Tornare come prima? Non esageriamo. L’Europa come l’aria

Si può fare che non torniamo proprio proprio come prima?

Chi ha scritto al direttore 1.4.2020 ilfoglio.it

Al direttore - Si può fare che non torniamo proprio proprio come prima?

Giuseppe De Filippi

Al direttore - Commetterebbe un tragico errore l’Europa se trattasse le conseguenze del coronavirus come un problema di solidarietà fra i paesi membri. Lo commetterebbero i paesi che invocano o pretendono l’aiuto dei paesi forti. Lo commetterebbero questi ultimi illudendosi di sopravvivere da soli. Lo sconvolgimento economico dell’epidemia ha le proporzioni di una guerra. Dalla crisi Cina e Stati Uniti, in grado di prendere decisioni collettive e tempestive, usciranno forti; l’Europa, per la debolezza delle sue istituzioni politiche, potrebbe uscire indebolita e in parte devastata dalla crisi economica. Domani Cina e Stati Uniti chiuderanno ulteriormente i propri mercati e con le loro industrie cercheranno di penetrare nel terzo grande mercato mondiale che è l’Europa. L’industria tedesca non venderà più al mondo come ha potuto fare negli ultimi trent’anni: dipenderà sempre più dal mercato europeo e dovrà difenderlo. Se i paesi più fragili saranno costretti a cedere i loro porti alla Cina o le loro imprese agli Stati Uniti in cambio di esenzioni doganali, che futuro avrà la Germania? Questi sono i crudi termini del problema. Vi sono precedenti storici che devono indicare oggi una strada all’Europa. Quando nel 1971 crollò il sistema monetario internazionale che aveva assicurato 25 anni di progresso economico, l’Europa seppe elaborare una risposta comune, non una risposta tedesca, francese o italiana. Quanto nell’89 cadde il Muro di Berlino, la risposta fu, pur con i limiti che ha avuto, una risposta europea. Soprattutto, quando finì la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti compresero che la loro sicurezza e il loro stesso benessere dipendevano dalla ripresa sia dei paesi vinti sia dei vincitori. Nacque così il Piano Marshall. Oggi l’Europa ha bisogno di un piano Marshall, ma a differenza da allora esso non verrà da fuori. Dovrà essere concepito e realizzato sulla premessa che i paesi europei simul stabunt, simul cadent, sapendo anche che lasciando interamente l’onere della crisi sulle spalle della Bce si rischia di minarne l’indipendenza. Ecco il tema. Sono all’altezza di ciò le istituzioni europee o è necessario individuare un nuovo Marshall o un nuovo Delors? I governanti europei devono avere la consapevolezza che oltre a terribili conseguenze economiche a una risposta inadeguata possono seguire ancor peggiori conseguenze politiche come accadde dopo la Prima guerra mondiale.

Giorgio La Malfa e Massimo Andolfi, Fondazione Ugo La Malfa

La libertà, diceva Piero Calamandrei, è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. Ci stiamo accorgendo ogni giorno, a causa del virus, cosa voglia dire non avere pieno possesso della nostra libertà. Con un appunto. Sarebbe bene oggi ricordare non solo cosa dovrebbe fare l’Europa per essere maggiormente all’altezza delle sfide del presente ma anche cosa vorrebbe dire oggi – per un paese così massicciamente indebitato come l’Italia che nonostante i debiti ulteriori continua a collocare senza difficoltà i propri titoli di stato – non avere l’Europa al nostro fianco nella sfida contro il virus, anche dal punto di vista economico. Viva l’aria dell’Europa, con i suoi pregi, tanti, e i suoi difetti, non così tanti.

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