Manovra da 35 miliardi. Landini ribadisce che il taglio del cuneo fiscale deve essere solo a vantaggio dei lavoratori

«Ci è stata ribadita la volontà di coinvolgerci. Noi siamo pronti al confronto e alla trattativa. Se così non sarà, senza risposte ai lavoratori, valuteremo cosa fare insieme a Cisl e Uil», dice il segretario della Cgil. Per Stefano Scarpetta, Ocse, «le imprese devono fare uno sforzo per contenere i profitti e dare un segnale di aumento salariale»

Linkiesta 17.11.2022 lettura4’

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che lunedì il consiglio dei Ministri discuterà la legge di bilancio. Secondo Il Messaggero, dovrebbe aggirarsi intorno ai 35 miliardi. In larga parte saranno spesi contro il caro energia, per cui lo spazio di manovra sarà risicato. Ma «ci aspettiamo, già a partire da questa legge di bilancio, un taglio al cuneo contributivo tutto a favore delle lavoratrici e dei lavoratori. Accompagnato da un intervento fiscale per aumentare il loro potere d’acquisto, ripristinando il meccanismo che rivaluta deduzioni e detrazioni fiscali all’inflazione», dice a Repubblica il segretario della Cgil Maurizio Landini.

Ma le scelte sembrano altre. Anzi sul cuneo, un terzo del taglio potrebbe andare alle imprese e solo due terzi ai lavoratori. Landini spiega che «non c’è nessun accordo» con Confindustria su questa ripartizione. «La priorità sono i salari netti da aumentare, le risorse devono andare tutte ai lavoratori travolti dalla lunga crisi e da un’inflazione al 12%. A questo deve servire la riduzione del cuneo contributivo. Le imprese in questi anni hanno già incassato incentivi a pioggia, mai condizionati e selettivi. E molte in cambio hanno pure delocalizzato, disinvestito, precarizzato il lavoro. Tra l’altro salari netti più alti fanno bene alle imprese perché sostengono i consumi».

A ottobre, secondo l’Istat, i prezzi al consumo sono aumentati dell’11,8% su base annua e del 3,4% rispetto al mese di settembre, segnando un record negativo inferiore solo ai dati registrati nel 1983. Per far fronte a questa impennata dei prezzi, Landini è contrario alla soluzione dei fringe benefit e del salario di produttività detassato che si profila nella manovra. «I fringe benefit a 3mila euro rischiano di essere uno specchietto per le allodole», spiega. «Ricordo che la contrattazione aziendale riguarda solo il 20% dei lavoratori. Francamente, non è questo il momento di disperdere le risorse in mille rivoli. Ma di dare a tutti, non solo a qualcuno», spiega.

Il segretario della Cgil dice che «il taglio del cuneo di due punti di Draghi va confermato e aumentato. Poi chiediamo il drenaggio fiscale, cioè aumentare le detrazioni e le deduzioni dello stesso importo dell’inflazione per non far scattare aliquote Irpef più alte sul reddito da lavoro. E di alzare l’Isee per il bonus energia da 12mila a 20mila euro. Tre interventi che si possono coprire in diversi modi». Come? «Intervenire sulla rendita finanziaria, oggi tassata meno del lavoro. Un contributo straordinario di solidarietà per chi ha redditi sopra i 100mila euro e ricchezze sopra il milione. Lotta all’evasione serrata, incentivando l’incrocio delle banche dati. In un Paese con 120 miliardi di evasione ed extraprofitti così ampi realizzati da alcune imprese in questi anni, mi sembra ridicolo che non si trovino le coperture».

Si profila invece la flat tax. «Inaccettabile», secondo Landini, «come pure condoni e rialzo del tetto al contante. Anzi cominciamo a parlare di una riforma fiscale progressiva che aumenti la base imponibile e faccia pagare meno tasse a lavoratori e pensionati. E poi del contrasto alla precarietà del lavoro».

Altrimenti che farà il sindacato? «Noi abbiamo scioperato già un anno fa, con la Uil, contro la riforma fiscale del governo Draghi. E avevamo ragione», risponde Landini. «Chi non capiva le nostre motivazioni ora le ha chiare: la povertà è aumentata, l’inflazione è esplosa, il potere d’acquisto sta crollando. Ho sentito che il governo dovrebbe presentare la manovra in Consiglio dei ministri lunedì prossimo. Negli incontri che abbiamo avuto con la premier Meloni e con il ministro Fitto ci è stata ribadita la volontà di coinvolgerci. Noi siamo pronti al confronto e alla trattativa. Se così non sarà, senza risposte ai lavoratori, valuteremo cosa fare insieme a Cisl e Uil».

Anche Stefano Scarpetta, direttore per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali dell’Ocse, «le imprese devono fare uno sforzo per contenere i profitti e dare un segnale di aumento salariale nell’ambito della contrattazione collettiva». Ma tocca anche al governo, spiega a Repubblica. «Il problema immediato è come aiutare le famiglie più povere: servono aiuti mirati e calibrati sulle disponibilità economiche». Per questo «bisogna basarsi sull’Isee» e non sul quoziente familiare, come invece punta a fare Meloni.

Per l’economista, «bisogna partire da chi sta pagando il conto maggiore, cioè le famiglie a basso reddito, quelle per cui le spese per bollette e beni alimentari pesano sui bilanci familiari il doppio rispetto alle famiglie più benestanti. Il rischio di una spirale è relativamente basso, non c’è la scala mobile come negli anni Settanta. Bisogna evitarla, ma allo stesso tempo le imprese devono fare uno sforzo per compensare, seppure parzialmente, i salari». Come? «Attraverso gli accordi di categoria e da questo punto di vista anche il governo deve incoraggiare il dialogo tra imprese e sindacati. Al netto di qualche settore, però, i rinnovi non si fanno. Uno strumento aggiuntivo possono essere i bonus, come quelli che alcune aziende hanno iniziato a dare a tutti i loro lavoratori e che risultano più generosi per chi ha un reddito basso».

L’altra leva è «il salario minimo», cosa di cui invece Landini non parla. «Quest’anno in Francia è stato già adeguato tre volte all’inflazione e anche negli altri Paesi che lo prevedono è stato aumentato per far adeguare almeno in parte i salari minimi nominali all’inflazione», dice Scarpetta. «Il salario minimo ha un’esigenza che va al di là della crisi contingente perché ci sono lavoratori che sono sotto i minimi contrattuali nonostante la contrattazione collettiva sia ampiamente diffusa. È uno strumento importante a prescindere dall’inflazione per combattere forme di lavoro sottopagato».

E sul fronte degli aiuti, Scarpetta propone di «partire dai dati sul reddito delle famiglie e su questa base raffinare il target. In Francia, ad esempio, si è notato che i costi dell’energia gravano di più sulle famiglie anziane perché sono quelle che usano più gas per i termosifoni. I parametri possono essere diversi, le zone rurali non sono come le città dove il costo per riscaldare il proprio alloggio costa meno. Quantomeno bisogna basarsi sul reddito». E invece lo sconto sulla benzina, ad esempio, aiuta le famiglie più abbienti: «Sono le famiglie con un reddito medio alto quelle che utilizzano di più la macchina e quindi beneficiano maggiormente dello sconto. Bisogna passare a misure mirate, rivolte alle famiglie più svantaggiate, come si sta facendo in Germania, ma anche in Francia e in Spagna».

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