La Boschi che è in noi

“Ovvio, dai, nasconde qualcosa”. Simboli e ragioni di una sfiducia preventiva

di Antonio Pascale | 20 Dicembre 2015

La specie umana, si sa, è parecchio influenzabile, così a volte crediamo di scegliere dopo accurato giudizio,  passando al vaglio della nostra ragione i pro e i contro di una determinata opzione, e invece, poi, se smontiamo il sistema, ci accorgiamo che i nostri umori contano – e come se contano – nel giudizio finale, anche le “sensazioni a pelle” sono fondamentali (ci sono studi su come il solo odore del pane fresco ci renda tolleranti e allarghi, per così dire, i nostri filtri). Insomma questa premessa è necessaria perché vorrei riferire alcune sensazioni che nel tempo e in determinati luoghi mi è capitato di ascoltare sul ministro Boschi. Naturalmente i fatti e le singole accuse vanno giudicate – si spera – senza badare alle “sensazioni a pelle”, e tuttavia, proprio per questo, vale la pena capire, innanzitutto, se sulla ministra gravi un pregiudizio negativo: serve da contraltare. Il mio campione forse non è numericamente rappresentativo, tuttavia rispetta una delle prime regole della statistica, almeno è variopinto. E infatti un po’ durante le cene, un po’ nei luoghi di lavoro, un po’ tra gli intellettuali, ho ascoltato e raccolto quelle che appunto vengono chiamate “sensazioni a pelle”. La bellezza, ma non solo.

ARTICOLI CORRELATI  Boschi supera la prova della sfiducia, a Renzi resta sempre un problema di fiducia (e non solo sulle banche)  Dàgli alla “preferita”  Il caso Boschi visto con Instagram

Quando Boschi firmò per il nuovo governo fu oggetto di un fotomontaggio, si costruì una foto: lei firma e il perizoma spunta dai pantaloni – e su YouTube ci sono parecchi spezzoni di video, intitolati: la ministra Boschi accavalla le gambe. E via: commenti acidi. Poi, altro elemento: è moderna. Fino a poco tempo fa andava in discoteca. E’ sentimentalmente libera. Tuttavia queste piacevoli qualità sommate si traducono in una sorta di sfiducia preventiva. C’è qualcosa in lei che non torna, sì è un po’ strana, qualcosa nella postura, nel modo di gesticolare, quei boccoli, ecco, il giudizio che più spesso ho ascoltato la definisce, fatti i conti, come, possiamo dirlo?, una “svampita”. Il termine si sa ha duplice accezione, ci si può innamorare di ragazze svampite – esistono strategie per fingersi svampite e attirare gli uomini – però alle svampite non perdoniamo molte cose, soprattutto non perdoniamo loro di occupare un posto di potere: sei svampita come fai a controllare e gestire? Donne così diventano di solito un bersaglio, per esempio, di uomini anziani che hanno fatto il liceo classico e sono dotati di quella detestabile prosopopea e retorica (ho ascoltato i classici giudizi, e cioè: certo è bella, dunque non ha acume). Anche persone più giovani manifestano – in modi variamente declinati – la sfiducia che possiamo riassumere così: chi è bella non ha meriti professionali, dunque è messa lì per altri motivi. Poi non si spiegano bene quei motivi, ma trattandosi di sensazioni a pelle, quest’ultime purtroppo vincono su altri importanti parametri comparativi – per esempio, i ministri uomini e magari brutti hanno davvero fatto meglio della Boschi su questioni simili? La Boschi, poi, diventa un bersaglio anche perché è importante per Renzi, è in qualche modo la sua versione al femminile, è una novità, è salita agli onori della cronaca, piace, ha una sua identità, e dunque, ovvio, si cerca anche di indebolire una colonna. E comunque, nei commenti ascoltati c’era sempre una previsione cupa: questa ministra, mi sa, nasconde qualcosa. Non appena la questione banche e conflitto d’interessi si è imposta all’attenzione pubblica, si è sentito nei giudizi un sovrappiù, una specie di: ve l’avevo detto io liberatorio, gridato con megafono.

Chissà, forse c’è qualcosa di strano nella presunta svampitezza della ministra – ma sospetto che questa stranezza sia solo un gap generazionale, tra anziani e frustati e giovani emergenti – ed è anche vero che, nei commenti a seguire, sono venute a mancare quelle riflessioni, o giudizi critici, che argomentassero contro o a favore della manovra del governo sulle banche: quella, infatti, è l’unica cosa importante. Voglio dire, è una manovra ragionevole o no, e se sì o se no, perché? C’è tutto questo, e altro ovviamente. Con una certezza, anche questa a pelle. Che la bellezza di un simbolo – anche su questo ci sono prove empiriche – accende l’apparato emotivo e spegne quello razionale.

Categoria Italia

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata