Baby stress. La nostalgia dello scivolo sul volto

pallido dei nostri bambini programmati come tigrotti cinesi

Il bambino esce dalla scuola elementare alle sedici e trenta, dopo il corso di teatro. La baby sitter automunita, che ha ricevuto precise disposizioni per parlargli solo in inglese, lo preleva e lo porta a nuoto, gli asciuga i capelli e, sempre in inglese, lo riporta a casa in tempo per la cena con la sorella, che è appena tornata dal corso di scherma, accompagnata dalla colf ucraina, e quindi ha bisogno di fare un po’ di conversazione con la baby sitter madrelingua: è meglio fissare un giorno preciso per l’inglese, non trova signora? Vediamo, quando è libera la bambina? Il lunedì no, ha ginnastica artistica, il martedì scherma, ci tiene tanto (nel frattempo la bambina, approfittando della pausa pianificatrice, è riuscita ad accendere un televisore e a tuffarcisi dentro, rotolandosi sul letto e tirando calci al fratello, ricambiata con gioia selvaggia), il mercoledì sarebbe libera ma volevo farle cominciare le lezioni di pianoforte, il giovedì! sì, il giovedì è perfetto, così mentre il fratello va a mini basket con la nonna, lei può fare i compiti di matematica in inglese, fantastico, sei contenta amore? La bambina non risponde perché il fratello la sta strangolando, ma il New York Times ha lanciato l’allarme di ottobre: i bambini overscheduled, iper programmati, continuamente sotto pressione, oberati di lavoro, istruiti a recitare il calendario dei propri impegni extrascolastici alle altre madri, sventolando quell’unico pomeriggio libero, quando c’è, come un Eldorado in cui gradirebbero essere invitati a casa d’altri, per potere finalmente fare wrestling sul pavimento.

L’iper calendarizzazione comporta anche, per gli amici e i genitori degli amici, l’obbligo di imparare a memoria o scriversi su un foglio in formato excel gli orari di tutti gli impegni pomeridiani dei compagni, in modo da non ricevere, dopo un invito a giocare insieme, l’indignata risposta: ma oggi Giacomino ha lezione di sassofono! (sottotitolo: come ti viene in mente, madre inadeguata, che il mio piccolo genio, futura classe dirigente non di questo ma di altri ben più importanti paesi, il mercoledì pomeriggio possa essere un fannullone qualunque che gioca in cortile? e anche: siamo seri, i cortili non esistono). Si tratta, sempre di più, di gare fra genitori, gare a chi costruisce il futuro migliore, chi offre maggiori stimoli, chi fa più sacrifici per portarli nella piscina con i migliori istruttori a trentacinque chilometri da casa. Gare a chi è più ansioso, soprattutto, ma con l’incrollabile convinzione che i piccoli budda un giorno ringrazieranno, perché non verranno sopraffatti. Un tempo infatti, scrive il Nyt, si diceva: finisci quello che hai nel piatto, pensa ai bambini cinesi che muoiono di fame, adesso si dice: va’ a esercitarti con il tuo strumento, pensa ai bambini cinesi che sanno già suonare il violino (e i bambini descritti dal Nyt non hanno nemmeno il problema di dovere parlare perfettamente inglese, essendo la lingua in dotazione, quindi hanno più spazio durante la giornata per imparare la capoeira).

Il tempo trascorso senza fare niente, i pomeriggi passati a saltellare in giro per casa o a testa in giù dallo scivolo sono visti come uno spaventoso spreco, ore vuote in cui potrebbero germogliare pensieri sbagliati, attitudini dannose e naturalmente recriminazioni future (se tu, mamma, mi avessi portato ogni settimana al corso di sci nautico, adesso non sarei disoccupato). E così ci si commuove, orgogliosi di tanta preparazione, quando Edoardo, sei anni, risponde al papà che gli chiede come mai quella faccina pallida: niente babbo, è lo stress.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Annalena Benini   –   @annalenabenini, 20 ottobre 2013 - ore 15:30

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