Chi paga la campagna della Clinton

Dall’inizio della corsa alla Casa Bianca ha cercato di assicurarsi il sostegno economico dei più facoltosi esponenti del mondo dell’alta finanza

OTT 25, 2016 0 ALESSANDRA BENIGNETTI Il Giornale

Era dagli anni’70, ovvero dai tempi del Watergate, che non veniva messo in campo un così ingente sostegno finanziario da parte dei grandi interessi economici americani verso un candidato alla presidenza, come quello schierato a sostegno della candidata democratica alla Casa Bianca, Hillary Clinton. Lo sottolinea il Washington Post, raccontando come, nell’ultimo anno, Hillary si sia assicurata il supporto finanziario dei più importanti magnati degli Stati Uniti. Tanto che, fino allo scorso settembre, la Clinton è riuscita ad accumulare 1,14 miliardi di dollari. Una cifra record, pari a quella raggiunta nel 2012 durante la campagna elettorale dall’attuale presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

La Clinton, infatti, secondo i dettagli emersi dalle mail hackerate dall’account personale del presidente della campagna elettorale della Clinton, John Podesta, e diffuse da Wikileaks nei giorni scorsi, si sarebbe preoccupata sin dall’inizio della sua corsa alla Casa Bianca di assicurarsi il sostegno economico dei più facoltosi esponenti del mondo dell’alta finanza. Tanto che, prima ancora dell’annuncio vero e proprio della sua candidatura, la macchina elettorale della Clinton si era già mobilitata per assicurarsi il sostegno dei principali uomini d’affari del Paese.

Grazie alla rete di grandi interessi politici e finanziari coltivati per oltre 40 anni dall’ex presidente degli Stati Uniti, , la candidata democratica alla Casa Bianca è riuscita, nei mesi scorsi, ad assicurarsi il sostegno degli uomini più ricchi e potenti d’America, convogliando milioni di dollari su Priorities USA Action, il principale super PAC che sostiene la campagna della democratica. Nemmeno lo sfidante repubblicano, il magnate statunitense Donald Trump, è riuscito ad assicurarsi una cifra del genere. Trump, che si è autofinanziato parte della campagna elettorale, con 52 milioni di dollari provenienti dal proprio patrimonio, è riuscito a raccogliere in totale, nello stesso periodo, “soltanto” 712 milioni di dollari.

Ma chi sono i finanziatori della Clinton?

Per prima cosa, sono molto, molto ricchi. I primi cinque “mega-donatori” della campagna elettorale della candidata democratica, secondo il Washington Post, da soli hanno contribuito, infatti, in proporzione, per un dollaro ogni diciassette raccolti dalla ex first lady durante la campagna elettorale. E un quinto del totale raccolto durante tutta la campagna elettorale è stato versato soltanto da cento individui.

In cima alla lista dei mega-donatori c’è S. Donald Sussman, manager di un fondo speculativo, che ha versato nelle casse della candidata democratica circa ventuno milioni di dollari. Un investimento motivato, a suo dire, dalla volontà di sostenere la Clinton per ribaltare la sentenza Citizens United, che ha rimosso ogni limite proprio ai finanziamenti dei privati nelle campagne elettorali. Così Sussman ha deciso di assicurare un supporto finanziario senza limiti alla Clinton, per limitare in futuro l’ingerenza di fondi privati nelle campagne elettorali.

Al secondo posto, con più di 16 milioni di dollari versati, poi, ci sono J.B. Pritzker e sua moglie. Investitore privato ed erede della catena di hotel Hyatt, non è chiaro quali siano i suoi interessi. Manifesta è, invece, la sua avversione a Donald Trump, e il fatto che avrebbe dichiarato che questa è l’elezione più importante della sua vita.

Haim Saban e sua moglie Cheryl, hanno contribuito con oltre undici milioni di dollari. Produttore televisivo, investitore e proprietario di diversi media. La più grande preoccupazione di Saban è quella di proteggere Israele. E il suo modo di influenzare la politica americana in questo senso, secondo quanto riporta il New Yorker, è fare donazioni finanziarie ai partiti politici, finanziare think thanks e controllare i media.

Al quarto posto c’è George Soros, il magnate di origini ungheresi che non ha bisogno di presentazioni e che su Priorites USA Action ha versato quasi dieci milioni di dollari.

Investitore e imprenditore, l’ultranovantenne Daniel Abraham è il quinto maggior donatore della Clinton, con 9.7 milioni di dollari versati.

Dai nomi dei principali sostenitori emerge quindi già un primo dato sui solidi legami che intercorrono tra la candidate democratica, i cosiddetti “poteri forti” di Wall Street e la lobby filo-israeliana. Ed è facile quindi intuire quali saranno le posizioni su alcuni dei temi cruciali della politica estera, se la Clinton sarà eletta presidente. Del resto, come si legge su Forbes, la stessa Clinton ha assicurato in proposito che, a differenza del suo predecessore, “gli Stati Uniti riaffermeranno il proprio forte e duraturo interesse nazionale nella sicurezza di Israele”, assicurando inoltre, in una lettera scritta a Saban, di impegnarsi per contrastare quelle associazioni che negli Usa fanno pressione su Israele perché accolga le richieste dei palestinesi.

Tra gli altri mega-donatori c’è poi Fred Eychaner, uomo d’affari e storico finanziatore dei democratici e dei movimenti di sinistra, impegnato nel promuovere le istanze dei movimenti LGBT, che alla Clinton ha donato 9.3 milioni di dollari.

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L’imprenditore e filantropo James Simons, invece, ha versato quasi 8 milioni di dollari. Non solo Arabia Saudita, Qatar, Monsanto, e Goldman Sachs. Non solo Madonna, Steven Spielberg o Meryl Streep. Ad assicurare il proprio sostegno, morale ed economico alla Clinton ci sono soprattutto gli uomini più potenti di Wall Street. Un sostegno, quello economico in particolare, che ha permesso alla democratica di passare in vantaggio, negli ultimi giorni, sull’avversario repubblicano, Donald Trump. La Clinton, ha spiegato Kellyanne Conway, manager della campagna elettorale di Trump, può contare, infatti, “su alcuni vantaggi, come i sessantasei milioni di dollari di pubblicità che ha speso nel solo mese di settembre, il doppio rispetto ad agosto”.

In molti, come fece Sanders durante le primarie dell’Asinello, continuano quindi ad accusarla di conflitto di interessi. Come si fa, si chiedono infatti in molti, a difendere contemporaneamente “i più deboli” e Wall Street?

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