Opinioni. Lotta fratricida e crisi democratica

PDL in confusione e PD diviso e in guerra con se stesso

Le sei del pomeriggio, un indaffaratissimo Niccolò Ghedini taglia corto: «Non lo so ancora, stiamo vedendo...dobbiamo decidere». Mancano poche ore alla scadenza del deposito della memoria difensiva, dei pareri pro veritate alla Presidenza della Giunta delle elezioni del Senato.

Ma c'è da scommettere che allo scadere dei tempi, oggi, i legali del senatore Silvio Berlusconi, eletto nel collegio del Molise, presenteranno le loro carte, annunciando battaglia sulla costituzionalità della legge Severino.

Allo studio Ghedini in queste ore stanno arrivando diversi pareri pro veritate chiesti a luminari del diritto, sulla costituzionalità delle legge Severino e sulla retroattività della stessa.

I professori Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini e Nicolò Zanon nel loro parere già acquisito dai legali di Berlusconi affrontano i dubbi di costituzionalità della legge Severino che ha esteso ai parlamentari le cause di incandidabilità, che erano previste solo per le elezioni locali e regionali.

«Proprio su questo aspetto (l'estensione ai parlamentari, ndr) si apre il dubbio di costituzionalità: infatti, mentre per tutte le elezioni, diverse da quelle per il Parlamento nazionale, l'articolo 51 della Costituzione consente al legislatore di identificare con una certa libertà le cause di limitazione all'elettorato passivo, per le elezioni al Parlamento nazionale vale, quale norma speciale, l'articolo 65 della Costituzione della Costituzione, il quale detta con un elenco tassativo i limiti all'elettorato passivo che il legislatore può introdurre: "la legge determina i casi di ineleggibilità e di incandidabilità con l'ufficio di deputato e senatore"».

Spiegano i giuristi che le cause d'incandidabilità configurano uno status di «inidoneità funzionale» all'assunzione di cariche elettive, le cause di ineleggibilità, servono invece a garantire «la libera ed eguale espressione del voto del corpo elettorale».

E, dunque, secondo la tesi del parere pro veritate, «se cause di ineleggibilità e incandidabilità non coincidono, è tutto da dimostrare che il legislatore possa trasferire le seconde alle elezioni per il Parlamento. Da qui il dubbio della costituzionalità della legislazione Severino con l'articolo 65 della Costituzione».

Il professore Giorgio Spangher nel suo parere esprime «forti perplessità» ravvisando «vizi di illegittimità costituzionale della previsione» delle cause di ineleggibilità. L'articolo 66 della Costituzione, ricorda Spangher, stabilisce che «spetta alla Camera di appartenenza giudicare sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».

C'è un altro tema affrontato nel parere Zanon, Caravita e De Vergottini, ed è quello della «incandidabilità sopravvenuta», ovvero della retroattività della legge.

Annotano i tre giuristi: «In tal caso non si ha solo a che fare con una limitazione drastica del diritto del singolo all'elettorato passivo e a ricoprire l'ufficio di parlamentare, ma anche con un istituto che consente a una sentenza di precostituire le condizioni affinché la composizione politica della Camera, quale risultante

dalle elezioni, sia alterata, potendo infatti dalla sentenza derivare la (eventuale) decadenza del parlamentare, che pur aveva vinto regolarmente il proprio seggio».

Il parere arriva alla conclusione che l'articolo tre della legge Severino «è norma intrinsecamente irragionevole, in contrasto oltre che con l'articolo 66, anche con l'articolo 3 della Costituzione».

Guido Ruotolo per "La Stampa"28/8

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