un solo ministro ha dimostrato leadership: Maria Elena Boschi.

Il risultato ottenuto è straordinario: sono stati impiantati nel terreno i due pilastri del jobs act e della riforma costituzione, quest'ultima in attesa dell'approvazione definitiva della Camera e di un referendum che presenta, come tutti i referendum, molte incognite. Il modello che sta prendendo corpo è molto diverso dal partito da cui proviene e di cui dovrebbe essere l'erede. Quasi nulla accomuna il Pd di Renzi a quello di Bersani: ora poco più di una serie di comitati elettorali coordinati tra di loro; prima l'agonizzante corpaccione di un partito di massa, di tessere, di disciplina, di attività economiche (le Coop) e sociali (il sindacato).

Si capisce perché i vecchi protestino: non c'è alcuna possibilità che il passato ritorni. Se tornasse, nulla sarebbe più come prima.

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