Il sindaco Renzi contro le manfrine del segretario:

"Ora servono risposte concrete". I suoi onorevoli sfidano il partito.

di Claudio Brigliadori

“Io non so quale sia la soluzione per il futuro, ma servono credibilità politico-istituzionale e risposte sui temi del lavoro. Qua stiamo perdendo tempo". L'attacco durissimo ai partiti arriva da Matteo Renzi e il suo affondo nasconde (ma nemmeno troppo) un messaggio di sfida al segretario del suo partito, il Pd. Martedì pomeriggio Pierluigi Bersani non si era mosso di un millimetro dalla linea del muro contro muro con il Pdl. Il suo "no al governissimo" e quello slogan ripetuto fino allo sfinimento ("Se il problema sono io, mi faccio da parte") non ha avuto altri effetti se non l'irrigidimento di Berlusconi e Alfano. Logico, dunque, che quel "perdere tempo" sia rivolto in primo luogo a lui.

"Il lavoro al centro" - Intervenuto alla celebrazione dei 120 anni della Cgil, il sindaco "rottamatore" di Firenze ha sottolineato come la Repubblica italiana, fondata sul lavoro, rischia di venire "affondata dalla rendita o bloccata dal lavorio di chi crede di potersi permettere altri ritardi". L'affondo sul Pd, poi, è diretto quando afferma che "anche il tanto odiato New labour aveva quella parola, lavoro, al centro del suo programma". Il New labour, per inciso, era il partito laburista leggero e liberale messo a punto dall'ex premier britannico Tony Blair, mitizzato negli anni Novanta dal centrosinistra italiano quindi scaricato tra sberleffi e contumelie dai falchi bersaniani in stile Fassina. "Le imprese - ha proseguito Renzi - sono sull'orlo della fine, il tempo è scaduto. Ormai bisogna prendere atto che la clessidra è agli sgoccioli. Serve credibilità politico istituzionale, e risposte sui temi del lavoro, o rischiamo di perdere la strada per tornare a casa".

"Via il rimborso elettorale" - Non è solo Renzi a colpire duro Bersani. E' tutto il blocco dei renziani in Parlamento a "sabotare" i piani di un Partito democratico sempre più scompaginato. I 10 senatori vicini al rottamatore (Andrea Marcucci, Rosa Maria Di Giorgi, Stefano Collina, Nadia Ginetti, Roberto Cociancich, Laura Cantini, Mauro Del Barba, Isabella De Monte, Stefano Lepri e Mario Morgoni) hanno depositato oggi, mercoledì 3 aprile, una proposta di legge per abrogare il rimborso elettorale ai partiti. Proprio quel rimborso che Bersani e mezzo Pd difendono con le unghie e con i denti dagli assalti grillini perché vitale per la sopravvivenza economica del partito. "Il rimborso elettorale ai partiti va  interamente abrogato perché rappresenta una forma impropria di finanziamento pubblico alla politica - si legge nel documento -. Il meccanismo disciplinato dalla  legge attualmente in vigore, non fa alcun riferimento infatti alle spese sostenute dai partiti nelle competizioni elettorali ma eroga un   finanziamento sulla base dei voti ricevuti". "Bisogna ripartire dal referendum del 1993 che fu clamorosamente  aggirato - sostengono i parlamentari - e abolire una legge giustamente invisa all'opinione pubblica, per poi studiare meccanismi alternativi che prevedano il contributo diretto dei cittadini, anche attraverso il  credito di imposta". "In 40 anni di finanziamento dello Stato alla politica - concludono i renziani - è venuto infatti meno l'obiettivo nobile che lo ispirava, ovvero la capacità di eliminare corruzione e malversazione, così purtroppo non è stato. Ci auguriamo che il nostro disegno di legge trovi un ampio consenso trasversale in Parlamento". I grillini ci staranno. E Bersani?

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