MANUALE DI CONVERSAZIONE :LA NOTA SPESE

Come fare bella figura senza necessariamente sapere quel che si dice

Foglio di Andrea Ballarini | 23 Ottobre 2015

La nota spese

È il banco di prova della nostra integerrimità e in questi giorni è al centro della più scottante attualità. Ecco perché bisogna sapere cosa dire ostentando sicurezza

- Chiedere con complicità chi non ne ha mai compilato qualcuna con un po’ di elasticità. Poi, non appena uno dei presenti lo ammette, far partire un pippone su ciò che ciascuno può fare per contribuire a restaurare il perduto senso morale di questo paese.

- Le note spese stanno ai politici di oggi come l’evasione fiscale stava ad Al Capone una volta. Fare attenzione a non esagerare col populismo.

- Chiedere al cameriere di compilare la ricevuta con un coperto anche se si è cenato in due: patetico. (Vedi seguente)

- Interrogarsi su che cosa penserà l’impiegato della contabilità notando che avete mangiato due antipasti, due primi, due secondi, due dolci e due caffè, anche se la ricevuta è per uno.

- Uscire a cena con uno che dopo aver chiesto la fattura vi spiega “Così scarico”, può essere ritenuta giusta causa per andare al bagno e quindi dileguarsi.

- Avere un benzinaio di fiducia che vi mette cento timbri per il rimborso della benzina in una volta sola è molto comodo, ma espone a pericolose ritorsioni da parte dell’impiegato dell’amministrazione frustrato che odia i dirigenti con l’auto aziendale e contesta i timbri tutti uguali. Dolersene.

- Disquisire fumosamente intorno al fatto che un conto è arrotondare un po’ le note spese, un altro è rubare il denaro pubblico. Non chiarire in cosa consista concettualmente la differenza.

- Vantarsi di non avere mai lucrato neppure un euro sulla nota spese. Attenzione a non perdere credibilità.

- Ai taxisti chiedere di lasciare le ricevute in bianco. Stigmatizzare il sadismo con cui alcuni compilano ogni voce: data, importo, tragitto e ora.

- Avere l’unico commercialista più realista del re che fa scaricare solo le spese strettamente inerenti alla professione e non più di quattro o cinque pranzi al ristorante al mese, purché corredati da relativa fattura. Ovviamente tutti gli altri hanno commercialisti che scaricano con la medesima nonchalance il cornetto con la crema e il catamarano offshore. Dolersene.

- Avere accumulato centinaia di ricevute di taxi e ristoranti e non avere mai il tempo di compilare la nota spese per farsele rimborsare, poi quando finalmente il tempo lo si trova, litigare con l’amministrazione che tuona: “Che cazzo è questo taxi del 2014?”

- Ricordare con orrore la prima volta che si è dovuto pagare il meccanico con i propri soldi, dopo essersi messi in proprio e aver reso l’auto aziendale. Dire che c’è gente che non si è mai ripresa. Arabescare a soggetto.

- Per un produttore di vino il massimo riconoscimento professionale è finire sui giornali perché una propria bottiglia è diventata una forma di peculato in una vicenda di malcostume politico. Convenirne.

- Scandalizzarsi quando al ristorante non vi portano la ricevuta fiscale, perché sono i furbetti così che fanno sì che questo paese si trovi nelle condizioni in cui si trova. Di seguito accludere alla nota spese la suddetta ricevuta, relativa alla cena con l’amante.

- Sostenere che una volta il rimborso chilometrico era una forma di bonus di fatto, perché calcolato sul consumo medio dell’auto dell’amministratore delegato (Porsche). L’ideale era utilizzare un’utilitaria e lucrare la differenza. Sfortunatamente la crisi ha spazzato via tutto questo. Rammaricarsene.

- Gareggiare con gli amici a chi riesce a ricordare l’acquisto più bizzarro messo in nota spese da un politico. Tuttora imbattuta la creatività del consigliere campano che si è fatto rimborsare 9,80 Euro per l’acquisto di una Barbie.

- Essere uscita a cena con uno che per tirarsela ha pagato il conto con la carta di credito aziendale, ma si è sbagliato e ha dato al cameriere la Fidaty Card dell’Esselunga. Ammirarlo silenziosamente.

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