La pentola a pressione di Matteo. Missili

contro il governo, ovvero la direzione inevitabile del Pd renziano

Il paradosso di Matteo Renzi è tutto nella legge della pentola a pressione. La legge dice che anche la più prelibata delle pietanze, se si ritrova per troppo tempo dentro una pentola a cottura accelerata, corre il rischio di arrivare a tavola non con l’aspetto della vivanda delicatamente tostata ma con l’aspetto della portata così abbrustolita da offrire l’impressione di essere bruciata. Ovviamente, la traduzione politica della metafora è il rapporto complicato che esiste tra il sindaco di Firenze e il presidente del Consiglio, il loro gioco di fioretto, le loro divergenze parallele, il loro modo di interpretare con stili diversi il ruolo dei protagonisti di una battaglia simile a quella descritta domenica sulle pagine culturali del New York Times, quella che vede impegnati in tutto il mondo da un lato i politici-tecnici e dall’altro i populisti democratici. E in questo senso si può dire che la pentola che scoppietta sopra la testa del rottamatore ha esattamente il profilo delle larghe intese di Letta.

Eccolo il problema: come può il principe dell’Adesso permettere al principe delle “lunghe attese” di trasformare l’Adesso in un montezemoliano dopodomani? Naturalmente non può, e infatti, giorno dopo giorno, Renzi sta lasciando sul terreno alcuni sassolini utili a identificare l’inconfessabile direzione della sua rottamazione. “Basta tecnocrazia”. “Basta grandi coalizioni”. “Con me mai più larghe intese”. Già, ma quando? Adesso o nel 2060? Nel Pd gli antagonisti del sindaco hanno l’impressione che l’oggetto vero della rottamazione di Renzi corrisponda al nome del neo-tecnocrate Letta e per questo in molti sospettano che per il Rottamatore sarà difficile sfuggire alla tentazione di togliere il tappo dalla pentola del Pd. Renzi, si dice, oggi non affonda perché si augura che la bordata al governo possa arrivare da agenti esterni, come la decadenza del Cav., ma i sassolini lasciati sul terreno sono quelli, difficile che tradiscano. “Non sono allergico al renzismo – dice Enzo Amendola, deputato del Pd di rito dalemiano – ma osservandolo a Servizio Pubblico mi ha colpito il modo in cui Matteo ha utilizzato il pronome ‘loro’ quando ha parlato del governo. Renzi non mi sembra che si senta all’interno di un ‘noi’, quando parla di Letta, e questa cosa temo avrà delle conseguenze”.

Gad Lerner, editorialista di Repubblica, malizioso osservatore delle dinamiche democratiche, sul suo blog ieri ha esplicitato quest’impressione (“l’aspetto migliore della candidatura Renzi è che punta alla caduta del governo Letta, ma ora dovrebbe dichiararlo apertamente”) e pur non potendolo confermare in modo diretto alla fine sono gli stessi renziani che lasciano capire come l’arrivo di Renzi alla guida del Pd metterà in azione un timer che farà cominciare per il governo il conto alla rovescia. “Matteo – dice Michele Emiliano, sindaco di Bari, in prima fila tra i renziani della seconda ora – se sarà eletto non lancerà bombe a Palazzo Chigi ma non lo vedrete neppure impegnato a offrire a Letta bombole d’ossigeno. Se il governo comincerà a giocare all’attacco sarà un bene per tutti. In caso contrario è chiaro che un collasso potrebbe essere inevitabile per ragioni oggettive”.

Tra i renziani, in realtà, c’è chi fa notare che è lo stesso Renzi a non credere alla possibilità di andare a votare il prossimo anno, “sennò che senso avrebbe la sua ricandidatura a Firenze”, ma non ci vuole molto a capire che i no alle larghe intese e all’ideologia della grande coalizione possano trasformarsi in missili puntati contro il governo. Andrà così con la legge di stabilità, dove i lettiani sono convinti che Renzi a ridosso dell’8 dicembre farà fuochi d’artificio, ma sarà così anche su altre questioni. Sentite Paolo Gentiloni, deputato Pd, consigliere di Renzi, che si lancia su un altro fronte. “A tutte quelle persone del Pd convinte che una scissione del Pdl stabilizzerebbe il governo mi sento di dire una cosa diversa. Scusate, ma non capite che per il Pd sarebbe proibitivo sostenere un governo del genere? Non capite che sarebbe impossibile per il Pd governare con Grillo e Berlusconi all’opposizione? Non credo che questo governo sia in pericolo. Però credo che la stabilità non sia il bene supremo. Si va avanti se ne vale la pena, e si fanno le cose. Se non si fanno? Ovviamente si agirà di conseguenza”. Come dire: più chiaro di così…

FQ. di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa, 9 novembre 2013 - ore 10:30

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