Lettere al Direttore Il Foglio 12.8.2015

Napolitano o Varoufakis. Viva Marchionne, con una domanda

1-Al direttore- Ieri ho inviato a Giorgio Napolitano questo telegramma: “Letto suo intervento su Repubblica stop

Incantato da spendida lezione di diritto et storia costituzionale impartita a Eugenio Scalfari stop Ammirato stile asciutto et elegante sonori ceffoni politici dati a quelli che riforma Senato uguale fine democrazia parlamentare stop La ringrazio per aver smascherato ipocrisia et opportunismo et gattopardismo oppositori presidente Consiglio stop Lei non poteva dirlo apertamente, ma in realtà lo ha detto: sono irresponsabili stop Vogliono infatti solo testa Renzi stop Intendenza, ossia caos politico-istituzionale, seguirà stop Ma, per loro, chi-se-ne-frega stop Peccato, caro Presidente, non abbia ricordato a senatori vietcong Pd e maître à penser Flnr (Fronte liberazione nazionale da Renzi) che fu Pietro Ingrao tra i primi a chiedere passaggio da bicameralismo a monocameralismo (1984) stop Sappia che, dopo suo intervento su quotidiano Ezio Mauro, mia già alta stima per sua persona è salita vette stellari stop Le voglio bene stop”.

Michele Magno

Napolitano. Oppure Varoufakis. Stop.

2-Al direttore - Marchionne non è né un mago né un imbroglione come, ironicamente, indica il titolo dell’analisi di Massimo Mucchetti, anzi, per me investitore della prima ora (marzo 2009), è una persona a cui devo gratitudine (Mucchetti l’ha ben spiegato, nel suo ineccepibile pezzo). Confesso che mi sfugge perché si insista a giudicare Marchionne secondo le categorie, vecchie e stantie, di destra-sinistra, privato-pubblico, finanza-industria, anti-filo Sindacati, e così via. Confesso che io stesso, nella mia veste di analista, condivido la fotografia di Mucchetti circa lo svolgimento-progressione del suo Consolato, ma questo è il passato. Se ragiono da investitore il giudizio su di lui è molto positivo (parlano i risultati!), per il futuro condivido totalmente la strategia che sta perseguendo, perché è l’unica possibile: scorporare Ferrari valorizzandola, vendere al meglio Fca a Gm, trasformare Exor in una holding di partecipazioni cicliche e anticicliche, ove le “Ruote” siano assenti o abbiano un peso marginale. Filosoficamente, e giornalisticamente, mi pare molto più interessare studiare Sergio Marchionne come ceo, non necessariamente di Fca, ma come prototipo del mondo del business del futuro, quello che ho chiamato “ceo-capitalism” (copyright), di cui lui, insieme ai californiani con felpa e ai newyorchesi in gessato, è uno degli esemplari più preclari, almeno in Europa. Non si pensi a una setta o peggio a una “Spectre”, sono individui indipendenti, secondo il comune pensare spesso perbene, a volte si combattono sul mercato addirittura fra di loro (come si usava un tempo), però tutti perseguono un innovativo modo di fare business, basato sul “gigantismo” (per ridurre capitale investito, costi, specie la concorrenza, il modello ideale è Boeing-Airbus) e soprattutto sull’“emancipazione dalle regole”. Su Italia Oggi di “ceo-capitalism” ne parlo spesso. L’intuizione che costoro hanno avuto è di applicare, non al mercato ma a se stessi, le teorie liberiste tipo “disintermediazione”, piuttosto che “desruptive innovation”. Così l’Azionista non è più un singolo imprenditore o una Famiglia, ma una massa informe, intermediata dai supermanager dei Fondi, i Consiglieri vengono scelti da ceo-Fondi e sono embedded per definizione, il CdA diventa un club, le conferenze stampa regolamentate: gli analisti certificati possono fare domande, i giornalisti possono solo ascoltare. A sua volta, il Governo mette la legislazione al servizio del “ceo-capitalism, i corpi/poteri intermedi sono eliminati o normalizzati, la tassazione negoziata, la Magistratura allineata. Di quest’ultima, non risolto ancora del tutto il problema dell’indipendenza: in Usa sono più avanti (too big to fail, too big to jail, “deve prevalere comunque il supremo interesse del paese”, noi quelli più indietro, ma ci adegueremo presto). In conclusione, si tratta di una vera e propria “disrupting innovation del Mercato e dello Stato, secondo il pensiero dominante di costoro, fatto a fin di bene. Il modello si ispira a quel cartello che un tempo trovavi sui tram “prego non disturbare il manovratore”.

Riccardo Ruggeri

Tutto vero, sfumature comprese. Resta il fatto che Marchionne è un fuori classe e che il marchionnismo è una dottrina che andrebbe esportata con la democrazia. Detto questo, quello che per me resta misterioso e non accettabile è che di fronte a una delle più importanti aziende italiane che sceglie legittimamente di spostare all’estero la sua sede fiscale e legale non ci sia nessuno che si faccia una domanda semplice, né in questo né bel precedente governo. E’ giusto? E’ inevitabile? E’ normale che si dia tutto per scontato e che si fischietti allegramente senza mettere a fuoco il problema? La risposta è elementare, Watson: non è normale, e allora tocca tornarci su.

3-Al direttore - La Federazione Associazioni Italia-Israele accoglie con grande gioia la notizia della nomina di Fiamma Nirenstein all’incarico di ambasciatore in Italia. A un eccellente ambasciatore, qual è Naor Gilon, che ha recato un prezioso contribuito al rafforzamento dei rapporti tra i due Paesi, succederà dal 2016 una personalità di autorevolezza internazionale. Fiamma Nirenstein, donna coraggiosa e di carattere, forte della sua esperienza parlamentare, di dirigente della Comunità ebraica, di scrittrice e grande giornalista, saprà adempiere efficacemente al suo nuovo ruolo. Il premier Benjamin Netanyahu ha fatto la scelta giusta: Israele non potrebbe essere meglio rappresentata.

Carlo Benigni, presidente

Federazione Associazioni Italia-Israele

4-Al direttore - Vero che, teoricamente, nei Libri è scritto che un uomo non deve giacere con un altro uomo, però è scritto anche (Ef 5,21-32) che “le mogli devono essere sottomesse ai mariti”: adesso, come la mettiamo? o le cose devono valere entrambe, o non vale nessuna delle due.

Roberto Colombo

Per accedere all'area riservata