La scienza sacra di Papa Benedetto, le nostre battaglie da diversamente credenti

“Benedetto XVI non ha chiuso gli occhi di fronte alla crisi dell'occidente”. Parla Mosebach. Benedetto XVI ci ha riconciliati col fluire della storia

2.1.2023 Ferrara , Meotti- Gurado ilfoglio.it lettura4’

La scienza sacra di Papa Benedetto, le nostre battaglie da diversamente credenti

Joseph Ratzinger disponeva di un rasoio logico, storico, critico, e sapeva usarlo. La sua forza enorme, di porcellana e acciaio, ha potuto mettere in discussione il pensiero unico dominante, il relativismo etico e storico e filosofico della nostra epoca

Laici impertinenti e anche sboccati, di Ratzinger qui ci eravamo innamorati presto. Era il braccio teologico di un Papa grande e terribile, Giovanni Paolo II, liberatore dell’Europa. Era il formidabile superprofessore di una scienza sacra, combinazione cabbalistica di ragione e tradizione, riflessione e fede. Uno strumento molto potente, la fede degli altri profumata di incenso, e senza l’odore delle pecore, al servizio dei grandi quesiti sul modo di vita occidentale e sui suoi “valori universali”, che poi sono i fragili criteri dell’esistenza umana. Credeva in Dio e avanzava l’ipotesi assoluta che Dio non ci fosse, pur di aiutare i famosi uomini di buona volontà a correggere il mondo “come se Dio ci fosse”. Il suo genio intellettuale procedeva per salti, per astrazioni, voleva essere capito e faceva di tutto, dalla tesi di laurea ai tre volumi su Gesù di Nazareth, per esserlo. Passando per la Dominus Iesus, Cristo morto e risorto e il Dio cattolico, altro che, un’istruzione del Sant’Uffizio che ribadiva il credo di Nicea, e dunque, come osservò sarcastico Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, fece scandalo nella Chiesa ipermodernista e andante, più che pellegrina.

Agostiniano, nella sua “Introduzione al cristianesimo” Tommaso d’Aquino non è mai citato, nemmeno per sbaglio, ma il riscatto del Medioevo, legame razionale, aristotelico, e perfino esoterico, tra i vangeli, la patristica del mondo tardo antico e la modernità ne risultava con abbagliante evidenza. Il mondo è, indubitabilmente, noi possiamo conoscerlo, e credere è una via maestra per farlo senza intenderlo come una favola o una interpretazione. Ratzinger disponeva di un rasoio logico, storico, critico, e sapeva usarlo. Sapeva “pensare per contrari”, secondo la formula rinascimentale di Michele Ciliberto. Per questo operò con successo per la riabilitazione di Galileo, per un’intesa definitiva con i fratelli giudei, e perfino per le scuse dell’istituzione ecclesiastica davanti alle dure repliche della storia. La Chiesa cattolica era sempre da riformare, e sempre irriformabile, incambiabile se non nello sviluppo della dottrina e della prassi pastorale, ciò che valeva anche per il Concilio Vaticano II, un passaggio nel cristianesimo e non una rottura della sua continuità. Marcenaro diceva che era una statuina di Norimberga, porcellana dell’Ottocento, e come sempre ci aveva azzeccato. Porcellana e acciaio sono materiali diversi, composti risultano in una forza enorme, che può mettere in discussione il pensiero unico dominante, il relativismo etico e storico e filosofico della nostra epoca.

Quando morì il suo Papa santo, e lui fece un comizio in forma di omelia per significare che la Chiesa ha un senso se contraddice il mondo in cui vive ma di cui non fa parte necessariamente, titolammo a tutta pagina “La formidabile lezione del professor Ratzinger”, il giorno dopo cambiammo la testata perché ce lo sentivamo, e il Foglio divenne Il Soglio, e il titolo fu “La formidabile elezione del professor Ratzinger”. Ci battemmo su Ratisbona, sull’aborto, sulla capacità della Chiesa di contraddire un mondo di clericalismo ideologico insopportabile, manifestammo contro l’inaccogliente comportamento della Sapienza nei suoi confronti, pubblicammo tutto di lui, i grandi discorsi su Europa e culture, ai Bernardini di Parigi e al Bundestag, condividemmo l’abito bianco, compresa la croce d’oro e le scarpette rosse. In otto anni l’elezione svanì con la rinunzia, atto razionale e di fede, la Chiesa è finita nei pasticci ma la lezione sopravvive alla più piccola e alla più grande statuina di Norimberga del Novecento, e passa. Lo ricordo con il cardinal Ruini, nella chiesetta salesiana del Testaccio, a Santa Maria Liberatrice, e quella mano toccata con ammirazione reverenziale tra diversamente credenti resterà sempre per me indimenticabile.

“Benedetto XVI non ha chiuso gli occhi di fronte alla crisi dell'occidente”. Parla Mosebach

GIULIO MEOTTI 02 GEN 2023

Lo scrittore tedesco, vincitore del Premio Büchner, ricorda Papa Ratzinger: "La sua figura ha incarnato l’epoca scomparsa in cui fede, arte e filosofia erano unite. Ha promosso i suoi nemici ovunque”

Martin Mosebach, vincitore del Premio Büchner, è rimasto scioccato a gennaio quando ha sentito della stretta del Vaticano sulla messa in latino. “Avevo pensato che, in uno spirito di cortesia curiale, avrebbero aspettato la morte di Benedetto XVI”, scrisse il più famoso scrittore cattolico tedesco sulla Welt. Ora che Benedetto è morto, Mosebach torna a riflettere con libertà di tono sul pontificato di Ratzinger. “La sua abdicazione è stata uno choc. Benedetto era il migliore che si potesse scegliere per succedere a Giovanni Paolo II”

-BANDIERA BIANCA Benedetto XVI ci ha riconciliati col fluire della storia

ANTONIO GURRADO 02 GEN 2023

Ratzinger non è stato conservatore in quanto retrivo, è stato conservatore perché ci ha fatto avvertire la continua vicinanza del passato

Aggiungo il mio granello di sabbia al cumulo di elogi altrui, dicendo che fra i pregi di Benedetto XVI ravviso l’averci riconciliati col fluire della storia.

In un’epoca che tutto vive e giudica secondo il capriccio dell’istante, ascendendo al soglio Ratzinger si è dato il nome di un Papa di cent’anni prima, nonostante che il popolo chiedesse a gran voce un Giovanni Paolo III; ha ripescato nelle uscite pubbliche il camauro che eravamo abituati a vedere nei quadri settecenteschi; con un motu proprio ha ridato respiro alla messa tridentina, spiegando che l’essere caduta in disuso non la rendeva di per sé illegale; col discorso di Ratisbona ci ha fatto prendere confidenza con Manuele II Paleologo, determinando ancora oggi l’apparizione in dibattiti e corsivi del nome di questo vetusto imperatore bizantino.

Non è stato conservatore in quanto retrivo, è stato conservatore perché ci ha fatto avvertire la continua vicinanza del passato; ha dissolto la miopia delle masse nel placido scorrere dei secoli, ricordandoci che siamo parte di un percorso che arriva da lontanissimo e che lontanissimo finirà, fuori dalla gittata del nostro sguardo. Ci ha tolto il peso della modernità a tutti i costi ampliando l’orizzonte verso l’eternità: non è consolante? Non è già abbastanza per essergli grati?

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