Liceo breve, paese grillino

Valeria Fedeli, ovvero come fare di tutto per non essere all’altezza

di Salvatore Merlo 8 Agosto 2017 alle 21:20  da www.ilfoglio.it

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Sigla protocolli con Maria Elena Boschi per eliminare con un tratto di penna droga e alcol dalle scuole, protocolla sigle per portare il cinema tra gli studenti, elabora inafferrabili piani di “educazione alla sostenibilità”, regola qui e regola là, si dà un tono giovanile invitando un comico turpiloquente a dare lezioni contro il bullismo, propone leggi per vietare le pubblicità con i corpi scoperti delle donne, rimprovera i giornalisti che non la chiamano ministra, e a Donnarumma, il diciottenne portiere del Milan, dice di studiare, che deve fare l’esame di maturità – lei che la maturità non l’ha nemmeno data. E insomma Valeria Fedeli, ministro (pardon, ministra) dell’Istruzione dai capelli rosso Cgil, scrive, decreta, regola, pasticcia, gaffeggia, corregge, e paternalisticamente – pardon, maternalisticamente – ora s’impegna in una lotta burocratica contro le fake news su internet, vorrebbe cioè cancellare per legge l’analfabetismo funzionale degli italiani, mentre per decreto studia anche il modo di accorciare di un anno il liceo, come se la gente che crede alle bufale del web si educasse con le leggi e non con la grammatica italiana, la storia e le tabelline. E insomma questa ministra che pasticcia con l’ideologia e la tintura dei capelli, con i titoli di studio e i diritti, ha firmato un decreto che introduce un’avveniristica sperimentazione: l’idea di fare il liceo di cinque anni in soli quattro anni nel paese che, secondo i parametri dell’Ocse, è – tra gli altri non ragguardevoli primati scolastici – al ventiseiesimo posto nella categoria “lettura”, visto che gli italiani, dicono tutti i test Invalsi e Pisa, spesso non capiscono nemmeno il senso di quello che leggono. Il che spiega parecchie cose, anche in politica.

E questa riforma sperimentale, questa idea geniale, non è stata preparata al bar sotto casa come la schedina del SuperEnalotto. Stuoli di esperti ci hanno lavorato per settimane e per mesi, hanno fatto le ore piccole riuniti attorno a lunghi tavoli, hanno discusso e vagliato tutte le possibilità di spremitura e dimagrimento. Certo, gli ottimisti diranno che questo liceo breve, da velocisti più che da maratoneti, dura comunque un anno in più del diploma di assistente sociale che lei, la ministra della Pubblica istruzione, ha spacciato per laurea nel suo curriculum. Dunque è un progresso. D’altra parte, deve aver pensato la signora Fedeli, se io con tre anni di diploma da maestra sono al vertice “della scuola della università e della ricerca”, allora quattro anni per tutti gli altri saranno sufficienti. E non c’è dubbio.

Tuttavia questo cinque compresso nel quattro, questo voler infilare per forza il tondo dentro il quadrato, questo liceo paghi due prendi tre, inevitabilmente, oltre a rimandare alla pubblicità del supermercato (e a un noto film con Carlo Verdone e Renato Pozzetto, “Sette chili in sette giorni”), oltre a farci avvertire il confuso risveglio di un’associazione, cioè il ricordo bizzarro di quel tale che aveva inventato un’ora che dura mezzora, è una di quelle notizie che getta un brivido lungo la nostra malferma spina dorsale di riformisti.

 E insomma nel paese che pullula di antivaccinisti, di persone convinte che i terremoti li provochi la Cia, nel paese che vota al 30 per cento per un comico che urla “vaffanculo!” accompagnandosi a un ragazzotto incravattato che confonde il Cile con il Venezuela e non conosce la differenza tra congiuntivo e condizionale (ma comunque potrebbe diventare presidente del Consiglio), in un paese siffatto accorciare la durata del liceo e promuovere allo stesso tempo leggi e regolamenti contro le fake news, cioè contro l’analfabetismo funzionale, è una contraddizione. Per così dire. Basta una notizia come questa, basta un ministro come la Fedeli, che in Italia uno finisce per preferire che nulla venga mai toccato, mai modificato, mai sfiorato da una qualsiasi riforma. State fermi, se potete.

Commenti

robyv73

09 Agosto 2017 - 07:07

Gli Italiani in Europa sono fra quelli che lavorano più ore ma hanno la produttività, e gli stipendi, più bassa, sono quelli che rimangono in classe più ore è più anni e che hanno il carico di compiti a casa più alto ma nelle classifiche internazionali sono fra i peggiori, anche se poi i nostri laureati all'estero sembra che siano ricercati. Forse è ora di cambiare il modello e passare dal più e peggio al meno e meglio, ne guadagneremmo tutti.

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Rispondicarloalberto

09 Agosto 2017 - 00:12

Scusate, ma che cosa ci si può aspettare da un sistema scolastico dove nei licei classici - quelli che una volta dovevano formare le cosiddette classi dirigenti - oggi si trovano dirigenti scolastici ex insegnanti di educazione fisica i quali impongono ai docenti di non bocciare nessuno perché se no "calano le iscrizioni" (che tanto caleranno in ogni caso, ma nessuno lo vuol capire) e per far vedere al ministero che i promossi sono tanti (in gergo: "successo formativo garantito") e in questo modo ottenere finanziamenti? Licei dove si trovano alunni i quali ignorano la differenza tra avanti Cristo e dopo Cristo, non sanno il significato di "artiglieria", "intrinseco", "fallace", e docenti i quali contrattano con gli alunni quando fissare le interrogazioni? Chi ha dedicato i propri anni giovanili allo studio e adesso si ritrova a lavorare in un contesto simile, che deve fare? Commiserarsi per aver sprecato la gioventù? Votare PD perché "tanto gli insegnanti sono tutti di sinistra"?

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Rispondiguido.valota

08 Agosto 2017 - 22:10

Poco accorta, oltretutto: ci sarà meno tempo per insegnare ai Giovani Pionieri che hanno solo diritti, nessun dovere, nessunissima responsabilità, e che è tutta colpa degli americani o comunque di chi non piace a CGIL Squola.

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Rispondialbertoxmura

08 Agosto 2017 - 22:10

Uno dei problemi della scuola italiana è l'eccesso di contenuti. Date un'occhiata ai libri di scuola e vi renderete conto che i programmi sono irrealistici. I ragazzi, sommersi di materie e di compiti per casa, finiscono con non fare nulla e non imparare nulla. Si è andati aggiungendo nuove materie senza sacrificarne nessuna. Ci vuole il diritto. Giusto. Ci vuole l'educazione stradale. Giusto. Ci vogliono due lingue straniere. Giusto. Ci vuole l'informatica. Giusto. Ma il troppo stroppia. Occorrerebbe fare come nel Regno Unito, dove, negli ultimi anni delle scuole secondarie superiori, gli studenti scelgono poche materie che interessano loro e le studiano come si deve. L'apprendimento è formativo solo se è verticale. A furia d'inseguire il mito enciclopedico della "conoscenza generale" s'è ottenuto il semi-analfabetismo di massa. Ridurre a quattro gli anni i licei non è assurdo, a patto che si modifichino i programmi nel senso indicato.

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