Renzi-Merkel, cosa c'è dietro la finta lite sulle banche

Matteo e Angela battibeccano sull'Unione bancaria e la Russia. Scintille tattiche. Per silenziare i nemici interni. Che incalzano su flessibilità e rigore. La strategia.di Francesco Pacifico | 18 Dicembre 2015 lettera43

.Matteo ha tuonato: «Non raccontatemi che la Germania è il donatore di sangue dell'Europa. Non va proprio così. Perché voi tedeschi non volete lo schema europeo dei depositi bancari».

Angela ha ribattuto: «Certo, effettivamente abbiamo fatto passare troppi mesi senza essere riusciti a parlare di Unione bancaria. Ma vogliamo uscire soltanto dalla crisi nel mondo migliore».

OBIETTIVI COMUNI. Negli ultimi tempi Roma e Berlino hanno litigato quasi su tutto: il 'Made in' per garantire la gestione della produzione di alta gamma, la gestione dei migranti che arrivano via mare, gli investimenti per le grandi opere pubbliche del piano Juncker.

Ma al di là del duro battibecco all’ultimo Consiglio europeo, gli obiettivi di Renzi e Merkel non hanno mai collimato come in questa fase.

SCONTRO ENFATIZZATO. A ben guardare, i premier di Italia e Germania hanno fatto di tutto per rendere palese lo scontro.

Renzi, nonostante quanto deciso con gli altri grandi leader dell’area, ha costretto i 28 a parlare dell’estensione delle sanzioni russe alla prima metà del 2016.

La Merkel, dopo la richiesta formale del nostro presidente del Consiglio e del suo collega portoghese Antonio Costa, ha respinto la proposta di inserire nel documento finale del Consiglio europeo un riferimento alla creazione di un sistema unico europeo di garanzia dei depositi.

PIÙ TATTICA CHE STRATEGIA. Ma lo scontro è più tattico che strategico.

Funzionale, per l’ex sindaco di Firenze e per l’ex ragazza dell’Est, a tacitare il loro fronte interno che alza il tiro oltre il dovuto: più risorse e flessibilità i primi, più rigore e difesa dei propri soldi gli altri.

La Merkel in Germania è sempre più isolata.

Ha contro almeno la metà del suo partito, che non può disfarsi della donna dell’anno secondo Time.

All’ultimo direttivo della Cdu la maggioranza dei delegati ha criticato le sue aperture sull’immigrazione, il tutto rispondendo a quelle che sono le richieste dei loro elettori.

MALE SUI MIGRANTI. Stando a un sondaggio di Ard-Deutschlandtrend, il 57% dei tedeschi reputa «non soddisfacente» la politica sui migranti della cancelliera, tanto che i consensi dell’alleanza Cdu/Csu, se si votasse oggi, non andrebbe oltre il 38% dei consensi.

Ma oltre a quella dei profughi c’è una questione ancora più profonda e antica che sconquassa il fronte interno della Merkel: metà del suo partito segue la linea del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, e del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che chiedono al governo di difendere 'senza se e senza ma' uno status quo finanziario in Europa che ha permesso alla Germania di diventare la prima potenza esportatrice al mondo e di rifinanziarsi a interessi zero.

RIGORE SENZA SCRUPOLI. Come? Imponendo agli alleati il rigore più sordido, permettendo così ai tedeschi di recuperare sacche di competitività a danno dei vicini.

Principale pilastro è proprio il sistema creditizio.

La Merkel ha un conto aperto con i banchieri di casa sua: ha dato loro 260 miliardi di euro, senza che questi abbiano ripulito di un centimetro la tanta spazzatura (finanziaria) nei loro bilanci.

BASTONE TRA LE RUOTE. Contrastano i progetti della cancelliera di separare l’erogazione dei prestiti dalle attività finanziarie.

E per tutto questo bocciano il meccanismo unico di garanzia sui depositi come in passato hanno provato a rallentare l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi più deboli attraverso il Quantitative easing, proprio per non facilitare i concorrenti.

La cancelliera ha capito: affamare i vicini non serve

Anche all’ultimo vertice di Bruxelles la Merkel ha ripetuto: «Berlino non è disponibile a decidere adesso di mettere in comune le risorse finanziarie per fronteggiare i rischi bancari. Ma abbiamo detto che serve sviluppare un miglior coordinamento economico e continuare l'Unione bancaria e l'Unione dei capitali, su questi punti ci torneremo».

Di fatto prende tempo e prova a mediare sia le richieste interne sia quelle dei partner.

Eppure da Roma si fa sapere che i suoi sherpa avrebbero aperto alla possibilità di sbloccare alla richiesta di una garanzia unica sui depositi.

Questo perché la cancelliera da tempo ha capito, a differenza dei suoi alleati, che “affamare” i vicini rallenta soltanto la ripresa.

MENO RIGIDITÀ. Non a caso, nei mesi scorsi, ha dato il suo via libero allo sforamento ai parametri europei di Francia e Spagna e al rallentamento verso il pareggio di bilancio dell’Italia.

In più vede nella partita bancaria con Roma e le altri capitali dell’Europa mediterranea un terreno di scambio quando si entrerà nel vivo delle trattative sui flussi immigratori o sulla vigilanza bancaria, tenendo fuori le indebitate Landsbank.

RENZI PRO RUSSIA. Ma Renzi, per certi aspetti, fa il lavoro sporco anche per rimettere nel gioco europeo la Russia.

Roma frena sul gasdotto North Stream perché favorisce le imprese tedesche e non la nostra Eni, prima socia del vecchio South Stream che faceva dell’Italia lo sbocco del gas russo.

Ma nel contempo il premier chiede agli alleati di non estendere le sanzioni per la crisi ucraina.

Un qualcosa che va bene soprattutto alla Germania, primo partner commerciale dell’ex Orso sovietico.

GIOCO SU DUE FRONTI. La Merkel quindi gioca su due fronti: alza la voce in pubblico contro l’Italia, ma in privato, e in casa, sfrutta le richieste degli alleati più deboli su rigore e banche per frenare gli alleati interni più riottosi.

Un gioco che non a caso non piace a Mario Draghi, il quale, ospite del Consiglio d’Europa, ha richiamato i 28 a fare più sforzi per rimettere in sesto le loro finanze pubbliche e riformare il mercato del lavoro.

Guarda caso proprio quello che chiede il falco Schäuble.

Categoria Estero

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