MANUALE DI CONVERSAZIONE. Gli hater

Rancorosi di natura o virtuosi della cattiveria, se si usa internet non si può non considerarli: con orrore o, perfino, con comprensione. Secondo quanto li si vuol fare arrabbiare

di Andrea Ballarini 11 Agosto 2017 alle 06:00 da www.ilfoglio.it

GLI HATER

• Personaggi emblema di questo momento storico.

• Sono la versione digitale di quei vecchi che urlano alle automobili agitando il bastone.

• Una professione per masochisti, giacché gli unici a soffrire veramente di tutto quel rancore sono gli stessi che lo provano. Spiegarlo a un hater, così da eccitare ulteriormente il suo rancore.

• Sostenere che il problema stia tutto nel linguaggio: se li si fosse chiamati rancorosi non se li sarebbe filati nessuno, mentre la denominazione anglosassone, in un paese come il nostro che parla le lingue con molta timidezza, conferisce subito un’aura prestigiosa. Valutare se citare Wittgenstein. Non è necessario averlo letto.

• Non averne almeno un paio significa essere veramente out.

• Stabilire delle sottili differenze tra rosiconi ed hater: i rosiconi riservano il loro rancore a una persona o a un gruppo di persone alla volta, gli hater sono ecumenici e si rivolgono all’universo. Un hater è sicuramente un rosicone massimalista, ma un rosicone non è detto che sia un hater. Arabescare.

• Si può coltivare una sensibilità da hater scegliendo sempre l’interpretazione peggiore tra tutte quelle possibili dei post altrui. Nel dubbio, lanciarsi comunque in polemiche al coltello.

• Fare arditi paragoni tra la psicologia dell’hater digitale e quella dell’automobilista iperreattivo, spingendosi a paragonare la protezione dell’abitacolo dell’uno a quella del computer dell’altro.

• Un hater nell’anima se contingentemente si trova sprovvisto di un oggetto preciso contro cui scagliare il proprio rancore posta comunque commenti strafottenti motu proprio, perché non sa cosa dire, ma sa benissimo come dirlo.

• Un vero hater reagisce a un tentativo di conciliazione rincarando la dose di odio. Meglio se online.

• Lanciare il quesito se gli hater siano mediamente più uomini o donne e abbandonare la stanza prima dello scatenamento della tempesta.

• Parlare spesso di hater, troll, shitstorm e cyberbullismo per lasciar intendere la vostra profonda conoscenza delle dinamiche della comunicazione digitale.

• Se non si hanno almeno un paio di hater che si accaniscono con regolarità contro i propri post non si è veramente nessuno.

• Lo splendore sociale si raggiunge se si riesce a scatenare l’odio consorziato (o odio aggregato) dei propri follower nei confronti di qualcuno che ha detto qualcosa contro di voi.

• Per essere amati bisognerebbe essere gentili con la gente, e tutti i giorni... ma per essere odiati non bisogna fare un tubo. (Homer Simpson)

• Riferire che il neologismo webete è stato proposto per l’inserimento nel dizionario dell’Accademia della Crusca.

• Se qualcuno tira fuori il diritto di parola in un paese libero, oltre un certo punto si è autorizzati a incazzarsi. Convenirne.

• Tenere presente che qualunque cosa posterete, ci sarà qualcuno che si incazzerà. E se non postate niente si incazzerà perché non avete il coraggio delle vostre opinioni. Valutare se citare il celeberrimo Comma 22.

• Riconoscere che anche per odiare ci vuole una certa classe. Confessare onestamente che la maggior parte delle volte il prossimo riesce solo a starvi sulle balle.

• Anche tra gli haters ci sono differenze di talento. Al livello più basso si classificano quelli che se la pigliano contro gay, immigrati, donne, ebrei; un po’ più su ci sono quelli che se la pigliano contro i potentati occulti dietro a qualunque cosa e i complottisti in genere; al top quelli che odiano a prescindere: il vincitore del Festival di Sanremo come l’ultimo premio Pulitzer. Preferire nettamente la creatività di questi ultimi.

• Odierò, se potrò, altrimenti amerò, controvoglia. (Ovidio)

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