OCCHIO AL NOME Zaia non si ricandida a governatore e studia da premier: è lui il leghista che piace al Cav

Ora è ufficiale: la libera Regione dello «Zaiastan», il Veneto di Luca Zaia, vedrà il crepuscolo nel 2020, quando el governador mollerà il colpo.

di Francesco Specchia 1.1.2016 Libero

O forse prima. La notizia si legge, in filigrana, in un discorso ufficiale di Zaia all' ospedale di Treviso, durante l' inaugurazione della cittadella sanitaria del futuro: «Volevo realizzare l' opera nel 2010, durante i miei primi anni del mandato, lo farò nei secondi e ultimi cinque anni...».

Ultimi cinque anni. Zaia, dunque, non si candiderà più alla guida della sua Regione. Certo, manca ancora qualche annetto, e la dichiarazione è sussurrata, soffiata nei microfoni, quasi buttata lì per vedere l' effetto che fa. E non fa che confermare uno scenario dipinto da Giuliano Zulin su queste colonne: la lenta ascesa del «Doge» verso la leadership del centrodestra e - constata l' assenza di dominus naturali -, la seguente inerpicata verso Palazzo Chigi. Naturalmente, Zaia continuerà a ribadire, almeno per un anno e mezzo, che «il candidato naturale alla Presidenza del Consiglio è Matteo Salvini», pur sapendo di mentire. Salvini è un incendiario, un descamisado con felpa, dagli slogan chiari, popolari, talora urticanti, molto nordici. Un lepenista dalla notevole forza d' urto utilizzata per far risorgere un partito, la Lega, che vagava come uno zombie nel proprio cimitero elettorale. Salvini azzanna la politica, mette la faccia (anche troppo) su qualsiasi argomento, tocca le viscere dei propri estenuati elettori. E non piace al moderato Berlusconi. Zaia, no. Zaia è un giscardiano naturale. Pronuncia discorsi dirompenti ma lo fa in giacca e cravatta, col sorriso sulle labbra e il tono d' un private banker mentre ti presenta il suo prospetto d' investimenti per un futuro migliore. Come ministro dell' Agricoltura, Zaia ha ben figurato, rastrellando consensi anche in quel sud che dichiaratamente ama («Vorrei passare la vecchiaia a Pantelleria», fu la frase che l' incatenò ai vitigni siculi come Ulisse all' albero maestro). In più, Zaia è un uomo pratico. Una volta constatato che il referendum per l' indipendenza del Veneto era incostituzionale, non ha abbandonato ma, semplicemente, ha aggirato il problema potenziando al massimo il Veneto, ma senza proclami rivoluzionari ed entro i perimetri istituzionali. Zaia, da governatore, è sempre mediaticamente understatement, non va ai talk, raramente appare in tv o sui giornali se non per far passare i messaggi che gl' interessano. E non parla mai male degli avversari, per poi schiacciarli nell' urna; ha ottenuto il 50% delle preferenza, la lista col suo nome il 24% mentre la Lega boccheggiava.

Mantiene buoni rapporti con gli avversari (evocò un' allenza col Pd a favore dei truffati delle banche), e ottimi con la stampa. Batte i pugni ma poi stringe le mani. Anche per questo piace al Berlusca. Gli avversari affermano che l' uomo ottiene successi rimanendo il più fermo possibile. Ma, anche fosse vera, questa sarebbe una strategia infallibile. Dal '93, quando iniziò la carriera da consigliere di Godega di Sant' Urbano nelle campagne trevigiane, Zaia muove i cingolati solo se è sicuro di vincere. Adesso lì fuori è un casino. La sua testa impomatata spunterà tra le macerie, finiti i bombardamenti..

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