Bersani ancora a vuoto,

chiede i tempi supplementari a Napolitano

Stamattina vado a una riunione. Quello che sta seduto alla mia destra ad un certo punto, mi si avvicina all’orecchio e a mezza bocca mi fa: “Aò, seconno me Berzani gliela fa”. Rispondo: “Ma che stai a ddì?”. Il mio vicino non si scompone e ragiona: “Senti ‘n po’, avere un governo bello debole conviene a tanti. Troppi direi. Berlusconi prima di tutto. Gli stessi del Pd che lo possono mandare a casa quando vogliono. Pure Grillo se po’ divertì con un governo tipo quello di Prodi. Insomma, conviene a tutti”.

Mah. Non dico nulla. Prendo appunti.

Mi sento chiamare da sinistra. L’altro mio vicino, si appropinqua al mio padiglione auricolare e mi sussurra: “Sei pronto per le elezioni il 7-8 luglio? Si va a votare, non c’è niente da fare. Ormai Bersani ha fallito”.

Mah. Non dico nulla. Ma vi racconto quello che ho sentito e vissuto per farvi comprendere il clima che regna a Roma. Dire un clima di confusione è nulla.

Un gran casino.

In questo gran casino l’unica cosa che mi pare certa è che Bersani, proprio mente sta per iniziare il round decisivo, dopodomani salirà al Colle. Al momento, altra quasi certezza, è che lo stesso Bersani potrebbe arrivare al Quirinale e chiedere i tempi supplementari. Il suo ragionamento potrebbe essere grosso modo questa: i numeri per formare il governo ancora non ci sono, ma stanno per esserci, potrebbero esserci, forse. E tuttavia, il candidato premier di Pd e Sel potrebbe insistere per dire: se quei numeri non li ho io difficile li possa avere qualcun altro… Dunque, tanto vale insistere. Ancora un po’.

Bersani sarebbe riuscito a strappare qualche voto ai grillini, qualche altro spurio del Pdl e i montiani. Non abbastanza però per poter ottenere una fiducia al Senato. Di qui l’invito a ottenere ancora qualche giorno di tempo per convincere ancora qualcuno in bilico.

Napolitano lo consentirebbe? Non credo. Ma fonti del Pd ricordano come a Berlusconi fu concesso molto di più. Quando cioè nell’autunno del 2010 Fini uscì dalla maggioranza e presentò una mozione parlamentare di sfiducia assieme all’opposizione per far cadere il governo del Cavaliere, Napolitano intervenne per fare in modo che il voto vero e proprio slittasse da inizio novembre a metà dicembre. Così si concesse al premier in carica in quel momento di mettere in atto tutte le sue diplomazie per recuperare i voti necessari per restare in sella.

E’ un paragone un po’ ardito perché Berlusconi aveva vinto delle elezioni e aveva una maggioranza. Bersani non ha né l’uno né l’altro dei requisiti. Il Portaborse, 26/3

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