ECONOMIA E FINANZA. Quasi la metà delle imprese con oltre tre addetti è a rischio strutturale

Secondo l'Istat, solo l`11% è solido. Meno di una impresa su cinque prevede una normale prosecuzione dell`attività nella prima metà dell`anno. Per la manifattura fatturato in calo dell'11%

Italiaoggi.it 7.4.2021 lettura4’

La quasi totalità delle imprese italiane è pessimista sulla ripresa nel 2021. Mentre quasi la metà (il 45%) delle aziende con almeno 3 addetti è a rischio strutturale. E' la fotografia scattata dall'Istat nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi che analizza anche gli effetti della crisi sanitaria sulle aziende.

A fine 2020 quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi. Nonostante uno scenario in miglioramento, le prospettive di ripresa per il 2021 sono giudicate limitate: meno di una impresa su cinque prevede una normale prosecuzione dell`attività nella prima metà dell`anno.

Non solo. Il 45% delle imprese con almeno 3 addetti, rappresentative del 20,6% dell`occupazione e del 6,9% del valore aggiunto complessivi), è a "rischio strutturale": esposte a una violenta crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l`operatività. Solo l`11% è solido, ma genera il 46,3% dell`occupazione e il 68,8% del valore aggiunto totali.

Nel 2020 l`indice in valore del fatturato della manifattura ha registrato un calo dell`11,1% rispetto al 2019, con diminuzioni analoghe sul mercato interno (-11,1%) e su quello estero (-11,3%), dovute in buona parte al crollo del secondo trimestre (circa -30% su base tendenziale).

Il fatturato delle imprese manifatturiere ha registrato una diminuzione tendenziale molto accentuata per i beni strumentali (-10,7%) e per quelli intermedi (-9,7%). La flessione è risultata meno marcata per i beni di consumo (-7,6%), nell`ambito dei quali è forte la contrazione per i beni durevoli (-8,9%) e meno accentuata per quelli non durevoli (-7,5%).

Il calo ha riguardato pressoché tutti i settori, ma e stato più deciso nei prodotti della raffinazione (-34,7%), nelle filiere del tessile-abbigliamento-pelli (tra il -15 e il -30%) e nei comparti di metallurgia, prodotti in metallo, stampa, macchinari e autoveicoli, con contrazioni superiori al 10% dovute soprattutto (ad eccezione della metallurgia) al ridursi della domanda estera.

La crisi ha colpito ancora più duramente il fatturato del terziario (-12,1%, la flessione più ampia da quando si misura tale indicatore), in particolare quello dei comparti legati al turismo (agenzie di viaggio -76,3%, trasporto aereo -60,5%, alloggio e ristorazione -42,5%). Dei mutamenti nei comportamenti sociali causati dalla pandemia hanno tuttavia beneficiato i servizi postali/attività di corriere (+4,4%) e quelli dei servizi di informazione (+1,8%).

La crisi globale ha colpito l`export della manifattura: -12,6% per i macchinari, -19,5% per il tessile, abbigliamento e pelli, -11,6% per i mezzi di trasporto. Sono invece aumentate le esportazioni dei comparti legati al contrasto della pandemia o meno coinvolti dai provvedimenti di lockdown, quali farmaceutica (+3,8%) e agroalimentare (+1,0% per alimentari, bevande e tabacco, +0,7% per l`agricoltura).

Nei mesi di lockdown si è determinato un marcato aumento dell`incidenza dei beni relativi ai settori non colpiti dai provvedimenti di chiusura (quali il farmaceutico, l`alimentare, il chimico); tale aumento è stato riassorbito nell`arco di pochi mesi. In modo simmetrico, le quote di prodotti dei comparti di autoveicoli, abbigliamento, pelli, mobili si sono rapidamente riportate ai livelli precedenti.

Con riferimento alle importazioni, sono crollati gli acquisti di petrolio greggio (-45,6%), gas naturale (-35,8%), prodotti della raffinazione (-36,7%) e autoveicoli (-27,5%), e si sono fortemente ridotti quelli di macchinari (-11,2%) e altri mezzi di trasporto (-18,7%). Sono aumentate le sole importazioni di prodotti tessili (+23,1%), connesse alla produzione di dispositivi di protezione individuale e dei prodotti farmaceutici (+2,1%).

Un approfondimento sui settori legati al turismo evidenzia come il 2020 sia stato l`anno peggiore da quando si registrano i flussi turistici (-74% di presenze a livello globale, -59,2% di arrivi totali in Italia), dopo un 2019 particolarmente brillante.

Della riduzione della domanda turistica hanno risentito soprattutto le grandi citta (-74% di presenze nelle strutture ricettive).

Dai risultati delle due rilevazioni su situazione e prospettive delle imprese durante la crisi da Covid19 (effettuate nella primavera e nell`autunno 2020) emerge che i ricavi si sono più che dimezzati o azzerati per l`88% delle agenzie di viaggio/tour operator e per il 47% delle imprese del trasporto marittimo. Il 49% delle imprese dei settori legati al turismo ha segnalato rischi di chiusura nel primo semestre 2021 (71% nelle agenzie di viaggio, 67% nel trasporto aereo e 53% nella ristorazione).

Il 27% delle imprese dei settori legati al turismo non è ancora riuscito a pianificare strategie di reazione alla crisi. Poco più di un quinto ha invece reagito diversificando l`attività, fornendo nuovi servizi o creando partnership con altre imprese, nazionali o estere.

In generale la crisi ha colpito soprattutto le imprese di piccola e piccolissima dimensione (risulta a rischio oltre un terzo di quelle con 3-9 addetti) e si è manifestata prevalentemente attraverso un crollo della domanda interna e della liquidità.

A fine 2020 il 32,4% delle imprese con almeno 3 addetti riteneva ancora compromesse le proprie possibilità di sopravvivenza nei primi sei mesi del 2021; il 62% prevedeva ricavi in diminuzione e meno del 20% riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi.

La crisi ha colpito soprattutto le unità di piccola e piccolissima dimensione: a fine 2020 si dichiaravano a rischio oltre il 33% delle microimprese (3-9 addetti), il 26,6% delle piccole (10-49 addetti), il 15,1% delle medie (50-249 addetti) e il 10,7% delle grandi (250+ addetti). Per il 58,1% delle imprese con almeno 3 addetti il principale vincolo alla ripresa nel primo semestre del 2021 è la diminuzione della domanda nazionale; per il 19,2% quella della domanda estera, per il 34,1% il rischio di illiquidità, cui provvedere anche attraverso nuove fonti di finanziamento (in particolare l`accensione di nuovo credito bancario).

La quota di chi segnala seri rischi di chiusura è elevata nelle attività delle agenzie di viaggio (oltre 73%), in quelle artistiche e di intrattenimento (oltre 60%), nell`assistenza sociale non residenziale (circa 60%), nel traporto aereo (59%), nella ristorazione (55%). Nel comparto industriale risaltano le difficoltà della filiera della moda: abbigliamento (oltre 50%), pelli (44%), tessile (35%).

Chi opera sui mercati esteri resiste meglio alla crisi. Forme di internazionalizzazione avanzate (esportazione su scala globale, appartenenza a gruppi multinazionali) si associano a minori rischi di chiusura, problemi di liquidità, di domanda o di approvvigionamento. In tale contesto emerge la tenuta decisamente maggiore delle imprese appartenenti a gruppi multinazionali.

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