Il card. Bagnasco rimette sulla carreggiata la Cei fatta deragliare da mons. Galantino

Mi immagino che, in Vaticano, l'imbarazzo sia stato grande

 di Pierluigi Magnaschi Italia Oggi 27.8.2015

Le uscite ferragostane di monsignor Nunzio Galantino, segretario nazionale dalla Cei (la commissione dei vescovi italiani), hanno fatto deflagrare una violenta polemica perché non si erano mai sentite, da un pulpito, non solo così alto, ma anche, solitamente, così prudente, delle invettive così feroci, e non certo generalizzabili, contro il sistema politico italiano preso come se fosse un tutt'uno omogeneo. Monsignor Galantino, perdendo le staffe e comportandosi come se fosse un Beppe Grillo qualunque, aveva detto che la politica italiana è «un piccolo harem di cooptati e di furbi».

Ora, sentire un alto esponente della Chiesa, che è un'organizzazione che elegge solo il Papa mentre tutti gli altri suoi dirigenti, dai curati, ai preti, ai vescovi, ai cardinali, tutti sono cooptati, lamentarsi del sistema della cooptazione, accusandone una categoria, quella politica, che, buona o cattiva che sia, esce comunque sempre da libere elezioni (che sono tali anche quando le liste sono bloccate) è, quanto meno, un'imprudenza. Significa infatti indicare la pagliuzza nell'occhio del vicino, fingendo di non vedere la trave che è nel proprio. E che senso ha accusare di harem politico un'intera classe che è composta anche da gente che non ha mai pensato di farsi un suo gineceo? E come mai monsignor Galantino se la prende solo ora con l'abitudine dell'harem, accusando di essa tutti i politici, mentre quando era sulle pagine di tutti i giornali un leader politico preciso, che l'harem se lo era fatto sul serio, non ha mai provveduto a denunciarlo in pubblico con pari veemenza?

Mi immagino che, in Vaticano, l'imbarazzo sia stato grande. Anche perché monsignor Galantino, non essendo avvezzo a calcolare gli effetti delle sue dichiarazioni spericolate, nel cercare di riparare la gaffe iniziale, ne ha create continuamente delle altre, in una sorta di rovinosa matriosca di gaffe, nelle quali è stato purtroppo lasciato solo dai suoi colleghi altolocati. Non so se perché essi ritenessero che monsignor Galantino fosse indifendibile o perché, in fondo, ne seguivano l'avvitamento, con un certo piacere, non comunicabile, evidentemente, ma esistente (il Vaticano, si sa, è uno Stato complicato).

Anche monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo metropolita di Genova e anche presidente della Cei, e quindi diretto superiore di monsignor Galantino, è stato a lungo silente. Probabilmente, nella sua rilevante esperienza diplomatica, aveva capito che l'unica cosa da fare era attendere il placarsi della bufera. E, solo dopo, cercare di rimettere in carreggiata la Cei che era stata portata fuori strada dalla guida troppo disinvolta, per non dire sprovveduta, di monsignor Galantino.

La risposta (indiretta ma completa) del cardinale Bagnasco è arrivata domenica scorsa dalle colonne del Corriere della Sera, con una sua intervista saggia, equilibrata e autorevole. Un documento perfetto, da manuale. Al convincimento di monsignor Galantino che «i politici italiani lucrano vantaggi politici dal tema degli immigrati» il cardinal Bagnasco risponde di aver accusato l'Onu di non avere un ruolo attivo su questo tema perché «è il massimo organismo di incontro politico-economico. E l'ho fatto, non per depistare l'attenzione verso responsabili lontani e indistinti ma perché il fenomeno con cui siamo chiamati a confrontarci è mondiale».

Sul piano dell'attività di aiuto agli immigrati, monsignor Bagnasco, raccontando il vero, precisa: «Vedo un notevole impegno delle prefetture, che cercano di comporre le giuste esigenze di chi accoglie e di chi è accolto». Il presidente della Cei, con tono garbato ma anche fermo (chi deve intendere, intenda) dice che «le polemiche non fanno mai bene a nessuno: esasperano gli animi e deformano la realtà. Mettere in evidenza alcuni aspetti problematici o critici non significa negare la complessità che è propria della vita». Bando, quindi, alle semplificazioni arbitrarie e alla sloganistica gridata che può essere usata solo nel surriscaldamento della piazze.

Richiesto, dal bravo Paolo Conti, di dare un giudizio sul governo Renzi, il cardinal Bagnasco si astiene dicendo: «Non tocca a me esprimere un giudizio puntuale di questo tipo, poiché, più che valori morali e spirituali, esso implica competenze tecniche specifiche». L'intervista del cardinal Bagnasco però non è un'intervista evasiva, sfuggente, costruita sul nulla e fatta di nulla come spesso ci capita di leggerne quando sono fatte con autorità abituate a camminare sulle uova. Ma è un documento esemplare su come un alto uomo della Chiesa, pur fedele ai principi in cui crede e che professa, si rapporta con le esigenze complesse di un paese in crisi, rispettando le esigenze della politica, in un gioco dialettico, ma anche rispettoso, con la società italiana. E ciò per trovare i punti di contatto al fine di rendere, se accettato, un servizio al paese e ai suoi problemi. Chapeau!

Ctegoria Religione

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