EDITORIALI Un popolo, due piazze: così Israele si mette in discussione e si rafforza
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La piazza dei manifestanti arrabbiati con Netanyahu e quella delle famiglie degli ostaggi si sono unite. Ma quando il paese si pone delle domande, per i suoi nemici è una cattiva notizia
REDAZIONE 01 APR 2024 ilfoglio.it lettura1’
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Fino alla scorsa settimana c’erano due piazze in Israele, comunicanti, ma diverse.
Domenica si sono mescolate, unendosi in un’alchimia non condivisa da tutti all’interno di una società che assieme lotta, assieme protesta, assieme si rivoluziona e mette in discussione quel che ormai era consuetudine tanto radicata da diventare legge, come la fine dell’esenzione dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot.
Una piazza era quella sopitadopo il 7 ottobre, ma poi tornata in forze, che chiede le elezioni anticipate e le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu.
L’altra piazza era quella delle famiglie degli ostaggi, arrabbiate con il governo perché gli oltre centotrenta rapiti rimasti nella Striscia ancora non tornano e i negoziati non si sbloccano ma che mai avevano desiderato di tingere con colori politici le loro richieste vitali.
L’unione delle due piazze non è piaciuta a tutti, alcuni familiari hanno paura della strumentalizzazione, credono che non sia giusto trasformare in politico qualcosa che ha a che fare con la vita e la morte di chi è stato rapito.