Lettere Direttore Il Foglio 25.4.2017

La sinistra dilapida il capitale. Il ballottaggio? Ci poteva far sognare. Qui siamo sempre all’Alitalia del no

1-Al direttore - Qui siamo sempre all’Alitalia del no.

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore - A proposito dell’improvvido rifiuto della vaccinazione contro il morbillo e di altre non minori stranezze, vale la pena rammentare una contrapposta vicenda, raccontata anche da Voltaire nelle sue “Lettere filosofiche”. Lady Mary Wortley Montagu aveva vissuto la tremenda esperienza del vaiolo, a cui era sopravvissuta. Moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, ha avuto più tardi il coraggio di inoculare, per immunizzarlo, il vaiolo al giovanissimo figlio. Il che è accaduto molto prima della scoperta di Edward Jenner e seguendo una pratica in uso sotto l’Impero Ottomano. Al rientro in patria, Lady Mary è divenuta la maggiore propagandista di quella che successivamente sarà chiamata vaccinazione antivaiolosa. E, con il sostegno della famiglia reale, ne ha introdotto la tecnica in Gran Bretagna. Ma quegli uomini non erano affetti da “sonnambulismo sociale”. Era quello il secolo dei Lumi!

Lorenzo Infantino

3-Al direttore - “Spetta a noi raccogliere e fare nostra la bandiera degli interessi nazionali che il fascismo ha tradito e trascinato nel fango”. Si racconta che sia questa la risposta di Antonio Gramsci al Tribunale speciale che lo aveva condannato. Anche Emmanuel Macron ha sollevato il vessillo dell’Unione dall’immondezzaio sovran-populista, e ne ha fatto la sua bandiera, smentendo quei governanti vili ed imbelli che spernacchiano le istituzioni di Bruxelles nella speranza di spartirsi un consenso plebeo e beota. Il segnale che viene da Parigi, invece, è chiaro: con l’Europa si può vincere.

Giuliano Cazzola

4-Al direttore - Macron in testa grazie a Mélenchon: questo dice la nuova cartina elettorale di Francia. I due populismi di estrema destra e sinistra si sono affrontati faccia a faccia e la France insoumise ha tolto al Front national una fetta essenziale del voto di protesta. Fino a qualche mese fa la Le Pen nei sondaggi era al 25-26 per cento: con un distacco di circa 5 punti da Macron, gli stessi analisti di quest’ultimo temevano potesse farcela al secondo turno. Ora è tutta un’altra storia: non arrivare nemmeno al 22 per cento, quando suo padre fece il 17 nel 2002, non è poi un gran trionfo. In tutte le zone sensibili e periferiche, le banlieue urbane delle rivolte e le aree deindustrializzate per intenderci, Mélenchon fa il pieno. Vince ad esempio nel dipartimento Seine-Saint-Denis, il famigerato 93, con il 34 per cento. Prende i voti delle minoranze, delle comunità musulmane, dei disoccupati, della protesta no global. Grazie alle periferie, nelle grandi città arriva primo a Marsiglia, Lille, Nîmes, Tolosa, Montpellier, Grenoble, Saint Etienne e Le Havre. E’ secondo dietro Macron a Nantes, Strasburgo, Rennes e Villeurbanne. Dei capoluoghi più grossi la Le Pen conquista solo Tolone. Tradizionalmente debole a Parigi (dove fa il 5 per cento circa), il Fronte nazionale puntava molto a divenire il partito della protesta urbana, laddove ci sono molti voti, ma Mélenchon l’ha impedito. Tradotto: senza Mélenchon oggi vedremmo un altro film, con Marine Le Pen in testa di vari punti, l’unico caso in cui poteva realmente giocarsela. Certo non tutti gli elettori di Fillon voteranno per Macron al secondo turno, così come accadrà per altri candidati. Nel caso dei Républicains, una parte dell’elettorato di provenienza tradizionalista (del tipo Sens Commun) potrebbe essere tentato dalle sirene cattolicizzanti di una Marine che si è recentemente scoperta meno laica. Ma il sistema elettorale francese è impietoso: ora Macron ha tutte le chances di andare all’Eliseo.

Mario Giro, viceministro degli Esteri

Considerazioni giuste. Ma alla fine ciò che conta, in mezzo alle annotazioni politiche, è anche un’annotazione tecnica che coincide con la straordinaria bellezza del ballottaggio. Al primo turno funziona sempre così. Si scende in campo, ciascuno con la sua casacca, e ci si misura a viso aperto. Al secondo turno funziona invece così: il leader che riesce a vincere le elezioni è quello più trasversale, che di conseguenza è anche quello più rappresentativo all’interno del paese e che meglio rappresenta l’interesse nazionale. Scegliere tra un sistema che permette il ballottaggio e uno che non lo rende possibile significa anche scegliere tra un sistema che rende le grandi coalizioni possibili solo tra i partiti e uno che rende le grandi coalizioni possibili solo tra gli elettori.

5-Al direttore - Si dice che Thomas Piketty, visto il clamoroso successo di Benoît Hamon, diventerà il consigliere economico di Michele Emiliano. Si dice anche che Gustavo Zagrebelsky sia preoccupato dal rischio di deriva autoritaria che sta correndo la Francia (la sfida finale per l’Eliseo sarà tra due candidati che hanno preso meno del venticinque per cento dei voti!). Infine, si dice che tutti quelli che... il ballottaggio non funziona quando ci sono tre poli, si stiano domandando perché invece funziona quando ci sono addirittura quattro poli (e mezzo). PS. Molti professori miei amici mi hanno spiegato che i nostri cugini d’oltralpe devono scegliere un organo monocratico (il presidente della Repubblica), e non un organo rappresentativo. Lo sapevo, ma la filosofia politica del sistema elettorale non cambia.

Michele Magno

E’ quello che scrivevamo sabato scorso prima delle elezioni francesi: la sinistra che si preoccupa esclusivamente di non avere nemici a sinistra è una sinistra destinata al suicidio assistito. La sinistra anti capitalista va forte in libreria ma alle urne si è ormai specializzata in un’attività precisa: dilapidare il proprio, di capitale.

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