Forti col vinto. La fretta di Grasso & Co

sulla decadenza del Cav. infiamma i crisaioli

A chi giova la forzatura antiberlusconiana improvvisata ieri nella giunta del Senato chiamata a formalizzare l’iter sulla decadenza del Cav. dal suo ruolo a Palazzo Madama? Breve riassunto d’una giornata di eccessi: la conferenza dei capigruppo stila un calendario in base al quale l’Aula del Senato non sarà interessata dal caso Berlusconi fino all’ultima settimana di novembre. I grillini fanno i capricci, mentre i due fronti tornano a battagliare. Il Pdl non vuole saperne di accelerare i lavori (le motivazioni della sentenza di condanna della Corte d’appello di Milano confortano i berlusconiani nella disputa contro la legge Severino); il Pd mantiene la sua inerzia giustizialista: vuole un voto palese dell’Assemblea sul Cav., si fa incalzare da Renzi e patisce le rampogne a cinque stelle.

La giunta è in stallo numerico fintantoché la basculante Linda Lanzillotta (Sc) non sembra lanciare segnali ufficiosi al blocco dei mozzorecchi. A quel punto si ridesta il presidente del Senato, Pietro Grasso, e con uno dei suoi testacoda politici decide di stabilire lavori a oltranza, foss’anche tutta la notte, pur di raccattare una maggioranza che consegni Berlusconi al plotone d’esecuzione a cielo aperto: voto palese prima possibile e calendario da ricombinare all’uopo. Risultato: si salda una convergenza Pd-M5s-montiani (forse sì forse no) che a colpi di maglio restituisce il caso Berlusconi alla sua verità – una battaglia politico-simbolica asperrima – e che produce un’ulteriore ferita sul feticcio della stabilità issato dal presidente Napolitano al crocevia delle larghe intese. Vittime su vittime.

Il Foglio, 29 ottobre 2013 - ore 21:30

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