Papa Francesco preferisce Fidel Castro anziché Donald Trump

Anche il papa ha la sua voglia matta. Nata nel 1968, si chiama «teologia della liberazione», made in Sudamerica, come lui

 di Gianfranco Morra Italia Oggi 28.1.2017

Anche il papa ha la sua voglia matta. Nata nel 1968, si chiama «teologia della liberazione», made in Sudamerica, come lui. La convinzione di Bergoglio è che questo movimento sociale e politico, tinto di religiosità, abbia contribuito al progresso e al benessere di quei paesi, dove i ricchi sfruttavano i poveri. Ha sempre difeso e accolto i suoi esponenti, a partire dal fondatore, Gustavo Gutiérrez, suo amico e consigliere.

E ricordiamo l'ostensione del crocifisso con falce e martello durante il suo viaggio in Bolivia. Ma era una teologia della liberazione o della rivoluzione?, non era forse comunismo camuffato?, e perché i due papi precedenti l'hanno più volte condannata? Forse, ma per Francesco I ora non è più così, si è liberata dal marxismo. È un fatto evidente, ha detto, che «la teologia della liberazione ha fatto del bene al Sudamerica». Trump gli richiama alla mente Hitler, gli preferisce Fidel Castro.

Bergoglio le ha fatto un maquillage, la chiama «teologia del popolo». Un nome conforme alla sua nuova linea pastorale, un integralismo populista e audiovisivo. Ratzinger, in due documenti ufficiali (Libertatis nuntius, 1984, e Libertatis conscientia, 1986), quando era prefetto della «Congregazione per la difesa della fede», e più tardi, quando divenne papa, ha insistito più volte sulla incompatibilità di cristianesimo e teologia della liberazione.

Lasciato il pontificato, nelle sue memorie (Accanto a Giovanni Paolo II, Ares 2014) ha fatto un bilancio di questo rifiuto della teologia della liberazione, ricordando che fu voluto e apprezzato da papa Wojtyla: «Si pensava che fosse un sostegno ai poveri, ma era solo un errore. La fede cristiana era strumentalizzata come motore della rivoluzione. Una falsificazione alla quale bisognava opporsi, proprio per amore dei poveri».

È sempre successo: un papa minaccia e condanna, un altro assolve e benedice. Ma la nostra epoca ha fatto progressi. Abbiamo in Vaticano due papi, uno emerito e uno imperante, che talvolta dicono l'uno il contrario dell'altro. E questa «doppia verità» su non pochi argomenti suscita lo sconcerto fra clero e fedeli. Ma sappiamo che Francesco, non meno autoritario che misericordioso, è un papa innovatore, anche se non sempre con idee nuove. Tanto che la Chiesa appare piuttosto dilacerata.

Arricchimento o scandalo? pluralismo o contraddizione? Niente di tutto questo, Bergoglio è convinto di essere fedele al Vangelo: «È inevitabile che ci siano gli scandali» (Mt 18,7); «Cristo è segno di contraddizione» (Lc 2, 34). I tradizionalisti parlano di «casino». Ma che brutta parola! Meglio usare il linguaggio del card. Caffarra, che assieme ad altri tre cardinali ha scritto l'altro giorno a Bergoglio: «Non si tratta di differenti e anche contrastanti approcci allo stile di vita cristiano? Solo un cieco può negare che nella chiesa ci sia confusione».

 Categoria Religione

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