Dove porta la fabbrica dei bambini

Vendola, Tobia (auguri), la generazione artificiale e l’uomo che diventa Dio. In che senso l’amore disincarnato è una minaccia alla legittimità dell’umano

Nichi Vendola (foto LaPresse)

di Giuliano Ferrara | 01 Marzo 2016 ore 06:15

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Tobia Antonio è un bambino. Fiocco azzurro. Contiamo su una coppia, Nichi e Eddie, per crescerlo, per educarlo e consegnarlo al meglio delle possibilità a una vita adulta libera e responsabile e felice. Bambini senza mamma ce n’è stati tanti. Molte madri sono morte di parto. Figure femminili sostitutive se ne troveranno nella famiglia di Nichi e di Eddie. Produrranno presumibilmente un affetto esplosivo ma equilibrato, una cura nella specificità del femminile, atti e sentimenti, non dovesse bastare la doppia indifferenziata cura paterna (e non basta, in genere). E’ una circostanza nell’ordine dell’essere, del possibile. L’argomento “voglio la mamma” è in questo senso una cretinata. Quanto all’argomento dell’egoismo, per di più “disgustoso”, è un’altra cretinata, ovvio. Chi è senza peccato di egoismo, di possessività, scagli la prima pietra. Il nostro mondo moderno ha ratificato per ogni genere di coppia, quelle eterosessuali incluse, e sono il numero maggiore, la fine della filiazione come attesa delle conseguenze dell’amore produttivo dell’altro, del futuro e della speranza. I bambini attesi tendono a essere eccezioni. I bambini sono desiderati all’interno di un progetto che prevede anche l’amore, certo, e la vocazione al futuro e alla speranza, ma entro le condizioni della loro riproducibilità tecnica, come le opere d’arte analizzate da Walter Benjamin. E’ il mondo seriale della libertà riproduttiva, della scelta dei tempi e delle compatibilità di vita. E’ il mondo in cui la gestazione e la sua interruzione volontaria, l’aborto, tendono a divenire valori equipollenti, espressioni della libertà della persona. L’egoismo è anche energia, è spesso il motore delle cose naturali e spirituali, disgustoso politicismo demagogico è censurarlo con disprezzo all’atto di una nascita e di una duplice rivendicazione di paternità, quella di una coppia omosessuale.

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Sia benedetto Tobia Antonio, che condivide con tutti gli uomini e le donne la dannazione dell’origine, nasce eguale per il bene e per il male, e a salvarsi ci penserà da sé o con l’assistenza di una fede e di una chiesa o con le forze vive e morali della ragione umana o con una combinazione dei due fattori. D’altra parte, come diceva Hannah Arendt, “la nascita di ogni bambino è un nuovo inizio”. Detto questo per non confonderci la testa con le frasi fatte e le semplificazioni volgari, noi che abbiamo plaudito a George W. Bush quando ricevette alla Casa Bianca una masnada di ragazzini nati tecnicamente da embrioni non scartati e adottati, e lo fece in nome di una visione misericordiosa dell’esistenza umana, bisogna aggiungere qualcosa di più problematico e di meno tenero. Che non riguarda il neonato ma la coppia che lo ha voluto, desiderato, fabbricato con l’onanismo e la tecnica bioingegneristica applicata a corpi di donna, in un quadro di commercializzazione della gravidanza. E ci riguarda tutti in quanto elementi dell’umanità comune.

Qui le cose si fanno più opache. Entra in gioco lo statuto della filiazione, che è, come direbbe il filosofo Rémi Brague, “l’elemento proprio dell’umano”. Infatti il papà di Nichi e di Eddie è non tanto metaforicamente Dio, creatore di Adamo e di Eva e del racconto della Genesi biblica. Se preferite la metafora darwiniana il papà dei due è l’evoluzione per selezione naturale, dico naturale. Mentre i due papà e la madre surrogatoria di Tobia Antonio sono parti di un atto creativo della volontà soggettiva, un atto sottomesso a regole e contratti definiti dall’uomo moderno, in questo caso con la speciale e discutibile funzione riproduttiva di una donna che affitta il proprio corpo. Le parti in commercio fanno uso di sé, per evocare la proibizione etica di Immanuel Kant, come strumenti, come mezzi e non come un fine. L’amore disincarnato e sentimentale che non discrimina  e rende tutto possibile sorveglia alla dovuta distanza il procedimento, e in apparenza lo legittima senza riserve, ma ne risulta, Tobia Antonio a parte, una minaccia alla legittimità dell’umano. Il fatto che due maschi o due femmine decidano la filiazione per maternità o paternità surrogate, il che è altro rispetto all’amore e ai suoi codici tradizionali, ed entrino in azione e si procurino i mezzi per essere creatori di sé stessi, e li usino senza tentennamenti, non è cosa da niente, non è scontato, è ormai facile da fare ma tuttora difficile da pensare, da giustificare. La generazione artificiale di esseri umani e la fine della differenza parentale è il più radicale sradicamento immaginabile della trascendenza, della storia e dei codici dell’umano come li abbiamo conosciuti per millenni. Tobia Antonio farà la sua strada, per quanto complicata (esistono vie facili?), ma su quale strada sono incamminati i loro progenitori A e B? Vogliamo pensarci, mentre ci amiamo gli uni sugli altri?

Ctegoria Italia

Commenti

fisio loi • 36 minuti fa

Ogni riga è una provocatoria sfida e la tentazione è di misurarci le proprie forze. Avaro come sono di me stesso - pelandrone - mi fermo su due concetti facili-facili, alla mia portata. Il primo è "la dannazione dell'origine", il secondo è "che ci amiamo gli uni sugli altri".

1) L'elefantino non perde occasione per rimarcare la sua distanza: "Non mi batto per queste cose per fede, lo faccio per ragione" - mie le virgolette -. Ora, cos'è questa storia della "dannazione dell'origine"? Mi ricorda il "peccato originale". Non voglio saltare a conclusioni azzardate, mi limito a registrare. "Si est lillu, ge' infrorit", se son rose fioriranno.

2) "Amarsi gli uni sugli altri" è stupendo. Lo Scritto dice: "Amatevi gli uni gli altri" che, nel rapporto d'amore, ha come risultato aureo il pareggio assoluto. Forse perché la "dannazione dell'origine" non è un fronzolo letterario, si va dal 6-0 al 7-5. C'è sempre chi ama sopra e qualcuno che ama sotto. Honni soit qui mal y pense-

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Fabrizia Lucato • un'ora fa

Può essere vero che ogni figlio nasce dall'egoismo di qualcuno, è senz'altro vero che di bambini senza mamma e senza papà ce ne sono stati e ce ne sono tanti. È pure vero che quando un bambino viene deliberatamente sottratto al suo papà o alla sua mamma, la cosa ci sembra ingiusta. A me, come donna, sembra un affronto insostenibile che si possa pensare di essere usate come contenitori. Fra l'altro, mi risulta che è proibito vendere sangue, midollo osseo, reni e pezzi vari. Come mai, quando si tratta di donne, è possibile comperarne vulva ( prostituzione) e utero ( utero in affitto ), con la scusa che si tratta di attività normalissime e anzi benemerite? La logica conseguenza non è che allora sono sceme le donne che non fanno pagare mariti e amanti per gli stessi " servizi "? A quando il tariffario di stato obbligatorio per le varie "prestazioni"?

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franco brezzi • 2 ore fa

Credo che nulla ci sia di nuovo sotto questo sole, oggi velato dai fumi della "modernità". Tutto potrebbe essere già successo. Ma l'esistenza di codesto esserino, già oggi abbondantemente marchiato, non potrà esser del tutto serena e scevra da deleteri "distinguo" che, giocoforza, gli pioveranno addosso. E temo, che non sarà un marchio da poter esser portato disinvoltamente.

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Eligio Garelli • 4 ore fa

E' vero, figli senza madri ce ne sono stati tanti e ce ne saranno sempre: madri che muoiono, madri che scappano, padri che rapiscono, ecc. Ma in questo caso la differenza è che si priva DELIBERATAMENTE un bambino di una madre, e non per amore, come sostiene Vendola, ma per un furore ideologico, per soddisfare un capriccio. E raccapricciante è anche la perifrasi usata da Vendola: "la donna che lo ha portato in grembo": veramente sarebbe la mamma... così è solo un container...

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