Lettere al Direttore Foglio 14.9.2016

I giornali, la gogna mediatica e una lettera speciale del Corriere. Se ci è concesso un suggerimento, il partito dei governatori, allora, potrebbe chiamarsi TREsconi.

1-Al direttore - Proseguono gli incontri dei governatori del centrodestra: Roberto Maroni, Giovanni Toti e Luca Zaia. Corre persino voce che pensino di costituire un partito del quale avevano ipotizzato persino il nome – PoTREmo – allo scopo di segnalare, con l’inclusione del numero fatato, la leadership dei soggetti fondatori. Poi sono sorti subito dei dubbi per la somiglianza con il Podemos iberico. Se ci è concesso un suggerimento, il partito dei governatori, allora, potrebbe chiamarsi TREsconi.

Giuliano Cazzola

Suggerisco un altro nome: i Tre nel deserto.

2-Al direttore - La notizia è dell’altro ieri: il gip di Napoli ha archiviato l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa a carico di Stefano Graziano, ex presidente del Pd campano. Il 26 aprile scorso gli era stato notificato un decreto di perquisizione in cui si contestavano “favori al clan Zagaria in cambio di appoggi elettorali”. Accadde il finimondo: valanghe di fango giustizialista, grillini in testa. Nessuno che si sia scusato, ovviamente. Ma non è questo il punto. In giurisprudenza si parla di lite temeraria quando si agisce (o si resiste) in giudizio con mala fede e colpa grave, ossia con consapevolezza del proprio torto o con intenti dilatori. Questo comportamento è illecito, e può essere sanzionato con il risarcimento di tutti i danni alla parte lesa. Di fronte a casi manifesti di “indagine temeraria”, non dovrebbe valere lo stesso principio?

Michele Magno

Più che l’aspetto giuridico, che ha un suo interesse, stavolta mi interessa più il lato giornalistico della vicenda. E il problema è sempre lo stesso e la domanda da farsi di fronte a casi come quello di Graziano è sempre quella: come diavolo è accettabile o concepibile che una notizia relativa a un’indagine sia infinitamente più valorizzata di una notizia relativa a una archiviazione o a una assoluzione? E perché nessuno, tranne qualche piccolo giornale, si ribella a questa oscenità nazionale? L’amico Mario Spetia, a proposito del rapporto tra la giustizia e la stampa, qualche settimana fa mi ha inviato un testo interessante. E una disposizione della direzione del Corriere della Sera. Leggiamola. “Accade con una certa frequenza che i Corrispondenti, dopo averci segnalato la notizia di arresti o di denunce di persone, trascurino di mandare la notizia delle loro condanne o della loro assoluzione. Il non dare la notizia della condanna non porta al giornale alcuna conseguenza; ma porta invece conseguenze e responsabilità gravissime per il giornale il non dare la notizia dell’assoluzione in istruttoria o al processo di persone imputate di un reato e quindi esposte, dalla pur legittima pubblicazione del giornale, alla disistima con grave loro danno morale e materiale. Il giornale ha il diritto e il dovere di pubblicare le denunce, gli arresti e i motivi che hanno dato luogo alle denunce e agli arresti, nei medesimi termini in cui figurano nei verbali delle Autorità di P.S. o dell’Autorità Giudiziaria, astenendosi però da ogni e qualsiasi aggiunta o apprezzamento; ma ha il dovere preciso di riparare al danno arrecato alle persone con la legittima pubblicazione fatta quando, in seguito all’istruttoria o al processo,  l’accusa risulti infondata. La preghiamo di uniformarsi a queste direttive; e mandando notizie di assoluzioni faccia sempre una nota di servizio per la Direzione segnalando che il Corriere ha pubblicato a suo tempo la notizia dell’arresto o della denuncia: in questo caso non sfuggirà all’attenzione della redazione la necessità di pubblicare la notizia”. La lettera è firmata “Segreteria di redazione” e risale al 14 marzo del 1934. Sarebbe bello se tutti i grandi giornali, partendo dalla storia di Graziano, inviassero ai propri giornalisti, oggi, una lettera del genere.

3-Al direttore - Da incorniciare il pezzo di Giuseppe De Filippi (Foglio del 10/9) sulle “ragioni” del no grillino ai Giochi olimpici a Roma. Si potrebbe aggiungere – a beneficio degli accigliati e dei benaltristi che stanno sempre lì ad attorcigliarci il cilicio sui maroni con la solita fuffa che sono ben altri i problemi dei cittadini e che meglio si farebbe a non imbarcarsi in progetti di cui beneficerebbero i soliti noti (quando si dice una botta di ottimismo e di fiducia) – intanto che il “giuoco è una cosa seria”, come diceva uno strepitoso Gassman ne “La Cena” di Scola, e poi che farebbero bene a leggere e meditare (e non sembri una contraddizione perché non lo è) la raccolta “La serietà non è una virtù” del grande Chesterton. In particolare il saggio “Sulla serietà”, il cui incipit vale più di mille trattati: “Non amo la serietà. Penso che sia antireligiosa. O, se preferite l’espressione, è un vezzo di tutte le false religioni”. Il buon Dio, che non è materialista né tanto meno micragnoso, ha creato ogni cosa in abbondanza (quante piante, fiori e animali, anche minuscoli, non “servono” assolutamente a nulla?) perché l’uomo ne potesse godere. E allora lasciateci giocare, e goderci la vita.

Luca Del Pozzo

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