MANUALE DI CONVERSAZIONE. Le allergieTutti ne abbiamo qualcuna.

Qualcuno le ha tutte. Ecco perché bisogna parlarne sempre come se si sapesse quel che si sta dicendo

di Andrea Ballarini,10 Novembre 2017 alle 06:20 www.ilfoglio.it

Le allergie

- Sono sempre di più. Addebitarne la colpa a: multinazionali, pesticidi, mutamento climatico, progressiva ateizzazione della società, stile di vita deplorevole, vaccini, big pharma, approssimarsi del kali yuga. (Continuare ad libitum).

- Sono decisamente di moda. Se oggi non hai neanche una piccola intolleranza sei un paria sociale. Convenirne.

- Se durante una cena qualcuno dichiara le proprie allergie, attendere con ansia che si inneschi la competizione con i presenti a chi ne ha di più. Cercare di indovinare chi sbaraglierà gli avversari dichiarando di essere allergico al cortisone e pertanto, in caso di shock anafilattico, di essere destinato a morte pressoché certa.

- Al ristorante informarsi scrupolosamente degli ingredienti di ogni piatto, giacché in caso si venga a contatto con qualche sostanza proibita la reazione sarebbe devastante: valutare se prefigurare deformazioni corporali, convulsioni e morte per asfissia. Notare che l’allergia non è mai moderata, bensì sempre parossistica.

- Rievocare i tempi pioneristici della propria gioventù quando i prodotti gluten free erano rarissimi e comunicati da persona a persona come segreti carbonari.

- Avere un medico straordinario che vi ha fatto passare le decine di allergie che avevate fin dalla nascita in una sola seduta di tre ore durante la quale vi ha fatto tenere in mano una mandorla e un ciottolo del Volga (gli oggetti da tenere in mano posso cambiare ogni volta che si racconta l’episodio).

- Dichiararsi fortemente perplessi in merito alle tecniche sciamaniche con cui il vostro omeopata vi ha fatto passare tutte le allergie, tuttavia non poterne negare l’efficacia. Se l’uditorio è composto solo da razionalisti cartesiani, parlare di effetto placebo.

- Ricordare con aria nostalgica quando c’era solo il raffreddore da fieno.

- Scagliarsi contro l’abitudine tutta statunitense, che abbiamo importato acriticamente, di farsi più di una doccia al giorno. Ricordare uno zio centenario, detto familiarmente “L’ursu”, cacciato a forza nella vasca dalla moglie ogni vigilia di Natale e disincrostato con una striglia, che non ha mai avuto neanche un raffreddore. Arabescare a soggetto.

- Avere capito che questa società sta incamminandosi verso l’Apocalisse nel momento in cui si è realizzato che le allergie sono diventate un argomento di conversazione in società.

- Fare sottili distinzioni tra allergie e intolleranze spiegando con dovizia di particolari le differenze. Meglio se la discussione si svolge a tavola.

- Sono andato dall’allergolo: mi ha tolto tutto. Dolersene.

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- Essere sempre molto stupiti di cosa sia capace la moderna industria dolciaria che è riuscita a produrre biscotti senza farina, senza burro e senza uova. Dichiararsi fiduciosi sull’imminente realizzazione dei biscotti senza biscotti.

- Assumere un atteggiamento ultravirile e tranchant, liquidando tutte le allergie come mere pippe mentali di una società opulenta e sfaccendata.

- Notare come basti pochissimo per spostare la conversazione dalle allergie al dileggio del veganismo, che non è poi così rispettoso della natura come pretende di essere ecc.

- È tutta colpa dello stress. Un evergreen.

- Tutto si origina durante la vita intrauterina. Meno si spiega l’affermazione, maggiore è l’effetto.

- Avere un allergolo bravissimo e spingere tutti i propri amici ad andarci: costa trecento euro al colpo, ma la visita dura 48 ore durante le quali lui non tocca neanche il paziente ma si limita a tenere in mano un oggetto di sua proprietà, dopodiché sa anche dire quanti peli della barba ha.

- È tutta colpa degli acari. Avere acquistato a caro prezzo un apparecchio che rimuove gli acari dal materasso ed essere rimasti scioccati dalla quantità di immonde schifezze che ha estratto dal vostro letto. Diffondersi in particolari horror, preferibilmente durante una cena.

- No, la pasta nun la posso magnà, so’ ciriaco. (Anonimo romano)

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