Faccia scendere Letta e lasci giocare Renzi,

 tanto tornerà sconfitto

Caro presidente Napolitano, lei non lo sa (i lettori che mi seguono sì) ma io vengo da una famiglia antifascista, anticomunista, antiazionista (ci fidavamo solo di Luigi Einaudi), lei non è mai stato dei nostri (eravamo e siamo quattro gatti). Dopo la sua elezione, mi bastarono pochi suoi atti e atteggiamenti per farmi cancellare tutto il passato e, a sua insaputa, la inserii fra le tante persone verso le quali provo stima e rispetto (persone comuni perbene, pochissime quelle appartenenti alle élite). Da qualche tempo, le confesso che verso di lei provo anche affetto, ultimamente persino rabbia per come la trattano quelli delle losche élite nostrane. Ho nove anni meno di lei, quindi non mi permetto certo di darle suggerimenti, le voglio però dire, per quel che vale, cosa farei se fossi al suo posto. Una gioiosa simulazione.

Primo, rimarrei sul Colle fino alla scadenza del settennato, ridendomela dei curnaias che volteggiano famelici (versione piemontese di corvo, però più cattiva di quella comune).

Secondo, lascerei giocare Renzi, Berlusconi, Grillo con la legge elettorale, hanno i numeri per farlo, sono simili, paiono tre venditori di fumo, se si accordano fra loro significa che sarà una legge “truffa” che permetterà a uno di andare al potere agli altri due di sopravvivere. Mi pare che così vogliano le élite dominanti, e così sia.

Terzo, inviterei Letta a dimettersi, subito, per lasciare il posto a Renzi. Se dobbiamo prendere una purga meglio farlo in fretta, sperando che sia mannite, non olio di ricino. Lo so che lei si è affezionato a Letta (anch’io), lo so che è uno perbene, che è molto apprezzato nel mondo, che è il più preparato (non come quelli che hanno imparato dai loro spin doctors le rispostine formalmente giuste a qualche centinaia di domandine stile Mixer, e le sparano a mitraglia. Costoro non sanno però rispondere in dettaglio all’unica domanda che connota un leader serio: “Non confonda obiettivi con risultati, mi dica come, con quali quattrini, con quali uomini, in quali tempi è capace di trasformarli in risultati, le chiacchiere non mi interessano”. L’affloscio è garantito.

Quarto, rimarrei tranquillo e sereno sul Colle a osservare, con la simpatia che gli è dovuta, soprattutto per l’età, cosa è capace di combinare Renzi quando finalmente tacerà e si metterà a lavorare. In primavera andrà alle elezioni, vincerà le politiche, sarà in affanno alle europee, come premier si concentrerà sull’aspetto più facile, i “diritti”, si travestirà da cerbiatto come Zapatero e via via in un crescendo, fino ai diritti degli animali. Il suo primo periodo sarà meraviglioso, il suo Scilla-Cariddi (Ichino-Landini) lo supererà con scaltrezza, gli italiani si rilasseranno convinti che sia arrivato il Blair de noantri. Poi un mattino si sveglieranno con l’amaro in bocca, e ricorderanno quello che noi vecchi saggi diciamo loro da vent’anni: “Non ci sarebbe stato Blair, senza Thatcher, così come non ci sarebbe stato Clinton, senza Reagan (per “distribuire” ci vogliono prima quelli che fanno il “lavoro sporco”).

Sono certo che Renzi si accorgerà presto della validità del detto di Machiavelli, “la prima idea che ti fai di un Principe, del suo cervello, è vedere li uomini che ha d’intorno”. In proposito, un amico, raffinato storico, mi fa notare che “alcuni marescialli di Napoleone erano dei veri dementi”. Concordo, sappiamo i loro nomi e cognomi, erano caporali travestiti da marescialli, ma lui era Napoleone. Dopo un paio d’anni al potere, Renzi mogio mogio comincerà a salire sempre più spesso al Colle per cercare conforto, si aggrapperà al potere che gli starà sfuggendo, in quel preciso istante sarà diventato un uomo, non solo, sarà diventato anche un leader, ma sarà troppo tardi. E allora avanti un altro, direbbe Bonolis. E io sempre lì sul Colle, a guardare i volteggi dei curnaias. Come sarebbe bello invecchiare così.

Il bene degli italiani? Mi creda, presidente, non dipende da costoro, dipende da noi cittadini comuni, dobbiamo smazzarcela da soli, ma vedrà che ce la faremo, i percorsi saranno più tortuosi del passato, ma li troveremo. Anche questa volta.

Presidente Napolitano, buon Natale e mi creda affettuosamente suo.

FQ: di Riccardo Ruggeri, 19 dicembre 2013 - ore 13:30

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