Lettere al Direttore Il Foglio 20.6.2015

Sospetti maliziosi sulla svolta ecologica del Vaticano. Cdp e metodo Renzi

1-Al direttore - Dalle foto diffuse in rete sembrerebbe che l’enciclica

ecologista sia stampata su carta: possibile?

Enrico Cavallini

E per non parlare delle copie mandate al macero per qualche errore che non ci doveva essere e che invece c’è stato. Ops.

2-Al direttore - Nell’enciclica, il Papa chiede di non usare bicchieri di plastica e constata che “la terra sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”, ragione per cui sarebbe opportuno badare con più attenzione allo smaltimento dei rifiuti. Tutto vero. Io però, che abito a poca distanza dal Vaticano e di cassoni multicolor non ne vedo, suggerirei di iniziare la “svolta ecologica” proprio da lì, visto che lo staterello non fa la raccolta differenziata.

Cesare Prosdocimis

3-Al direttore - Una settimana fa si è concluso a Budapest – quella del muro di Orbán – il congresso del Partito socialista europeo (da adesso, dei socialisti e dei democratici). Qualcuno se ne è accorto? “Per un’Europa più tollerante e più inclusiva”, recita il titolo della risoluzione finale. Per la sua involontaria innocenza, è quasi comico. La verità è che il Pse è ormai soltanto un logo (sia pure con il suo quarto di nobiltà). Produce pure dei buoni documenti, ma che non riescono nemmeno a fare il solletico alla Merkel (che peraltro governa con l’Spd). Si è sentita la sua voce, o si è vista una sua iniziativa, sulla questione dei migranti? Insomma, il Pse somiglia sempre più a un ente inutile. Non dico che va sciolto, ma quanto meno ha bisogno di una bella rinfrescata.

Michele Magno

Il vero problema, il vero tema, è che in Europa l’unico paese nel quale c’è un dibattito forte tra il partito dell’accoglienza totale e il partito dell’accoglienza parziale è l’Italia. Le sinistre, in Europa, da Zapatero a Hollande passando per Valls e prima ancora Blair non hanno mai avuto negli ultimi tempi posizioni così diverse dalle destre. E’ un tema. Ci torneremo.

4-Al direttore - Ha ragione il ministro Padoan,  se non altro in senso tecnico nel sostenere, a differenza di Christine Lagarde, che perché si arrivi al default della Grecia ce ne vuole. E concordo con Lei che la “vitanda” uscita della Grecia dall’euro sarebbe un danno più per quest’ultima che per l’Europa. Ma ciò sulle prime. Poi, anche se si dovesse ben fronteggiare l’effetto-contagio, l’impatto politico per l’Unione e per l’Eurozona sarebbe rilevante. Si dimostrerebbe “per facta concludentia” che l’euro non è irreversibile; sarebbe un’occasione d’oro per movimenti populistici e separatisti, l’uscita spingerebbe per un euro a due velocità o a geometria variabile, causerebbe anche possibile conseguenze geopolitiche (vedi i rapporti della Grecia con la Russia e con la Cina, nonché i rapporti euro-dollaro), a prescindere, poi, dal debito che ovviamente la Grecia non onorerebbe più. Sarebbe la tristissima scoperta della “terra incognita” di cui ha parlato Draghi e che Trichet considera una dimostrazione al mondo intero dell’incapacità dell’Europa di mantenere stabilità e promuovere la crescita. Quel che appare, comunque, grave è la quasi assenza del governo italiano in questa vicenda,  una delega implicita ad Angela Merkel e a François Hollande: si potrebbe sospettare che resti una sorta di convitato di pietra per non essere visto come chi parla  “pro domo sua”. Ma data la netta distinzione delle due situazioni (greca e italiana) è evidente che l’afasia è un inaccettabile deficit politico. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

La Grecia non uscirà. Il dracma dell’Europa è rinviato. Almeno per ora.

5-Al direttore - Leggo che il governo ha comunicato al presidente della Cdp Franco Bassanini, che ora a quanto pare andrà a Palazzo Chigi come consigliere sulla banda larga, la decisione di sostituirlo dai vertici della Cassa depositi e prestiti con il banchiere Claudio Costamagna. Non le sembra che il governo abbia gestito questa partita con un po’ troppa spregiudicatezza e sufficienza?

Marco Polini

Partita gestita in modo spregiudicato, ma più che le questioni di merito (Renzi voleva qualcuno in grado di trasformare la Cdp nel fondo sovrano del governo) qui è interessante approfondire le questioni di metodo. Quando Renzi decide di mandare via qualcuno prima la fa sparare grossa, vede l’effetto che fa e poi media. Da Lupi a Bassanini passando per Marino la storia è sempre la stessa. Ci torneremo.

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