Lettere al Direttore Foglio 22.7.2016

Il senso di colpa dell’occidente e il relativismo dietro il jihad. Sono uno studente di 25 anni….

1-Al direttore - Di Maio: devo completare il mio orizzonte politico, ora vorrei capire chi sono questi 5 stelle.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - Kairòs kai agathòs!

Franco Debenedetti

3-Al direttore - Sono uno studente di venticinque anni, cresciuto in un Occidente ottimista e rappacificato, trionfatore sulle terribili ideologie totalitarie del secolo breve. Per anni ho guardato fiducioso al futuro, certo del florido e meritocratico progresso che ci avrebbero garantito tecnologia e globalizzazione. Da qualche anno, tuttavia, ho percepito con sempre maggior forza una verità tanto lontana dalle mie giovani illusioni quanto difficile da realizzare, e insieme a essa, al posto della certezza in un avvenire ribollente di opportunità, si è insinuato in me un distinto timore. Ma la consapevolezza ha tardato a venire, in attesa di un evento, di un segnale, che mi rendesse cosciente di ciò che già sentivo da diverso tempo. Gli avvenimenti degli ultimi giorni mi hanno aperto gli occhi: il timore che mi accompagna è quello di essere destinato a vivere in un futuro nel quale sarò costretto a dimenticare l’occidente che ho conosciuto, studiato e ammirato durante tutta la mia vita. Non mi ritengo preparato per leggere negli ultimi attentati il segno della resa dei conti di uno scontro di civiltà secolare, non ho nemmeno delle basi politiche abbastanza solide per posizionare in maniera corretta la selva di alleanze occulte, disegni politici, strategie militari, che in un vortice stanno trascinando la nostra società in un baratro di sangue e terrore; riesco solo a osservare impotente i miei coetanei, persone cresciute forse con i miei stessi ideali, in società simili alla mia, abbracciare ideali di morte per combattere a fianco di un’organizzazione che desidera annientare proprio quelle società che li hanno accolti, cresciuti e allevati. Come è stato possibile tutto ciò? Come è possibile che ragazzi con condotte di vita che potrebbero essere giudicate dissolute anche presso le nostre culture abbiano deciso di cambiare la loro vita e uccidere dei loro concittadini inermi in metropolitana, in discoteca, su un lungomare? Cosa ha spinto ragazzi abituali consumatori di alcolici e forse stupefacenti, assidui frequentatori di club, adulteri con relazioni omosessuali a imboccare una così diversa strada terribile e distruttiva?

La mia risposta, che cercherò di argomentare nel prosieguo della mia lettera, è semplice, disincantata e provocatoria: è stato l’occidente. Ma non con le campagne in Iraq, Siria o Libia come i materialisti pacifisti e politically correct amano argomentare, ma con il peso dei nostri ideali avvizziti e mostruosamente degenerati. Con la nostra miope tolleranza tramutatasi in indiscriminato giustificazionismo, con la bulimia di diritti che ci ha afflitto in questi ultimi anni, ci siamo affannati a predicare la bellezza delle diversità, l’importanza del multiculturalismo, la legittimità di qualsiasi decisione dell’uomo sulla propria vita, senza accorgerci che schiere di giovani come me non hanno bisogno di sentirsi accettati o legittimati, ma hanno bisogno di ideali, hanno voglia di cambiare le loro vite qualora si sentano a disagio, e non hanno bisogno di qualcuno che ciecamente sussurri loro che tutto sta andando bene anche se vivono in una squallida periferia di una metropoli che non li considera, hanno una famiglia che fa schifo e usano i soldi del loro lavoro privo di prospettive solo per nascondersi dietro qualche serata di divertimento. Queste persone sono cresciute o si sono trasferite in occidente alla ricerca di un decisivo cambiamento della loro esistenza, aspettano che qualcuno gli dia una morale positiva, anelano a un sogno su cui possano investire le loro energie, e sono pronti a correggere qualsiasi aspetto della loro vita se qualcuno che gli promette un futuro migliore lo indicherà come un errore da emendare. Una morale positiva, un sogno, il senso dell’errore. Una dopo l’altra, queste realtà, che sono state così presenti nella nostra millenaria cultura, hanno capitolato, mentre restano tremendamente presenti nell’islam radicale. Partiamo dalla morale positiva: “Maestro, cosa devo fare per avere la vita eterna?”, chiede il giovane ricco a Gesù. E’ questa la domanda alla quale non sappiamo più rispondere: nemmeno la chiesa cattolica, assaltata dagli impulsi dell’illuminismo, è stata in grado di preservare la propria capacità normativa, e dall’effettivo esagerato precettismo che affliggeva parti della chiesa fino a pochi decenni fa siamo giunti all’estremo opposto, con schiere di cattolici che non sanno più cosa sia il precetto del venerdì oppure frequentano saltuariamente la messa domenicale perché non la concepiscono come un obbligo. Confrontare questa triste realtà con gli esodi annuali alla Mecca è non meno doloroso che imbarazzante (eppure, i precetti generali della chiesa cattolica sono solo cinque, proprio come i pilastri dell’islam). E così, in occidente, i soli a cui resta il coraggio di dire al proprio prossimo cosa fare per migliorare la propria vita sono solo alcuni predicatori vegani, animalisti o antivaccinisti. Di sogni, noi occidentali, siamo sempre stati prodighi. Milioni di uomini si sono battuti per la propria fede, per la supremazia della propria nazione, per la libertà della propria razza, per la realizzazione del proprio ideale. Nessuno di questi sogni ha retto per più di qualche secolo, soffocato dal relativismo e dalle lotte intestine che hanno afflitto il nostro continente lungo il corso della sua storia.

Infine, c’è il senso dell’errore. Oggigiorno, dire al proprio interlocutore che sta sbagliando è considerato l’equivalente di un’offesa personale. Il coraggio di denunciare gli errori nel ragionamento o nella condotta di vita altrui è un vago ricordo del passato, quando si poteva ancora usare la parola peccato e si diceva quindi “si condanna il peccato ma non il peccatore”. Eppure, molti non si sentono a posto con la propria vita, molti cercano di capire quale ingranaggio è fuori posto per poterlo sistemare e sperare in un avvenire migliore. La loro pressante domanda resta senza risposta. E così, per colpa nostra, per colpa del progressivo processo di distruzione delle nostre radici culturali e ideali che stiamo scientemente perseguendo, sempre più persone si trovano spaesate, insoddisfatte, senza una risposta alle proprie necessità, salvo l’invito ad accettarsi per come sono e a fare uso della propria libertà senza alcuna restrizione.

Lo stato islamico, invece, sa rispondere a tutti questi interrogativi: sa indicare ai propri adepti cosa stanno sbagliando nella propria vita (la condotta occidentale), sa prescrivere in maniera chiara delle azioni (la legge islamica) per raggiungere un determinato obiettivo (il paradiso e la nascita di un grande stato islamico). La mia analisi sarà stata sicuramente parziale e approssimativa, tuttavia, di fronte alle continue atrocità alle quali assistiamo, ho sentito la necessità morale di avvertire il pericolo che percepisco sempre più distintamente: la mia e le future generazioni, orfane dei grandi princìpi di un occidente che non ha più nulla da offrire loro, sono pericolosamente in balìa del miglior offerente.

Complimentandomi per il lucido lavoro che ogni giorno svolge il suo giornale porgo cordiali saluti.

Cesare Martinella

Precisamente. Ed è il senso di colpa dell’occidente che ha fatto abbassare le nostre difese immunitarie. Grazie.

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