Letta esulta, ma quante illogicità nel bilancio
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Ue sull’immigrazione
Parigi. E se i finanziamenti aggiuntivi a Frontex, l’agenzia che si occupa del controllo delle frontiere dell’Unione europea, non fossero il toccasana per gestire la questione dell’immigrazione clandestina, come sostenuto invece da molti in queste ultime settimane? Il dubbio è legittimo, e viene leggendo lo stesso bilancio dell’agenzia. Quest’ultima è stata creata nel 2004 e oggi è sotto osservazione dopo la tragedia d’inizio mese a Lampedusa, spesso citata dai leader europei come il mezzo più efficace per gestire il dossier a livello europeo. Per questo gli stati membri, dalla Francia all’Italia alla Spagna, chiedono – all’unanimità – più fondi. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, e la commissaria per gli Affari interni, Cecilia Malmström, durante la visita a Lampedusa hanno promesso maggiore impegno e anche qualche “picciolo”. Tuttavia l’equazione “più soldi uguale maggiore efficienza”, spesso, è foriera d’inganni e, in tal senso, i bilanci 2012-2013 di Frontex sembrano fornire una qualche indicazione.
Il bilancio per il 2013 (datato dicembre 2012) prevede, alla voce “Staff”, una spesa totale di 21 milioni e 641.000 euro rispetto ai 20.500.500 previsti per l’esercizio 2012. A questi vanno aggiunti 9.758.000 euro per le altre spese di ordinaria amministrazione. Insomma, pur in tempo di austerity, cresce la spesa corrente, la stessa che il rigore teutonico chiede di tagliare all’indisciplinato sud Europa. Parte di tale spesa corrente serve a stipendiare il personale dell’agenzia che nell’anno 2013 di nostra vita conta 153 dipendenti tra dirigenti e amministrativi, a cui vanno aggiunti 84 agenti a contratto e 78 esperti nazionali. Vale la pena notare che i dirigenti dell’agenzia dal 2011 al 2013 sono aumentati di circa il 10 per cento, da 86 a 97. L’ennesimo tassello che si aggiunge alla burocratizzazione del sistema decisionale europeo, pericolo contro cui si scagliava decenni fa già Robert Schuman, padre fondatore della Ceca.
La seconda parte del bilancio, invece, è dedicata alle attività operative, cioè le missioni poste in essere dall’agenzia al fine di controllare le frontiere come per esempio l’operazione “Hermes” istituita nel 2011 per aiutare Italia e Malta, missione che, dopo il recente rifinanziamento, dovrebbe terminare il prossimo novembre. Si scopre che la parte di bilancio che intuitivamente dovrebbe costituire il cuore dell’attività di Frontex è quella su cui invece si decide di risparmiare. Il bilancio 2013 prevede una spesa totale di 54 milioni 380.000 euro rispetto ai quasi 59 milioni stanziati nel 2012. Le operazioni per il controllo delle frontiere marittime sono quelle che maggiormente hanno subìto la scure dei tagli, con una riduzione di spesa, tra il 2012 e il 2013, di ben 8 milioni e 700 mila euro. Una contrazione solo in parte riequilibrata da un maggiore finanziamento verso il sistema Eurosur. Tutto ciò avveniva mentre fioccavano le dichiarazioni d’intenti sulla polveriera mediterranea, il nord Africa presentava ancora segni di instabilità, la crisi siriana toccava il suo apice e le pressioni dall’Africa sub-sahariana continuavano a essere consistenti. In definitiva, sostenere un aumento dei bilanci di Frontex non è soluzione di per sé sufficiente se prima non si ha chiaro dove indirizzare le risorse e se, come ha dimostrato il Consiglio europeo del 24-25 ottobre scorso, non si riesce a intravedere una reale volontà politica per dare una soluzione regionale a tale tematica. Per questo la soddisfazione espressa dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, in occasione di un discorso tenuto alla Sorbona sabato scorso a Parigi, suona un po’ eccessiva. In materia d’immigrazione, di concreto c’è ben poco se non un laconico rinvio a giugno 2014, quando il Consiglio Ue sarà dedicato all’argomento.
FQ. di Antonello Cadinu, 31 ottobre 2013 - ore 11:10