Putinismo glocalIl b-movie della lotta antinazista contro Kiev

L’incredibile commemorazione della fine della Seconda guerra mondiale al cimitero di Palestrina, con i russi a fare propaganda e il vicesindaco leghista il pesce lesso. Il segno di quanto sia capillare la penetrazione del Cremlino nel nostro Paese

Carmelo Palma 10.5.2022 linkiesta.it lett4’

Le pagine social ufficiali della Federazione Russa sono un archivio sinistro di minacce e “pizzini” per nemici troppo accaniti nel denunciare e per amici troppo tiepidi nel perorare la cosiddetta operazione speciale in Ucraina, cioè la più sanguinosa e criminale guerra di aggressione condotta sul suolo europeo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Solo nel nostro Paese però questi canali potevano finire per trasmettere pure i B-movie della commedia politica all’italiana e ufficializzare le gallerie dei nuovi mostri, che popolano il centro e le periferie di un Paese compromesso da amicizie non ripudiabili con l’avvelenatore del Cremlino.

Ne abbiamo avuto un esempio nella giornata di ieri, 9 maggio, quando, alle ore 17 circa, la pagina Facebook dell’ambasciata della Federazione Russa in Italia ha pubblicato un post con foto e video, annunciando che “oggi al Cimitero comunale di Palestrina con la partecipazione dei rappresentanti dell’Ambasciata, delle rappresentanze diplomatiche russe a Roma e del Comune di Palestrina si è svolta la tradizionale cerimonia solenne in onore dei partigiani italiani e sovietici caduti nella Seconda Guerra Mondiale”.

Solo nel nostro Paese però questi canali potevano finire per trasmettere pure i B-movie della commedia politica all’italiana e ufficializzare le gallerie dei nuovi mostri, che popolano il centro e le periferie di un Paese compromesso da amicizie non ripudiabili con l’avvelenatore del Cremlino.

Ne abbiamo avuto un esempio nella giornata di ieri, 9 maggio, quando, alle ore 17 circa, la pagina Facebook dell’ambasciata della Federazione Russa in Italia ha pubblicato un post con foto e video, annunciando che “oggi al Cimitero comunale di Palestrina con la partecipazione dei rappresentanti dell’Ambasciata, delle rappresentanze diplomatiche russe a Roma e del Comune di Palestrina si è svolta la tradizionale cerimonia solenne in onore dei partigiani italiani e sovietici caduti nella Seconda Guerra Mondiale”.

Antefatto. A Palestrina sono sepolti alcuni soldati dell’esercito sovietico (russi e ucraini) che, dopo essere fuggiti da un campo di prigionia a Monterotondo, si unirono alla lotta partigiana e morirono sul campo combattendo contro i tedeschi. Il loro sacrificio è ricordato ogni anno dalle autorità italiane alla presenza dei rappresentanti diplomatici di Mosca e di Kiev. Dal 2014, dopo la prima fase dell’invasione russa dell’Ucraina (Donbass e Crimea), le celebrazioni sono avvenute in forma separata.

Ieri, nella sezione, diciamo così, russa della commemorazione c’è stata quella paginetta istruttiva di politica-spettacolo che l’Ambasciata di Mosca ha tenuto così tanto a valorizzare su Facebook.

Il primo consigliere Mikhail Rossiyskiy ha sostenuto che l’aggressione all’Ucraina – definita “i recenti eventi politici e militari”, perché notoriamente la parola “guerra” è proibita per i russi in patria come all’estero – dimostra che la lotta contro il nazismo rimane ancora attuale. La mattanza di Bucha come la liberazione di Auschwitz. Chiaro, no?

L’onore reso anche quest’anno a Palestrina ai soldati sovietici morti per mano nazista è stato poi interpretato dalla direttrice del Centro russo di cultura di Roma, Dariya Pushkova, come la dimostrazione che “in Italia ci siano persone che non provano a riscrivere la storia. Persone consapevoli del significato del Giorno della Vittoria per tutta l’umanità e che non hanno paura di parlarne”. Un perfetto dispositivo negazionista: l’identificazione della guerra con la prosecuzione di un’eterna militanza antinazista.

Ovviamente a questa sagra del putinismo glocal sono accorsi i militanti della sezione locale del Partito Comunista, che giorni prima avevano annunciato una propria manifestazione con un manifesto, in cui la Z di Zagarolo era rappresentata con i tratti di quella che campeggia sui tank russi.

Di quello che ha detto in questa circostanza il rappresentante delle istituzioni italiane – C’era pure lui? Certo che c’era! – abbiamo contezza solo dal breve documento reso disponibile dall’ambasciata russa. Il vicesindaco di Palestrina, il leghista Umberto Capoleoni, con fascia tricolore e vigili urbani al seguito in divisa d’onore, ha detto: “I vostri caduti sono i nostri caduti. Il loro sacrificio, come quello dei nostri eroi, appartiene all’umanità”. Avremmo potuto scommettere – viste le antiche predilezioni del vicesindaco di Palestrina per il Putin no-gender e no-Covid – che gli astanti non abbiano sentito dissociazioni dal negazionismo di stato russo da parte dell’unico rappresentante delle istituzioni italiane presente.

A toglierci ogni dubbio è stato lo stesso Capoleoni, sentito dal Foglio, che ha giustificato la scelta del silenzio sull’Ucraina dicendo che “fare riferimenti ancora a delle guerre attualmente presenti sul piano internazionale era comunque… non dava lo stesso ricordo che invece abbiamo dato oggi a questa commemorazione”, cioè, fuori dalla neo-lingua da operazione speciale, non possiamo parlare dei morti ammazzati in Ucraina perché li stanno ammazzando i nostri graditi ospiti.

Peraltro il problema, in questo caso, più che nelle parole dette e taciute da Capoleoni, stava proprio nella sua presenza e nella corriva disponibilità a proseguire la routine delle celebrazioni “anti-naziste” nel pieno di una guerra, di cui l’anti-nazismo rappresenta la giustificazione sacrilega e mostruosa. Ma a quanto pare, quella presenza non è stata problematica per nessuno, a partire dall’interessato. Ed è un altro segno, tutt’altro che minimo e provinciale, dell’infiltrazione putiniana della democrazia italiana.

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