Lettere al Direttore Il Foglio 15.9.2016

Da Cesaro a De Luca: impresentabile è chi infanga fino a prova contraria. Presidente del Circolo dei magistrati della Corte dei Conti, richiede una precisazione, a beneficio dei lettori

1-Al direttore - Volete fare gli assessori, mandate curriculum, me fate un po’ pena.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - Non c’è solo il caso di Stefano Graziano, l’ex presidente regionale della Campania indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, mascariato, sputazzato, e infine scagionato, dopo l’archiviazione del reato da parte del gip di Napoli, il tutto ovviamente nel silenzio quasi totale degli organi di informazione. Nelle ultime settimane ci sono stati almeno altri due casi clamorosi di sputazzati e mascariati che si sono presi una loro rivincita nel silenzio assoluto anche qui degli organi di informazione. Il primo è il governatore della Campania, Vincenzo De Luca: due giorni fa la Corte di cassazione ha confermato il verdetto di assoluzione in secondo grado relativo a un’accusa di peculato risalente ai tempi della sindacatura di Napoli. Il secondo, ancora più clamoroso, riguarda il deputato di Forza Italia Luigi Cesaro, nel 2014 accusato di concorso esterno e turbativa d’asta con l’aggravante di aver agevolato la camorra per il quale nel 2014 la Dda di Napoli inviò alla Camera una richiesta di arresto sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare che sembrava scritta più da uno scrittore che da un magistrato. Gliela cito: “Lo spaccato che ne emerge è ancora una volta la fotografia di quel mortale intreccio tra camorra, politica ed imprenditoria che, nel caso in esame, assume una connotazione tanto peculiare che in alcuni passaggi diviene quasi difficile stabilire quale tra i tre poli indicati (tra i quali si gioca la partita) assuma l’iniziativa e tenga effettivamente in mano i fili degli accordi”. Due giorni fa sono state archiviate anche le accuse per Cesaro. Non so lei ma non ho visto molti articoli sulle prime pagine dei giornali. Le pare normale?

Luca Marioni

Se esiste una categoria di impresentabili in Italia, quella categoria è formata da tutti coloro che trasformano un uomo in impresentabile sulla base di un principio barbaro che questo giornale combatterà sempre: l’orrore della presunzione di colpevolezza.

3-Al direttore - Giuseppe De Filippi (il Foglio del 10 settembre) rileva un pregiudizio antimprenditoriale nel no alle Olimpiadi a Roma: peccato che all’orizzonte non si veda alcun Ueberroth capitolino, ma solo i consueti specialisti degli affari privati con i soldi pubblici. Conclude De Filippi: questa società non sa più rischiare. Che dire, allora, delle rinunce di Amburgo e Boston? Personalmente, preferisco il rischio zero allo sperpero certo e le decisioni assennate prese per motivi pelosi ai lanci nel vuoto ispirati dal più arguto storytelling.

Massimiliano Trovato

4-Al direttore - Ho spesso scritto sul Foglio a proposito dei preti sposati della chiesa ortodossa ma, ahimè! mi sembra che né Vittorio Feltri né Maurizio Crippa mi abbiano letto. Il celibato ecclesiastico è una tradizione della chiesa latina, non della chiesa universale; la tradizione di uno dei due polmoni del cristianesimo che sono la chiesa romana e la chiesa ortodossa. Nella chiesa ortodossa e pure dai cattolici di tradizione bizantina coesistono i monaci e i preti sposati. Il monastero è una cosa, e la parrocchia un’altra. La vocazione monastica è une vicenda particolare, speciale assai, escatologica, che non ha niente a che vedere con la vita nel secolo, la vita di un prete tra i fedeli, le belle ragazze, i carini ragazzini, le quotidiane tentazioni della città. Mi credete, caro Feltri, caro Crippa, la moglie del prete ortodosso ha un ruolo molto importante nella vita quotidiana di una parrocchia; è per il marito e i fedeli una presenza feconda, luminosa.

Gabriel Matzneff

5-Al direttore - Con riferimento all’articolo apparso sabato scorso sul Suo giornale, a firma di Stefano Cingolani, mi corre l’obbligo, nella specifica qualità di Presidente del Circolo dei magistrati della Corte dei Conti, di richiederle una precisazione, a beneficio dei lettori. Il Circolo è stato sì fondato negli anni Sessanta da magistrati della Corte dei Conti, ma sin dal primo giorno è sempre stato un’associazione fra privati cittadini (da molto tempo aperta ai non magistrati, che sono oggi la maggioranza del corpo sociale). E’ perciò evidentemente inesatto dire, come si fa nell’articolo, che: per 40 anni è stato gestito dalla Corte dei Conti (sempre rimasta invece estranea – anche finanziariamente – alle sue vicende);  sarebbe in affidamento all’associazione dei dipendenti (sempre rimasta come tale estranea, anch’essa, alle vicende del Circolo). Il nome del Circolo è semplicemente un omaggio alla memoria del nucleo dei fondatori, tutti appartenenti a una stessa categoria professionale. Solo questo intende significare, sicché ogni diverso accostamento risulta del tutto improprio e fuorviante.

Certo che vorrà consentire ai Suoi lettori di apprendere la verità, cordialmente La saluto.

Massimiliano Atelli, Presidente del Circolo dei magistrati della Corte dei Conti

Per accedere all'area riservata