Lettere al Direttore. 28.3.2017

Dove passano merci, non passano eserciti. Manifesto giustizialista firmato B. Tinti

28 Marzo 2017 alle 06:10 da il foglio.it

Al direttore - Sul Fatto quotidiano di ieri compariva un articolo che doveva essere una critica dei metodi antidemocratici di Beppe Grillo a firma di Bruno Tinti. A un certo punto l’ex magistrato, editorialista e proprietario del Fatto quotidiano, riflette però sul motivo per cui, nonostante tutto, il M5s sia il primo partito in Italia: “Inutile chiedersi perché stia succedendo questa cosa: i cittadini ne hanno abbastanza dei professionisti della politica, legati ai cosiddetti poteri forti (banche, imprese, multinazionali) e quindi corrotti”. Dall’alto della sua esperienza e del suo equilibrio di magistrato, Tinti afferma con certezza che tutti i politici che hanno a che fare con “banche e multinazionali” sono “quindi” corrotti. Fa meno paura il senso della democrazia di Grillo del senso di giusitizia del magistrato col farfallino.

Marco Martini

Luciano Violante, durante una lectio magistralis sul diritto parlamentare tenuta ieri alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha detto che “il codice penale è diventato la Magna Charta dell’etica pubblica e si tratta di un segno di autoritarismo sul quale penso valga la pena di riflettere”. Violante ha ragione, ma la questione forse è ancora più complessa. Quando il codice morale viene mescolato con il codice penale succede che i giudizi morali vengono poi trasformati in possibili reati. E nel caso specifico, l’intervento di Tinti è significativo perché mostra uno dei tanti e orrendi volti del pensiero giustizialista: la trasformazione di una categoria invisa a un magistrato per ragioni ideologiche in un bacino di potenziali criminali. C’è da avere paura.

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