Effetto “Renzbollah”. Letta, Renzi e la storia

di un negoziato impossibile (ma con proposta di convivenza)

L’effetto “Renzbollah” – inteso come l’incontrollabile pulsione che periodicamente porta Matteo Renzi a diventare, agli occhi del presidente del Consiglio Enrico Letta, un pericoloso integralista pronto a far saltare da un momento all’altro i fragilissimi equilibri che sostengono le larghe intese – ieri pomeriggio è stato nuovamente avvertito a Palazzo Chigi. Pochi minuti prima delle sedici, quando il sindaco di Firenze, tre giorni dopo aver promesso di non voler riservare più nessun attacco all’amico Enrico, ha rimproverato al governo guidato dall’amico Enrico di essersi fatto superare anche dalla Spagna in termini di politiche riformiste serie e radicali. La Spagna, sì, “un paese che forse in condizioni peggiori delle nostre ha avviato quelle riforme serie e radicali che servirebbero eccome a una sinistra come la nostra, assetata di cambiamento”. L’episodio qui riportato è solo uno dei tanti, piccoli ma numerosi tasselli che compongono quello che – nel caso in cui Silvio Berlusconi dovesse davvero garantire il suo sostegno al governo – costituirà il grande romanzo di questa complicata fase della vita della grande coalizione: la sfida tra Matteo Renzi ed Enrico Letta. Da mesi ormai, Letta – convinto com’è che le minacce rivolte da Berlusconi al suo governo alla fine siano solo e soltanto il formidabile bluff di un vecchio e consumato pokerista di talento – ha capito che dovendo pensare ai fattori che nel futuro prossimo potrebbero creare maggiore instabilità al suo esecutivo è opportuno rivolgere il pensiero più a Matteo Renzi che a Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio, nonostante le rassicurazioni ricevute nelle ultime settimane a colpi di sms dal sindaco di Firenze, non crede alla versione offerta dal Rottamatore, “sono fedele al tuo governo”, e non crede fino in fondo a quella versione dei fatti che vede Renzi convinto che la caduta del governo potrebbe rappresentare un problema per lo stesso Renzi perché – è il ragionamento fatto dal sindaco – “se cade questo governo rischio davvero di fare la fine di Veltroni e rischio anche io alla lunga  di essere travolto dalla caduta del governo”.

A rafforzare lo scetticismo di Letta rispetto alla traiettoria che il Rottamatore potrebbe presto imboccare esistono anche altri elementi. Tutti portano Palazzo Chigi a non credere che il Pd a vocazione maggioritaria a cui lavora Renzi sia compatibile con la questione della tenuta di questo governo. Alcuni elementi sono risultati evidenti anche ieri, al termine della presentazione romana del libro “L’Italia dei Democratici” scritto da Giorgio Tonini ed Enrico Morando a cui Renzi ha partecipato insieme con l’ex segretario del Pd Walter Veltroni, quando gran parte dei renziani presenti in sala, conversando con il cronista, faticavano a negare che la strada che il sindaco potrebbe imboccare una volta arrivato alla segreteria del Pd potrebbe essere simile a quella che nel 2008 portò alla caduta del governo Prodi. “Il punto – sintetizzava ieri sera con il Foglio un lettiano di peso – è che Matteo deve decidere se diventare l’azionista di riferimento di questo governo, e provare a imporre l’agenda alle larghe intese, oppure diventare l’azionista di riferimento del fronte ostile alle larghe intese, rischiando però di farsi dettare l’agenda da Beppe Grillo. Tutto è possibile, e non è escluso che alla fine si riesca ad arrivare a una convivenza pacifica. Ma l’impressione oggi, a giudicare dall’irruenza di Matteo, è che quello tra Renzi e Letta, purtroppo, sia un negoziato impossibile”.

Già, ma come stanno davvero le cose? E quali sono i termini del negoziato (forse impossibile) tra Renzi e Letta? Il sindaco e il premier, fondamentalmente, non si fidano l’uno dell’altro – e come si è visto non mancano occasione per mostrare la loro difficile compatibilità. Eppure, all’interno di questo contesto, esiste una piano per una possibile coesistenza che alcuni ambasciatori del Rottamatore hanno recentemente portato a Letta. La proposta la spiega così al Foglio un renziano che tiene i rapporti tra Palazzo Vecchio e Palazzo Chigi. “L’unico patto possibile tra Renzi e Letta è quello di trovare un accordo per non far durare questo governo un minuto in più dei 18 mesi promessi da Enrico nel discorso di insediamento. Entro quel termine Matteo è disposto ad aspettare, e lo stesso Enrico tempo fa aveva lasciato intendere di essere disposto dal 2015 ad andare in Europa. Il patto dunque ci sarebbe ma il problema è che Matteo non si fida, è convinto che questo governo potrebbe avere un orizzonte più lungo, e per questo, se riuscirà a diventare segretario, non sarà certo lui a fare i salti mortali per far respirare questo governo con le bombole d’ossigeno”. Niente bombole d’ossigeno, dunque. A meno che, poi, come si augurano molti lettiani, a un certo punto all’interno del negoziato non faccia il suo ingresso una persona a cui difficilmente Renzi potrebbe dire di no: Giorgio Napolitano, naturalmente.

di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa

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