Il Papa si riprende lo Ior in punta

di chirografo e lo mette sotto inchiesta

Con un chirografo spedito dalla suite numero 201 Santa Marta, Papa Francesco ha deciso di istituire una commissione d’indagine sulle attività dello Ior, l’istituto per le opere di religione fondato da Pio XII. Decisione giunta a sorpresa che segue di un paio di settimane la nomina del fidatissimo mons. Battista Ricca (che della Casa di Santa Marta è il direttore) a prelato della stessa banca vaticana. Una lettera scritta di proprio pugno e datata 24 giugno con cui Bergoglio, “sentito il parere di diversi cardinali e altri fratelli nell’Episcopato, nonché di altri collaboratori”, decide di creare ex novo un organismo che dovrà “raccogliere puntuali informazioni sulla posizione giuridica e sulle varie attività dell’Istituto al fine di consentire, qualora necessario, una migliore armonizzazione del medesimo con la missione universale della Sede Apostolica”. La commissione avrà pieni poteri e sarà chiamata fin da ora (e in tempi brevi) a “raccogliere documenti, dati e informazioni necessari allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali”. Importante, poi, il fatto che per l’organismo “il segreto d’ufficio e le altre restrizioni stabilite dall’ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l’accesso ai documenti”.

Vuole vederci chiaro, il Papa, nelle attività della banca che ha sede nel quattrocentesco torrione di Niccolò V, adiacente a quel Palazzo apostolico in cui Francesco non ha voluto abitare. A presiedere la commissione sarà il cardinale Raffaele Farina, salesiano ottantenne già prefetto della Biblioteca vaticana e dell’Archivio segreto. Al suo fianco, il protodiacono e presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, Jean-Louis Tauran, che rimane anche membro della commissione di vigilanza sullo Ior e che in tale veste più volte ha fatto sentire la sua voce contro la gestione dell’istituto presieduto dallo scorso febbraio dal tedesco Ernst von Freyberg. Il coordinatore del gruppo (con poteri di delegato nella raccolta dei dati) è il vescovo spagnolo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, già preside della Facoltà di diritto canonico alla Pontificia Università della Santa Croce e attualmente segretario del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, il dicastero guidato dal canonista Francesco Coccopalmerio. A completare il gruppo ci sono poi mons. Peter Bryan Wells e la professoressa Mary Ann Glendon, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede dal 2008 al 2009. Il Papa, nel chirografo, annuncia di voler essere costantemente informato sui lavori della commissione, e una volta che questi saranno ultimati, “gli esiti nonché l’archivio” dovranno essere consegnati “in modo tempestivo” sul suo tavolo. Al vescovo di Roma non sono bastate le interviste rilasciate alla stampa estera dal presidente dello Ior in cui si ricordava il lavoro svolto per rendere trasparente l’istituto e i progetti per il futuro.

E’ stato perentorio, Bergoglio, nel battere un rintocco che, come scrive il vaticanista Sandro Magister, “ha il rimbombo della campana da morto per la discussa banca vaticana”. Il metodo seguito dal Papa è stato lo stesso già applicato lo scorso aprile con la creazione del gruppo di lavoro incaricato di studiare la riforma della costituzione apostolica Pastor Bonus che regola l’attività della curia romana: nessuna scelta avventata, niente stravolgimenti repentini né destituzioni di prelati. Prima ci si siede attorno a un tavolo, si leggono le carte, si studia e ci si confronta. E solo dopo si agisce. Senza fretta. Ma quando poi c’è da prendere le decisioni, lo si fa senza preallertare nessuno, sorprendendo tutti e spesso anche i diretti interessati. E a decidere è solo uno, il Papa. Non a caso, nel chirografo reso noto nella tarda mattinata di ieri

con un comunicato esplicativo della Segreteria di stato a corredo, Francesco scrive di suo pugno che d’ora in poi vorrà essere informato personalmente circa i lavori della commissione. Ancora una volta, senza mediazioni. Un po’ come aveva fatto sabato scorso con gran parte dei nunzi apostolici giunti a Roma da tutto il mondo: chiacchierate informali a Santa Marta, faccia a faccia per farsi un’idea dettagliata sulla situazione della chiesa nelle periferie più lontane. Senza filtri della Segreteria di stato, senza sintesi dettagliate preparate dagli uffici. D’altronde, anche a Buenos Aires il gesuita Bergoglio era abituato a lavorare così, a fidarsi più del suo fiuto che dei rapporti redatti da commissioni e consigli. Francesco fa chiaro appello all’olfatto spirituale citato da Ignazio negli Esercizi spirituali, e come fa il Generale della Compagnia, decide in prima persona. La collegialità va bene, le riunioni sono necessarie per confrontarsi, per discutere e per delineare scenari su cui solo uno, poi, sarà chiamato a esprimersi.

© - F.Q.di Matteo Matzuzzi   –   @matteomatzuzzi, 27/6

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