Gay after e fiori d’arancio. Così gli omosex diventano

Neocon .Così Cerno omosex celibe. Se il matrimonio gay sia

l’inveramento  ineluttabile del principio d’eguaglianza inoculato nell’occidente dalla Francia illuminista e rivoluzionaria, e se il suo polo dialettico-antagonista sia una visione tradizionale, gerarchica e differenziata della natura e della civiltà. Il Foglio inquadra così la marcia nuziale omosex che avanza a colpi di leggi parlamentari (in larga parte dell’Europa) e sentenze costituzionali (da ultimi gli Stati Uniti). Ne parliamo con Tommaso Cerno, giornalista dell’Espresso, scrittore (“Inferno. La Commedia del Potere”, l’ultimo suo libro uscito per Rizzoli) e “omosessuale celibe”. Cerno accetta il gioco, assume lo schema fogliante ma lo ribalta così: “Mi chiedo che cosa ci sia di rivoluzionario e giacobino nell’immagine di una coppia gay che passeggia per il prato di una villetta residenziale portando a spasso il cane”. Oleografia borghese. Non è questo l’obiettivo del mondo gay? Nient’affatto, sostiene Cerno. “E’ vero semmai il contrario. Oggi ad accettare l’ingresso delle coppie omosessuali nel mondo matrimoniale sono proprio i conservatori, come sta accadendo in Inghilterra e come accade fra i cattolici della Corte suprema americana. Lo fanno per salvare e rivitalizzare un istituto in crisi economica e di significato. Per loro è come una scialuppa di salvataggio”.

E per i gay una trappola o quasi. Cerno non nega il sopraggiungere di una nuova e positiva sensibilità verso la gay culture, ma ricorda che “per trent’anni gli omosessuali si sono sempre caratterizzati come ‘i diversi’, e in nome di questa orgogliosa diversità hanno caratterizzato le loro battaglie per costringere la società a formulare un modello di relazione che andasse di là dal matrimonio classico borghese, che peraltro contiene in sé la parola ‘madre’ alla quale la cultura omosessuale è tendenzialmente estranea”. In Italia si è arrivati a un passo da questa formulazione, attraverso i Pacs. “Poi, fallito l’obiettivo, la comunità gay ha puntato alla posta più alta, alle nozze, ma così facendo ha barattato la ‘diversità’ per ‘l’eguaglianza’, fino a snaturare l’essenza stessa della sua battaglia in uno slittamento semantico che oggi dovrebbe essere oggetto di una profonda riflessione”. I reazionari ringraziano. “Mi chiedo se per i cattolici sia più pericoloso sancire l’accesso degli omosessuali all’interno del matrimonio tradizionale, salvandolo, oppure l’emergere di un modello radicalmente alternativo come era quello cui miravano gli omosessuali fino agli anni Ottanta, modello che un giorno potrebbe attrarre non soltanto i gay”.

Per Cerno il gay marriage non è l’approdo naturale di un impegno civile che nel corso della storia ha esibito tratti culturalmente eversivi o addirittura antisistemici. Anzi c’è da temere che questo impegno stia precipitando a gran velocità lungo il piano inclinato di una “deriva conformista”. Cerno vuole citare a titolo esemplificativo il sindaco di Berlino, Klaus Wowereit, già omosessuale militante. “La sua città è considerata il modello dell’eguaglianza realizzata, a cominciare da quella di genere. Ebbene questa ‘eguaglianza perfetta’, all’interno della quale omo ed etero devono essere indistinguibili, è stata possibile proprio per opera di uno storico militante per i diritti dei ‘diversi’. Così si è persa la filosofia di quell’impegno, il senso di quella lotta per la diversità”. Non basta. Nella sua analisi dello status quaestionis omosex, Cerno individua anche “alcuni esiti sconcertanti e del tutto opposti alle premesse della cultura gay. Uno dei quali è l’omofobia”. Omofobia gay? “Non esiste soltanto quella machista o quella fascista, bisogna avere il coraggio di dire che c’è anche un’omofobia latente fra i gay ed è figlia dello slittamento di cui stiamo parlando”.

Per Cerno oggi la cifra dell’omosessualità rischia di restare confinata in una dimensione puramente estetica. Bellezza e giovinezza, o niente. “Fintantoché sei giovane e bello rientri nelle ‘giuste’ categorie della comunità; ma poi, quando invecchi o se ti ammali? A quel punto non vieni più ammesso, a meno di essere ‘qualcuno’, uno scrittore, un attore famoso…”. Un allineamento esplicito rispetto ai canoni unisex prodotti dalla società dell’immagine contemporanea. “Negli anni Settanta non era così. Allora l’omosessuale non aveva età, non aveva modelli fuori dai suoi confini, gli bastava il proprio entusiasmo. Se continua così, la comunità gay otterrà l’eguaglianza, ma avrà lasciato dietro di sé morti e feriti”.

© - F.Q.di Alessandro Giuli   –   @a_g_giuli

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