Barolo, lite sui nuovi vigneti: “Ampliamo la produzione”

Il Consorzio di tutela alla Regione: autorizzare altri 10 ettari. Ma i produttori si ribellano: “Così il nostro vino perde valore”

11/12/2017 ROBERTO FIORI www.lastampa.it

ALBA (CUNEO)

Il Barolo ha messo le ali. Il 2017 si chiuderà con una crescita nelle vendite del 7 per cento, prolungando una scia di segni positivi che si ripete ormai da sei anni. Le giacenze - o meglio, le riserve - sono al minimo e il vino sfuso ha raggiunto la soglia degli 8,5 euro al litro, mentre le uve dell’ultima vendemmia sono state vendute a 5 euro al chilo. A livello internazionale, il brand è uscito dalla nicchia degli intenditori e il nebbiolo (di cui il Barolo e composto) è sempre più riconosciuto come uno dei più grandi vitigni al mondo.

Sulla base di questi numeri, il Consorzio di tutela ha chiesto alla Regione Piemonte di aumentare per il 2018 la superficie di vigneto da coltivare a nebbiolo da Barolo, autorizzando 30 ettari di nuovi impianti (o di riconversioni), 10 in più di ciò che è stato concesso nel 2017. «E’ una proposta avanzata dopo un’attenta valutazione dello stato dell’arte - spiega il presidente Orlando Pecchenino -. A fronte di 437 domande di ampliamento che ci sono arrivate, per un totale di 127 ettari, ci è sembrato opportuno alzare un poco la soglia per consentire ai nuovi produttori e alle aziende più piccole di accedere a un mercato in salute, ma senza snaturare la denominazione o creare effetti negativi sulle quotazioni. In fin dei conti, stiamo parlando di una superficie che è poco più dell’1 per cento dell’intero vigneto Barolo (pari a 2112 ettari) e di un vino che uscirà dopo il 2024».

Ma alla Confederazione italiana agricoltori queste rassicurazioni non sono bastate: i produttori hanno scritto una lettera all’assessore piemontese all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, e al presidente del Consorzio Pecchenino per esprimere tutte le loro perplessità di fronte a una politica «sempre impegnata nell’ottica dell’aumento degli ettari e quindi delle bottiglie, mentre invece, con una strategia a lungo termine, si potrebbe portare il territorio, i produttori e i soci del Consorzio a convergere i propri sforzi sulla qualità». Spiegano il vice presidente Cia Cuneo, Claudio Conterno, e il direttore Igor Varrone: «Non si può parlare solo di ettari in più o in meno, correndo dietro al mercato. La zona di riferimento è fragile e va governata in modo lungimirante». E aggiungono: «E’ incredibile che si vogliano aumentare gli ettari con un costo medio della bottiglia che rimane invariato. Dovremmo lavorare per aumentare la qualità del prodotto e alzare il prezzo bottiglia. Con questo atteggiamento andiamo nella direzione opposta, a discapito di chi oggi produce un prodotto di qualità».

Dubbi che trovano il pieno appoggio di barolisti blasonati come Elio Altare di La Morra e Maria Teresa Mascarello di Barolo, aderenti Cia ma non associati al Consorzio. «Così roviniamo ciò che faticosamente abbiamo costruito con dedizione e serietà - dice Altare -. Il fatto che arrivi gente esterna che vuole salire sul carro vincente adesso non è tollerabile. Si può investire in altri territori che devono crescere. Un oggetto è prezioso quando è raro, non inflazioniamolo». Per Maria Teresa Mascarello, «rischiamo di fare come il Prosecco. Così agendo, il Consorzio non rispetta il suo ruolo, non tutela e non valorizza il territorio».

Sul fronte opposto, uno dei produttori più noti e presenti sul mercato come Pio Boffa della cantina albese Pio Cesare invita alla calma: «Non è certo aumentando di 10 ettari che si diminuisce la qualità del Barolo. E non è solo facendo crescere il prezzo che si potenzia la sua immagine. I francesi ci hanno messo 200 anni ad affermarsi, noi in 40 abbiamo fatto tanta strada e sfido chiunque a dire che quando il Barolo aveva 3,5 milioni di bottiglie stava meglio di oggi che ne ha 14 milioni». E aggiunge: «Non sempre ciò che è piccolo è bello e prezioso. Si può trovare un Bordeaux a 3mila euro a bottiglia o a 5 euro. L’immagine e la qualità la fanno le etichette, le aziende che garantiscono il prodotto e vanno in giro per il mondo a venderlo».

Dal canto suo, il presidente del Consorzio di tutela ribadisce: «La maggioranza dei produttori è favorevole a un ampliamento, anche se siamo tutti consapevoli che è indispensabile un controllo. Soffocare la crescita non significa necessariamente vendere più vino in bottiglia, anzi la cosa potrebbe tradursi nell’esatto contrario, favorendo lo sfuso vista la maggiore facilità nella vendita».

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