Ma il veneto è una lingua?

Parlo da cittadina veneta appassionata.  Da sempre innamorata del Veneto, della cultura, del dialetto

Alberta Bellussi 12/12/2016 19:37 Dal blog Oggi Treviso  

“Manina bea fata a penea. Dove situ stata ? a magnar pan e late. Gate gate gate

Chi vol el pomo sbasa la rama chi vol la tosa careza la mama.

Se i mari fosse de tocio e le montagne poenta oi  mamma che tociade poenta e bacaeà perché non m’ami più.

Il dialetto veneto mi appartiene e mi appartiene la cultura che è insita in esso. Ho un rapporto quasi viscerale con questo mondo veneto che ho avuto la fortuna di vivere nelle sue pieghe più significative fin da piccola; le tradizioni, i proverbi, i canti, la cucina, i momenti della vita contadina.

Quando devo dire qualcosa di immediato mi viene da dirlo e pensarlo in veneto… è una forma mentis di un’appartenenza culturale.

Parlo da cittadina veneta appassionata.  Da sempre innamorata del Veneto, della cultura, del dialetto. Parlo la lingua veneta fin da piccina mi posso definire bilingue perché nei primi 10 anni della mia vita parlavo correttamente  veneto e italiano.  La lingua della mia Regione è concreta, diretta, simpatica e musicale. Mi piace l’italiano, in tutte le sue espressioni semantiche e a scuola ho studiato lo spagnolo e l’inglese.  Le lingue sono belle. Sono il cuore vivo di un popolo; sono un elemento in divenire; sono espressione di mode, tendenze. Cambiano, mutano, si arricchiscono e noi con loro.

E dal cuore mi nasce questa riflessione sul bilinguismo.

La Serenissima Repubblica era aperta sul mondo; a Venezia c’era un crogiolo di lingue e scambi culturali.

La settimana scorsa il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge Pdl 116 - ‘Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali’ - che definisce il popolo veneto 'minoranza nazionale' e apre la strada alla dichiarazione di appartenenza etnica con il diritto quindi di promuovere e difendere la propria cultura identitaria e linguistica.

La questione della minoranza linguistica veneta è infatti controversa e non mette d’accordo neanche storici e linguisti. Anche se  Il veneto possiede alcune strutture morfo-sintattiche proprie, i linguisti non sono universalmente concordi nel considerarlo come una vera e propria lingua, bensì come un continuum dialettale non normalizzato (una catena di varietà di dialetti geograficamente adiacenti e geneticamente imparentati). E il dialetto per sua definizione è  la varietà di una lingua.

Il veneto è tutelato come lingua dalla sua Regione (anche se essa stessa ne afferma il carattere composito, non essendo ancora stata standardizzata né la grammatica né il lessico)   ma non dallo stato italiano, che non lo annovera tra le 12 lingue minoritarie riconosciute sul territorio nazionale.

L’UNESCO, invece, classifica la lingua veneta come ‘vulnerabile’, e potrebbe essere quindi ritenuta una lingua regionale o minoritaria .

In ogni caso affinché il riconoscimento della minoranza diventi realtà è necessario vedere quale accoglimento la legge avrà a Roma, presso il Governo centrale. Si pone infatti il dubbio di incostituzionalità e la possibilità di una bocciatura da parte della Consulta.

Questa legge ha visto critiche positive e negative nei vari giornali italiani e internazionali; critiche fondate e critiche banali.

Non entro in merito a quelli che sono gli aspetti più pratici di questa legge che, credo, non siano ancora ben definiti ma cerco di vedere le opportunità che questa può portare.

 Viaggiando, leggendo e osservando ho constatato che molti stati o paesi che sono all’avanguardia come il Giappone o la Bavaria, per citarne due, sono paesi fortemente rispettosi della propria storia e delle proprie tradizioni. Da sempre credo che la tradizione e l’innovazione possano non essere antitetici ma viaggiare in sinergia.

Imparare le lingue è uno straordinario allenamento per il cervello, tanto più quando si inizia da piccoli: ne sono esempio vivente molti bambini ebrei, dall’identità culturale  solidissima, che parlano bene cinque lingue diverse fra loro.

Dunque bilinguismo o plurilinguismo sempre; però quella della lingua  veneta deve essere un ‘ulteriore opportunità che viene data non una chiusura, non un tirar su muri. La lingua veneta come patrimonio, scrigno pieno di cultura,

L’identità veneta sarà tanto più forte quanto più avremo nel cuore la certezza di essere nati in una terra bellissima che ci ha dato le ali, anche del bilinguismo che serve, per volare lontano, alti, sicuri e competitivi, oltre i confini. Penso che sarebbe bello se i bambini di oggi potessero ringraziare questa Regione, domani: in veneto, in italiano e in inglese ma soprattutto che, pur vivendo il mondo conoscessero e fossero radicati anche le loro origini.

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