Non si sta affermando un voto populistico ma post ideologico

Erdogan pretende di poter arringare in Germania o in Olanda le minoranze turche che lì vivono e lavorano per spingerle a votare il referendum costituzionale, mentre la minoranza curda, che pure ha il diritto di votare in Turchia non dovrebbe neppure avere il diritto di manifestare in piazza a Francoforte il suo dissenso verso la politica liberticida di Erdogan.

 di Edoardo Narduzzi da ItaliaOggi 21.3.2017

Si fa presto a dire populismo scambiando mele con pere. Non è corretto parlare di populismo, come invece si fa banalmente anche in Italia, quando una parte dell'elettorato decide di votare offerte politiche originali anti establishment o difformi dai programmi e dalle agende politiche del secondo Novecento. In questo caso si tratta di un voto politico di discontinuità verso situazioni insoddisfacenti oppure è il risultato dell'aggregazione di sensibilità post ceto medio, quindi molto opportunistiche e fluide nell'orientarsi di volta in volta rispetto a ogni tipo di scelta da compiere. Più che di populismo, nel caso del voto europeo o americano originale perché atipico rispetto agli schemi di analisi tradizionali, si dovrebbe parlare di voto post ideologico.

Populista, invece, e molto è il finto voto popolare che si celebra nelle nuove oligarchie politiche crescenti nel mondo. La Turchia di Erdogan ne è un caso palese. In questo caso il voto dal risultato scontato è presentato come un esercizio puro dell'intenzione del popolo di decidere. Erdogan arresta ogni giornalista che la pensa in maniera non populista e fa chiudere ogni media a lui non gradito, ma pretende che nei paesi esteri i suoi ministri, che si macchiano di azioni contro le libertà fondamentali degli individui, possano liberamente andare in giro nei teatri e nelle piazze a tenere comizi su questioni politiche esclusivamente interne alla Turchia.

Erdogan pretende di poter arringare in Germania o in Olanda le minoranze turche che lì vivono e lavorano per spingerle a votare il referendum costituzionale che gli affida poteri da Califfo, mentre la minoranza curda, che pure ha il diritto di votare in Turchia (forse ancora per poco), non dovrebbe neppure avere il diritto di manifestare in piazza a Francoforte il suo dissenso verso la politica liberticida di Erdogan.

In questo quadro conforta e molto la fermezza da vera statista con la quale Angela Merkel ha gestito e sta gestendo la situazione impedendo al populismo vero di diventare realtà e norma in Europa. Berlino, finalmente, ricorda alle oligarchie che esistono ancora gli stati-nazione e le frontiere e che lo sforzo di integrazione in corso da decenni in Germania, peraltro non facile, non può essere indebolito dalle pressioni esterne o dalle infiltrazioni di Ankara. Con un Erdogan sempre più nei panni di un nuovo Gheddafi, la fermezza della Cancelliera rappresenta una provvidenziale ancora in un'Europa che manca di leadership forti capaci di aggregare su battaglie importanti e di rassicurare contro i veri populismi. La germanizzazione dell'eurozona stavolta la fa la politica non Lady spread.

Categoria Estero

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