GLI EX DS, ORMAI IN NAFTALINA, HANNO CAPITO

CHE PER SOPRAVVIVERE DEVONO USCIRE DAL PD –

MA LA SCISSIONE È POSSIBILE SOLO CON UNA LEGGE ELETTORALE “SU MISURA”

L’idea dei vecchi dirigenti è mollare Matteuccio e cercare consensi con il doppio turno di coalizione, che piace anche ad Alfano - Gli ex Ds pensano di avere abbastanza truppe e consensi per potere pesare nel primo turno e svoltare nel secondo, imponendo le proprie candidature alla coalizione di sinistra guidata da Renzi…

Fosca Bincher per "Libero quotidiano", 17 GEN 2014 15:31

L'unica ad essersi mossa già in queste settimane è l'ex ministro della Sanità, Livia Turco. Sta cercando di mettere in piedi comitati per fare pressione sul nuovo gruppo dirigente del Pd proponendo la candidatura di Massimo D'Alema alle prossime elezioni europee. Un'ipotesi che naturalmente non farebbe fare salti di gioia a Matteo Renzi, che se non riesce a fare cadere prima il governo di Enrico Letta, avrà proprio sul rinnovo del Parlamento di Strasburgo la sua prima prova del fuoco elettorale.

Lo sa bene anche chi agita le acque in questi giorni: le possibilità che D'Alema venga candidato dal suo partito, sono pressoché uguali a zero. Ma quell'iniziativa non ha il semplice valore di testimonianza di una classe dirigente prima colpita controvoglia da Pierluigi Bersani e poi annientata dal ciclone Renzi. È un campanello di allarme, che non dovrebbe essere sottovalutato dal nuovo Pd salvato dai ragazzini che il sindaco di Firenze ha disegnato.

Perché al di là delle dichiarazioni pubbliche di questi mesi, la vecchia classe dirigente presa a ceffoni spesso senza particolare grazia, prima ha incassato e poi iniziato a serrare le fila. Alle primarie è andata male, e peggio di quel che si pensava anche fra gli iscritti. Ma il gruppo dirigente che ha piantato le sue radici nella storia del partito comunista e nelle sue varie trasformazioni post- comuniste, tutto ha intenzione di fare meno che immaginare una immediata pensione.

. Hanno subìto Renzi e non sono lì a spellarsi le mani per ogni cosa che dice. Anche dirigenti meno abituati alla battaglia politica in prima fila come l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, usava ieri con un amico alla Camera giudizi eleganti (è un gentiluomo piemontese), ma caustici sul nuovo corso, scuotendo la testa di fronte alla «confusione organizzata» del nuovo leader del Pd. Siccome gli ex comunisti sono gente accorta, non si fanno pizzicare con la parola che in gran segreto circola di bocca in bocca come un tempo accadeva fra i carbonari: «scissione».

La fanno uscire dai retroscena di stretti collaboratori che possono essere smentiti in qualsiasi momento. Sostengono che in fondo il Pd è ai suoi ultimi giorni: «Adesso se passa l'emendamento che taglia il finanziamento pubblico ai partiti dal 2014, tempo tre mesi e Renzi deve chiudere baracca e burattini», sottolineava ieri in una piazzetta adiacente alla Camera un parlamentare di vecchio corso.

Se quella parola a cui tutti pensano - «scissione » - è oggi ancora impronunciabile, è per un solo motivo. Una scissione vale se dopo puoi contare e tornare a una nuova vita politica. Perché questo accada serve una nuova legge elettorale. E proprio le decisioni di queste ore sui vari modelli possono riportare in vita gli ex comunisti o relegarli per sempre nelle polverose cantine della politica italiana.

Quella che serve a loro è una legge a doppio turno di coalizione. Sono convinti di avere abbastanza truppe e vecchi consensi popolari per potere pesare abbastanza nel primo turno e svoltare nel secondo, imponendo le proprie candidature alla coalizione di sinistra guidata da Renzi.

E siccome questo è lo stesso schema che darebbe rilievo sul fronte opposto al Nuovo centro destra, si sono infittiti nelle ultime ore incontri e colloqui fra le vecchie truppe di D'Alema e i dirigenti del partito guidato da Angelino Alfano. Entrambi pronti a mettere in atto qualsiasi soluzione che eviti un patto di ferro fra Renzi e Silvio Berlusconi.

Perfino uno di solito prudente e mai ciarliero come Ugo Sposetti (l'uomo che ha messo in salvo nelle fondazioni locali il vecchio patrimonio immobiliare e culturale dei Ds), si è lasciato andare con Panorama (lo virgoletta la rubrica settimanale firmata con lo pseudonimo di Kayser Sose): «Matteo deve stare attento. Se si mette d'accordo con Berlusconi rischia di ripetere gli errori di Walter Veltroni, che si accordò sulla legge elettorale con il Cavaliere, e poi perse le elezioni e il partito. Anche perché il Pd è spietato, carnivoro. Non è un partito padronale come Forza Italia: non perdona nessuno».

O la padella, o la brace. Se Renzi va con Berlusconi avrà un partito che mugugnerà e comincerà a pensare il momento giusto per fargliela pagare. Se però non ci va, la brace della scissione sarà calda al punto giusto...

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