M5s e copyright: tutto questo chiasso per copiare le idee di D’Alema?

Una politica del M5s che ricorda l’esproprio proletario, anche se i populisti si sforzano a giorni alterni di nascondere questo comportamento obbrobrioso.

Lettere al direttore Claudio Cerasa 28.3.2019 www.ilfofligo.it

1-Al direttore - Chi conosce la fatica, l’impegno costante e l’abnegazione per ideare e comporre un’opera intellettuale non può che essere d’accordo con tale legge sui diritti d’autore. Infatti chi ha votato contro sono i populisti che furbescamente, in nome proprio più che del popolo, vogliono sfruttare il lavoro degli altri e quindi la ricchezza che tale lavoro produce. Infatti questi salta fossi che fanno? Se ne sbattono dello studio, della conoscenza, della competenza, dell’esperienza. E nel nome della loro democrazia populista vogliono sfruttare quello che viene creato da gente operosa che si sacrifica per raggiungere risultati intellettuali e culturali. Una politica che ricorda l’esproprio proletario, anche se i populisti si sforzano a giorni alterni di nascondere questo comportamento obbrobrioso.

Ennio Leoniddi

E poi, diciamocela tutta: tutto questo casino del Movimento 5 stelle per continuare a copiare, come successo in Basilicata, e con i risultati che abbiamo visto, i programmi elettorali della fondazione di Massimo D’Alema?

Al direttore - E’ senz’altro giusto, come il Foglio del 27 marzo scrive, che un sistema istituzionale forte e una società civile ben consapevole e preparata sono l’antidoto alla politicizzazione delle Authority che è il tentativo dei populismi sotto i diversi cieli, a cominciare dal comportamento di Trump nei confronti della Fed, ma non trascurando le dissennate posizioni di elementi della maggioranza e del governo italiano nei riguardi della Banca d’Italia, ma non solo. Da noi, purtroppo, abbiamo assistito alla reiterazione continua di attacchi a quest’ultimo Istituto, da ultimo sulle nomine al vertice – che ora, però, sembrano sbloccarsi – senza che l’opposizione abbia fatto sentire la propria voce, a eccezione di qualche “rara avis”, e in presenza di un’opinione pubblica, come scrivete, indifferente. Un tempo, ma non moltissimi anni fa, sarebbe stato tutto diverso: basti ricordare il ruolo costante svolto dal Pci, anche con i suoi massimi esponenti, a difesa dell’autonomia e indipendenza dell’Istituzione, solo in parte recepito poi dai Ds. Ma si può ricordare anche la funzione svolta al riguardo dal Partito repubblicano, da correnti della Dc e da settori socialisti. Mancano anche le voci di intellettuali, professionisti, imprenditori che, in altre fasi della vita del paese, pur si erano manifestate con efficacia e tenacia. Eppure, la Banca d’Italia ha lo stesso bagaglio di professionalità, di rigore, di gelosa custodia della propria autonomia, mai separatezza dal paese e dagli organi dello stato. Una nazione che non preserva i propri valori istituzionali, ma li avvolge nel gioco al massacro di becere correnti populiste non può avere un sereno avvenire.

Angelo De Mattia

Al direttore - Il suo fondo di ieri sulla nuova direttiva europea in tema di diritto d’autore coglie perfettamente nel segno, sia quanto alla strumentalità e spesso falsità delle osservazioni critiche, sia soprattutto sulla centralità del tema della responsabilità civile dei provider, non solo con riferimento al copyright, ma in termini più generali e con forti riflessi sulla tenuta delle stesse istituzioni democratiche. In questo contesto, la direttiva costituisce certamente un passo avanti importante, ma credo sia utile ricordare che i principi in essa affermati non sono rivoluzionari ma hanno già trovato ampia applicazione nella giurisprudenza nazionale e comunitaria, che da tempo ha delimitato il safe harbour dei provider in relazione al ruolo da essi svolto e lo ha circoscritto in termini precisi. Segnalo in proposito, che la Cassazione, in linea con la quasi totalità dei precedenti di merito e cancellando l’unico vero precedente in senso contrario della Corte d’Appello di Milano, si è nei giorni scorsi occupata espressamente del tema della responsabilità dell’hosting provider, figura alla quale, a torto o ragione, fanno riferimento a fini difensivi numerose grandi compagnie del web. Ne è scaturito un impeccabile manuale della responsabilità dell’hosting e la Corte ha chiarito in particolare, da un lato, che l’hosting è sempre responsabile per gli illeciti commessi suo tramite da terzi quando non svolge un ruolo “meramente automatico e passivo” di stoccaggio, restando in tali casi assoggettato alle ordinarie regole di responsabilità civile; dall’altro che la responsabilità sussiste comunque tutte le volte in cui il provider abbia conoscenza dell’illecito – o possa averla usando la diligenza professionale – e ciò nonostante non intervenga per la rimozione delle pubblicazioni illecite. E ciò si noti anche per le violazioni future relative alle stesse opere, ossia garantendo il cosiddetto stay down dei caricamenti illeciti, proprio ciò che tra tante polemiche anche la direttiva appena varata ha previsto. Cordiali saluti.

Stefano Previti

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