Il nuovo Holodomor. Putin sta tentando di far morire assiderata un’intera popolazione, ma per noi non è un gran problema

Il mondo alla rovescia del dibattito italiano, dove chi chiede di impedire un genocidio deve giustificarsi e chi rifiuta di condannarlo (o finge di non vederlo) può dare lezioni di morale, politica e geopolitica

Francesco Cundari 28.11.2022 linkiesta.it lettura2’

In Ucraina Vladimir Putin, incapace di vincere la guerra sul campo, ricorre al terrorismo, bombardando le centrali elettriche allo scopo di far morire assiderata la popolazione. E nel Parlamento europeo l’intera delegazione del Movimento Cinque stelle si astiene sulla risoluzione che condanna la Russia come paese sponsor del terrorismo, perché il testo non contiene la parola «pace». Per lo stesso motivo, mentre gli uomini del regime putiniano dichiarano pubblicamente che intendono «rispedire l’Ucraina nel diciottesimo secolo», hanno votato contro quella risoluzione anche tre europarlamentari eletti con il Pd: Pietro Bartolo, Andrea Cozzolino, Massimiliano Smeriglio (in compagnia dell’ex leghista Francesca Donato).

In Ucraina Putin prepara un nuovo Holodomor, lo sterminio per fame di un numero compreso fra i tre e i cinque milioni di persone da parte del regime staliniano, a novant’anni esatti da quella immane tragedia, ma questa volta, principalmente, attraverso il freddo. E la prospettiva non sembra influenzare in alcun modo il dibattito in Italia.

Senza elettricità non possono funzionare gli ospedali, senza luce e senza corrente elettrica è impossibile la vita civile, ma soprattutto, considerato il clima di quelle regioni, in inverno, non è possibile la vita tout court. Milioni di persone rischiano la morte per assideramento, e tutto questo non è un effetto collaterale, non è la conseguenza involontaria di un attacco mirato ad altri obiettivi, è esattamente quello che Putin vuole ottenere.

Eppure in Italia nemmeno una simile prospettiva, che naturalmente tutti speriamo fino all’ultimo sia scongiurata, basta a cambiare di una virgola il grottesco dibattito che vede sulla difensiva, paradossalmente, quanti chiedono di fare tutto il possibile per aiutare l’Ucraina. Sono loro che ormai sembrano quasi doversi giustificare, come se il prolungarsi del conflitto fosse colpa della resistenza, e dunque un po’ anche di noi occidentali che la sosteniamo. Resta indimenticabile il titolo del Riformista, giusto all’indomani dell’invasione: «Il dovere della resa». Ma sebbene non tutti abbiano avuto il coraggio di dichiararlo in modo così esplicito, è evidente come una simile convinzione sia ormai diffusissima, tanto tra politici quanto tra giornalisti e opinionisti (nei talk show si direbbe almeno all’80 per cento).

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