Scoppio atteso della bolla Electrolux

Cronaca di silenzi e fiducie colpevoli e  la Chiesa riappare

E’ da prima delle elezioni politiche ultime che poniamo ai politici, sindacati e a chi voleva sentire, il problema della Electrolux e dei mormorii fra la gente che lo stabilimento sarebbe stato chiuso. Abbiamo raccolto tanto silenzio. Noi abbiamo letto questa  defragante finale  dal fatto che ogni accordo firmato seguiva alla dipartita per altri lidi di qualche  catena di produzione. La stampa locale complice, dello accordo raggiunto veniva esaltata  la parte politica ideologica: la solidarietà. E così andavano bene le 6 ore al posto delle 8. Poi c’era, come più sotto si può rileggere, il politico orbo nell’occasione, che vedeva  la conferma della volontà aziendale di rimanere in questo territorio. Permane all’interno dello stabilimento un linguaggio e uno spirito di scontro antiliberista e anticapitalista che ricorda tempi passati e gloriose lotte per i diritti primari.

Con Papa Francesco che rimette ordine alla “produzione della finanza vaticana” e punta alla riconquista di fedeli , la Chiesa trevigiana, fino a qui in silenzio,  si rimette in prima linea e giustamente a fianco dei lavoratori ma non per indicare una strada di pace e componimento fra le parti della vertenza con spirito liberista, ma per  affiancare  una proposta socializzante e, alla fine, statalista: le aziende schiave del territorio e in azienda niente premio del “merito” ma tutti uguali.  Come se questo territorio non fosse cresciuto anche grazie al coraggio di chi ha investito i propri denari, e a volte persi senza ricevere attestati ma indicati disprezzandoli, come “falliti”. Ci pare che si è tolto la vita in questi ultimi due anni sia chi ha tentato di creare ricchezza per se e per gli altri: l’imprenditore vituperato. Dovrebbe riflettere la Chiesa sugli scontri  ideologici degli anni passati, del prete operaio e della stagione del cattocomunismo. Oggi la gente fuori  dai confini Electrolux non è più partecipe come allora, se ne frega perché pensa a sé stessa e gli strumenti tipo volantinaggio non hanno più l’effetto di un tempo. Ha ragione Vardenega e come abbiamo più volte scritto in questa vertenza perché abbia un risvolto positivo bisogna che le parti mettano sul tavolo tutto e raggiungere un accordo nuovo che valga nel breve e tracci miglioramenti economici per il medio e lungo termine.

E’ stato perso un anno e come sempre si corre ai ripari a stalle vuote e mai spartendo le colpe.

Osservatorio Opact, 9.11.2013

Ripubblichiamo articoli sulla questione

  1. 1)Gioco di difesa alla Electrolux     

Rocco, allenatore di calcio, diceva che in una partita il primo obiettivo era non prendere goal . Da qui il catenaccio in difesa definito poi nel calcio “gioco  all’italiana”.

 Il recente accordo fra Electrolux e Sindacati mi sembra ricalchi quello schema: evitare i licenziamenti , che non è poco, e poi vedremo cosa succede. La spada di Damocle che consiste nella possibilità di chiusura dello stabilimento di Susegana dopo il 2015, mi sembra non sia stata tolta. Zaia e Sacconi hanno applaudito, ma impegni politici non ci sono, e tra la gente si è irrobustita la convinzione che lo stabilimento di Susegana chiuderà nel 2016 o si passerà alle 4 ore dalle 6 attuali, per poi finire a 0 ore di lavoro. La fine di un mondo.

E’ anche la mia preoccupazione dovuta a: 1) da diversi anni il numero dei dipendenti diminuisce pur con dimissioni guidate e remunerate; 2) le linee di produzione sono trasferite in altri paesi dove il costo orario è minore  e la resa di lavoro è maggiore; 3) la produttività (vedi il recente studio dell’Istituto statistica Destatis), la resa del lavoro, è un tabù a Susegana e di questo, salvo mio errore, non se ne è parlato nell’accordo perché altrimenti si confligge. Meglio parlare di solidarietà che fa contenti gli uni e gli altri.

Il nodo stà qui, nella resa del lavoro, nel fare goal sudando un po’ di più. Appena si parla di maggior carico di lavoro, la Fiom s’impenna per motivi ideologici ma credo che ci troveremo nel 2015, posto che non sia già tardi, a nuove riduzioni di personale “concordate”, alla oramai favola di inserimento di prodotti di “alta qualità” e a scioperi per la  chiusura dello stabilimento. Alla Electrolux, azienda mondiale, la impostazione solidaristica attuale va bene e non ferma i suoi progetti aziendali, giustamente.  Il discorso ci porta a “marchionne” ma non vogliamo seminare zizzania e non è nostra materia. 

Silvio De Silva, Tribuna, 4-5 Aprile 2013

  1.  2)Electrolux 2013 e il 2016?            

Riceviamo e pubblichiamo. Sono 20 anni che l’azienda colloquia e si accorda con I sindacati. Bene. Ma è anche da 20 anni che i dipendenti diminuiscono e che vengono portate all’estero alcune produzioni  nate nella fabbrica di Susegana. Possiamo dire che i Sindacati giocano in difesa e badano al pareggio? Dopo i 2 anni a 6 ore cosa succederà? 

Parlo da cittadino e credo che la comunità dovrebbe interessarsi del problema ante e non chiamata a sostegno in piazza quando ci sono i problemi e alle manifestazioni  per strada o in piazza Cima.

Il problema è che, vado a intuito, non c’è produttività in fabbrica sufficiente a dare garanzie alla azienda, garanzie  che da qualche tempo trova all’estero.

Ma appena si parla di carichi maggiori di lavoro per raggiungere maggior produttività  c’è un levar di scudi, Fiom in testa. Figurarsi se si dovesse porre il problema di un diverso contratto di lavoro alla marchionne!!! Cosa che l’azienda non fa ma intanto diminuisce i dipendenti raggiungendo un suo obiettivo lasciando ai sindacati la soddisfazione di far valere il principio “solidaristico”e quasi “consociativo” ( dice Castro nel suo libro “..ricerca tenace di suturare i conflitti invece che risolverli…”)  che significa alla fine, far star male tutti e non assicurare il futuro di nessuno. Mantenere un potere alla RSU, come si comprende dalle cronache assecondanti  di questi giorni di Dal Mas sulla Tribuna, politico di altri tempi.

Scrivo questo con tristezza sperando che la Germania imponga all’Italia quelle riforme del contratto di lavoro italiano che essa già addotta e per il quale il lavoro è meglio remunerato che da noi.

Non so come Sacconi e Zaia facciano a dire che con la soluzione concordata delle 6 ore si “ consolida la presenza a Susegana e evita apprensioni per il futuro”. Nel breve periodo si ma per trasferire certezza nel futuro occorrono decisioni diverse e creazione di nuovi posti di lavoro.

Forse occorre un nuovo modo di vedere  “la fabbrica”. Tribuna

8.9.2013

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